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La destra si prende anche le fogne: una carica di politici trombati per gestire la depurazione

Il governo ha scelto il nuovo commissario straordinario per la depurazione delle acque reflue e i suoi due vice. Al posto di tecnici esperti della materia, a gestire tre miliardi di interventi per ripulire le acque da scaricare in mare e nei corsi d’acqua, arriveranno tre figure senza grandi competenze specifiche. Tutti e tre però hanno un’altra qualità: sono politici di partiti della maggioranza di governo, rimasti senza una poltrona.
A cura di Marco Billeci
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L'Italia paga ogni anno decine di milioni di euro di multe all'Unione europea, per le irregolarità nella raccolta, depurazione e e smaltimento delle acque di scarico. Prima ancora del danno economico, il trattamento non corretto delle cosiddette acque reflue provoca danni ambientali enormi alle coste e al mare, soprattutto nel Sud.

Il 25 agosto, il governo ha scelto tre uomini, per affrontare questo problema complesso, che si trascina da decenni. Si tratta di un professore di italiano e storia, un avvocato e un commercialista. Nessuno di loro ha nel curriculum esperienze significative nella materia di cui dovrà occuparsi, ma tutti e tre possiedono un'altra caratteristica, evidentemente giudicata più importante della competenza. Tutti infatti hanno fatto militanza ed esperienze di politica attiva nei partiti dell'attuale maggioranza di centrodestra, a partire da Fratelli d'Italia, e possono vantare legami solidi con alcuni big nazionali.

Un commissario per depurare l'acqua

Piccolo passo indietro, per capire di cosa stiamo parlando. Dal 2017 esiste a livello nazionale una struttura commissariale straordinaria per la depurazione delle acque. L'organismo è composto da un commissario e due vice, che si occupano della realizzazione degli impianti necessari a risolvere le criticità, rilevate in diverse procedure di infrazione (con relative sanzioni economiche) dell'Unione europea, contro il nostro Paese. Gli interventi programmati in totale sono oltre 90 – per un valore di oltre 3 miliardi di euro – concentrati per la maggior parte in  Sicilia e Calabria.

Il commissario uscente alla depurazione è Maurizio Giugni, direttore del  dipartimento di Ingegneria civile, edile, ambientale e professore ordinario di Infrastrutture idrauliche all'Università di Napoli. Un tecnico di primo piano, che ora verrà sostituito da Fabio Fatuzzo. Anche Fatuzzo all'apparenza può sembrare uno ‘del mestiere', perché attualmente è presidente di Sidra, la società che gestisce la rete idrica di Catania. La sua storia in realtà racconta di un background molto diverso.

Ex missini e non solo: la lottizzazione delle acque

Nato a Messina nel 1951, laureato in filosofia, poi professore di italiano e storia alle superiori, il neocommissario Fatuzzo fin da ragazzo entra nelle fila del Fronte della Gioventù – l'organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano -, di cui arriva ai vertici nazionali. Dal 1980 al 1990 è consigliere comunale del Msi poi, dopo la svolta di Fiuggi, aderisce ad Alleanza Nazionale, con cui diventa prima assessore comunale a Catania e poi deputato, dal 2001 al 2006. Nel 2010 segue Gianfranco Fini nella scissione dal Pdl, ma appena un anno dopo torna nei ranghi della destra, al seguito di Adolfo Urso, attuale ministro meloniano del Made in Italy.

Qua finisce la parte di impegno politico attivo della carriera di Fatuzzo, che dal 2010 al 2019 si ricicla come direttore generale di Acoset, una piccola società idrica, che si occupa dell'area attorno all'Etna. Nel frattempo, l'ex deputato si avvicina a Fratelli d'Italia, a cui aderisce nel 2019. Poco dopo, guarda caso, è nominato presidente di Sidra dall'allora sindaco Fdi di Catania (e attuale parlamentare) Salvo Pogliese. Fatuzzo dunque non sembra nuovo a nomine, dal retrogusto di lottizzazione politica.

D'altronde, il neocommissario alla depurazione può vantare un solido rapporto anche con un altro ministro meloniano e ras del partito in Sicilia, Nello Musumeci, anche lui ex capo missino nel catanese. Ancor più diretti, sono i legami con il ministro del Mare e della Protezione Civile di uno dei due subcommissari, scelti dal governo, Salvatore ‘Totò' Cordaro. Quest'ultimo è stato assessore al Territorio e all'Ambiente nella giunta regionale guidata da Musumeci, dal 2017 al 2022.

Eletto per tre volte deputato all'Ars, dopo essersi avvicinato all'Udc di Cuffaro, nel 2022 Cordaro è entrato in Fratelli d'Italia, accolto dalla "gioia" di Musumeci, che nell'occasione aveva definito il salto di barricata, "una scelta coraggiosa e coerente". L'ex assessore però ha anche un'altra caratteristica, che lo rende perfetto per il nuovo ruolo: dopo non essere stato candidato alle elezioni politiche, né a quelle regionali, era rimasto senza una poltrona.

L'altro subcommissario sarà invece Antonino Daffinà, calabrese, commercialista, già consigliere comunale e assessore di Vibo Valentia, dove è dirigente di Forza Italia. Con il partito che fu di Silvio Berlusconi, Daffinà ha provato  a candidarsi al Senato nel 2018 e al Consiglio Regionale, nel 2020, senza successo. Di lui si è parlato anche come possibile prossimo candidato sindaco a Vibo, anche se sul suo nome pesa la macchia delle citazioni (da non indagato) nelle carte di alcune inchieste sulla ‘Ndrangheta, della Direzione Antimafia di Catanzaro.

Per completezza di cronaca, va detto che anche nella squadra uscente della struttura per la gestione delle acque reflue, c'era una personalità con una connotazione partitica, l'ex senatore Pd Stefano Vaccari, mentre l'altro subcommissario, Riccardo Costanza, era un ingegnere ambientale, dunque anche lui un tecnico, come il commissario Giugni. Fatto sta che le nomine tutte dal sapore politico del governo Meloni hanno provocato uno scossone, anche dentro la maggioranza.

Pochi minuti dopo l'annuncio ufficiale, infatti, il presidente della Regione Sicilia, il forzista Renato Schifani, ha criticato duramente le scelte. " Il mio grande stupore  – ha detto Schifani – consiste nel fatto che si è passati dal professore Maurizio Giugni, dotato di altissima competenza a un ex parlamentare che non presenta alcuna preparazione specifica. Lo stesso dicasi per uno dei due vice commissari". Schifani ha proseguito ricordando come la Sicilia sia la regione più interessata dagli interventi su raccolta, depurazione e scarico delle acque reflue e ha concluso: "Mi auguro che il governo nazionale rifletta attentamente su queste scelte".

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