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La Grecia nega il diritto d’asilo: in migliaia costretti all’illegalità e alla detenzione

Stop alle procedure d’asilo e Ong bannate ovunque, l’associazione per migranti Steki Metanaston a Fanpage.it: ”Non c’è neanche un’organizzazione in Grecia, nessuno di noi può più accedere dentro al campo informale di Chania e da un mese nessuno fa più le procedure per riconoscere le persone vulnerabili”.
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Guardia Costiera Ellenica, in porto a Chania. Foto di Lidia Ginestra Giuffrida
Guardia Costiera Ellenica, in porto a Chania. Foto di Lidia Ginestra Giuffrida
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È un buco nero quello a cui sono costrette migliaia di persone arrivate in Grecia nelle ultime settimane. Sono egiziani, siriani, pakistani, bengalesi e ultimamente soprattutto sudanesi; partono dalla Cirenaica verso Creta ma il più delle volte inciampano su Gavdos, l'isolotto più a sud d'Europa, in pieno mar libico tra Creta e Tobruk.

Secondo i dati diffusi dalla Guardia costiera greca, nella prima metà del 2025 sono stati contati circa 20mila arrivi complessivi nel Paese, di cui 7.336 hanno interessato Creta e la piccola isola di Gavdos. Solo nei primi sette giorni di luglio si sono registrati quasi 2mila sbarchi, un incremento del 350% rispetto allo stesso periodo del 2024. Pur restando lontane dalle cifre della crisi migratoria del 2015, queste presenze hanno spinto il governo di Atene a dichiarare lo stato di emergenza e a bloccare per tre mesi la possibilità di presentare richieste di asilo.

Il che nella pratica si sintetizza in una vera e propria spirale di illegalità creata ad hoc dallo Stato: nessuna delle persone che sono sbarcate in Grecia dall'entrata in vigore dello stato di emergenza, lo scorso luglio, ad oggi ha potuto fare richiesta d'asilo. Di fatto queste persone non esistono né per la Grecia né per l'Europa.

Nessuna registrazione, nessuna procedura per il riconoscimento delle vulnerabilità, nessuna richiesta d’asilo, solo l'attesa di un tempo ancora indeterminato in reclusione.

L’entrata del campo informale di detenzione di Chania.
L’entrata del campo informale di detenzione di Chania.

Le persone migranti a Creta sono rese invisibili se non fosse per la porta lasciata aperta per fare arieggiare il capannone espositivo di Chania, oggi divenuta la prigione in cui vengono reclusi i migranti in attesa di essere trasferiti ad Atene o in altre città della penisola.

Qui non c'è nessuno se non la Guardia Costiera, con una decina di uomini armati. Non un mediatore, non la Croce Rossa, non Unhcr, no EUAA, no Save the Children per i minori.

Secondo fonti locali a Chania, inoltre, sarebbero in servizio gli stessi uomini della Guardia Costiera Ellenica oggi indagati per il naufragio di Pylos del 2024. Quando abbiamo chiesto conferma all'ufficiale della Guardia Costiera Ellenica, Chasioti Dimitra, ha risposto che questo non era argomento di sua competenza.

"Non c’è neanche un’organizzazione in Grecia, neanche UNHCR, non sono mai stati qui. Lo scorso inverno ho svolto io il lavoro dell'Unhcr, quando portavano i rifugiati nel campo ci andavo io per mettere insieme le persone vulnerabili e poi dopo aver raccolto tutti i dati ne parlavo con l’avvocato e chiamavo altri amici da altre Ong per portare i bambini e le donne in posti sicuri” spiega Christina Giannari mediatrice culturale di Steki Metanaston (social and migrants center) che opera a Chania, “ma Steki un mese fa è stato bannato dal campo, nessuno di noi può più accedere dentro al campo informale di Chania e da un mese nessuno fa più le procedure per riconoscere le persone vulnerabili”.

Tutto ciò in piena violazione della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, firmata e ratificata anche dalla Grecia.

"Il processo prima era immediato: i migranti facevano richiesta d'asilo, prendevano la red card del richiedente asilo in attesa che la domanda venisse processata e la rinnovano ogni mese o ogni anno. Adesso è difficile capire cosa succede. Adesso è tutto congelato”, continua la mediatrice culturale, “le deportazioni non hanno mai funzionato in Grecia perché troppo costose per lo Stato, neanche per gli egiziani ai quali non veniva mai approvata la richiesta d’asilo ma che rimanevano comunque sul territorio nazionale con la red card, rifacendo domanda ogni volta che gli veniva negata. Adesso non sappiamo realmente cosa gli succederà".

Lo scorso 28 giugno il ministro della migrazione è cambiato, Athanasios Plevris l’uomo che adesso ha in mano il destino di migliaia di profughi in Grecia, in uno dei suoi primi discorsi pubblici, disse che la deportazione deve avvenire sulle spalle dei migranti oppure “vi obbligheremo ad andarvene”. Di fatto è quello che sta succedendo: sospendendo la possibilità di fare richiesta d’asilo, i migranti diventano invisibili e non possono fare più niente se non scappare. Pleviris aveva concluso così il suo discorso: “I nostri campi non sono Hotel e ci assicureremo che il messaggio sia chiaro: la Grecia non è il paradiso ma una prigione”.

Il messaggio a Creta oggi è chiaro, ma questo nulla può contro la volontà delle persone di continuare a lottare per una vita migliore: In centinaia continuano a sbarcare ogni settimana nell'isola ellenica, i campi si riempiono con molta facilità, i migranti non possono uscire e lo Stato continua a trasferirli da un centro di detenzione ad un altro, con il rischio che presto saranno tutti pieni.

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