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La Consulta boccia il decreto Salvini che aiutava i taxi contro la concorrenza degli Ncc: cosa cambia

La Corte costituzionale ha stabilito che sono illegittimi i tre punti principali del decreto Salvini dell’ottobre 2024, che fissava dei paletti stringenti per i servizi Ncc (noleggio auto con conducente) con l’obiettivo di favorire i tassisti. Il ricorso era stato presentato dalla Regione Calabria. La Consulta ha deciso che non spetta allo Stato intervenire sulla materia.
A cura di Luca Pons
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La Corte costituzione oggi ha dichiarato illegittimi i tre aspetti centrali del decreto ministeriale del 2024 con cui Matteo Salvini, in quanto ministro dei Trasporti, stabilì dei limiti che gli autisti di servizi Ncc dovevano rispettare. Il Ncc, ovvero noleggio di auto con conducenti, in Italia è stato fortemente limitato per evitare la concorrenza diretta con i tassisti. Ma la Consulta con la sentenza numero 163 di oggi ha bocciato tre di questi paletti: l'obbligo di aspettare almeno venti minuti tra la prenotazione e l'inizio della corsa; il divieto di contratti tra intermediari (come agenzie di viaggio o alberghi) e servizi Ncc; e l'obbligo di usare l'applicazione del ministero per compilare il foglio di servizio elettronico.

Il decreto era arrivato a ottobre del 2024, dopo mesi di proteste del settore. Ad agosto di quest'anno, il Tar era già intervenuto per annullarne alcuni passaggi. In alcuni casi, peraltro, si tratta di norme che la Corte costituzionale aveva già bocciato: è questo il caso del limite minimo di venti minuti, che porta a degli impedimenti già finiti al vaglio della Consulta e dichiarati illegittimi nel 2020.

A fare ricorso era stata la Regione Calabria, guidata da un presidente di centrodestra: Roberto Occhiuto. Occhiuto è un esponente di Forza Italia, che in passato aveva criticato la riforma di Salvini e oggi ha esultato. Non solo Occhiuto ha parlato di una "sacrosanta battaglia liberale" per avere "più concorrenza e più mercato", ma anche i tre deputati forzisti che hanno depositato una proposta di legge sul tema alla Camera hanno festeggiato la fine delle regole "confuse, inefficaci e ingiuste" imposte dal ministro leghista.

La Corte costituzionale ha stabilito, innanzitutto, che la soglia minima di venti minuti tra la prenotazione e l'inizio della corsa era "sproporzionata" rispetto all'obiettivo, cioè fare in modo che il servizio Ncc non intacchi la clientela dei taxi. Questa regola "determina un aggravio organizzativo" e, come detto, ottiene in modo indiretto lo stesso risultato di una norma del 2018 che la stessa Corte aveva "già dichiarato costituzionalmente illegittima" cinque anni fa.

Come detto, il secondo punto che è saltato è quello che vieta ai servizi di Ncc di stipulare contratti con "soggetti che svolgono anche in via indiretta attività di intermediazione". Qui si parla di hotel, agenzie di viaggio, insomma quei settori che possono aver bisogno di un servizio regolare di trasporti privati. Con questo divieto, però, le imprese non possono assicurare un servizio rapido e con costo definito ai propri clienti.

Infine, è stato sbagliato anche obbligare gli operatori di servizi Ncc a usare la piattaforma informatica del ministero per compilare il foglio di servizio elettronico, senza lasciare la possibilità di alternative. In generale, il ministero di Salvini non avrebbe dovuto intervenire sulla questione: il trasporto pubblico locale, infatti, è una competenza che spetta alle Regioni. Questo potrebbe mettere un freno anche alle norme successive sul tema, se invadono i poteri regionali.

Hanno esultato non solo i forzisti e le aziende del settore Ncc, ma anche alcune associazioni di consumatori. Il presidente dell'Unione consumatori, Massimiliano Dona, ha chiesto che Salvini si dimetta da ministro: "Pur di fare un regalo alla lobby dei tassisti, ha continuato imperterrito a considerarsi al di sopra della Costituzione".

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