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Istat, nel 2023 il potere d’acquisto degli italiani è sceso e il risparmio è stato al minimo storico

Il potere d’acquisto degli italiani è sceso nel 2023, anche a causa del forte aumento dei prezzi. Un reddito più alto rispetto al 2022 non è bastato a compensare l’inflazione. Ed è scesa al minimo storico (dal 1995) la propensione al risparmio: le famiglie sono riuscite a mettere pochissimi soldi da parte.
A cura di Luca Pons
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L'anno scorso, il reddito delle famiglie è aumentato ma il loro potere d'acquisto è sceso. Allo stesso tempo, è scesa al minimo storico la cosiddetta propensione al risparmio degli italiani, ovvero le famiglie spesso hanno scelto (o hanno avuto la necessità) di spendere la gran parte di quello che guadagnavano, mettendo poco da parte. Lo registra l'Istat con il suo ultimo rapporto sul tema.

L'inflazione ha raggiunto il suo picco alla fine del 2022 e poi ha iniziato a scendere, ma è rimasta alta per buona parte del 2023. Perciò i prezzi di quasi tutti i prodotti hanno continuato ad aumentare in fretta, e le entrate delle famiglie non sono riuscite a tenere il passo. Così, anche se in media gli italiani hanno avuto un reddito più alto dell'anno prima (+4,7%), il loro potere d'acquisto si è ridotto dello 0,5%. Un dato negativo, anche se meno pesante di quello del 2022, quando era stato del -1,8% proprio a causa dell'inflazione altissima.

Dunque, le famiglie hanno dovuto spendere di più per acquistare gli stessi prodotti, e il loro reddito non è bastato a coprire questo aumento. La quantità di soldi spesa dagli italiani per i loro consumi è aumentata del 6,5% rispetto al loro reddito. Questo ha avuto anche un'altra conseguenza: la propensione al risparmio è ascesa al suo minimo storico, almeno per gli ultimi trent'anni. È stata del 6,3%, il dato più basso registrato dall'Istat dal 1995, ovvero da quando ha iniziato a tenere conto di questo dato. Nel 2022, l'anno precedente, era stata del 7,8%.

La propensione al risparmio misura quanti soldi le famiglie riescono a mettere da parte, sul totale del loro reddito. Quando è alto, tendenzialmente significa che gli italiani riescono a soddisfare le loro necessità (in termini di consumi, quindi spesa, affitto, acquisti vari…) e poi a restare con una buona percentuale che viene risparmiata. Al contrario, se è basso può essere perché bisogna spendere troppo nella vita quotidiana, e quindi resta poco che può essere messo da parte. Commentando i dati, Giuseppe Conte ha attaccato: "In tutto questo il governo delle tasse di Giorgia Meloni non ha chiesto neanche un euro alle banche che hanno fatto utili record, mentre i cittadini non riescono nemmeno a pagare i mutui e rischiano di perdere la propria abitazione".

L'Istat ha registrato anche che nel 2023 sono aumentate sia le entrate che le uscite dello Stato, anche a causa dell'inflazione. Le imposte pagate dalle famiglie sono aumentate di 24,6 miliardi di euro, ovvero del 10,7% rispetto al 2022. Questo è dovuto anche al fatto che l'Irpef versata è cresciuta del 10% circa.

Per quanto riguarda la spesa, le varie prestazioni sociali sono costate 19,1 miliardi di euro in più (+4,3%). Entrando più nel dettaglio, le pensioni e le altre prestazioni previdenziali sono costate 21 miliardi in più e gli assegni familiari tre miliardi in più. Ma a compensare c'è stato il taglio dei sussidi per l'esclusione sociale, come il reddito di cittadinanza: 10,8 miliardi di euro in meno spesi.

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