Il presidente Inps Fava a Fanpage: “Ai giovani garantiremo pensioni dignitose, vi spiego il mio piano”

Pensioni, Assegno di inclusione, misure contro la povertà e a supporto delle famiglie, per lo studio e per le imprese: l'Inps in Italia si occupa di moltissimi temi diversi che riguardano la vita dei cittadini da molti punti di vista. Fanpage.it ha intervistato il presidente dell'Inps Gabriele Fava, in carica da aprile 2024.
Avvocato giuslavorista, ex commissario straordinario di Alitalia, Fava ha risposto alle domande sui dubbi dei giovani che oggi guardano alla pensione come a un obiettivo irraggiungibile; sulla questione dell'immigrazione, che per l'Italia è decisamente utile anche dal punto di vista economico e previdenziale; e sull'Assegno di inclusione, spiegando cosa è cambiato per lui rispetto al Reddito di cittadinanza. In generale, il presidente Inps ha tracciato il quadro di come vuole cambiare l'Istituto, anche per renderlo più accessibile ai giovani.
Presidente Fava, nell'ultima legge di bilancio il governo Meloni ha confermato un bonus per chi resta al lavoro nonostante abbia i requisiti per andare in pensione. La domanda è: non c'è il rischio che così si crei un ‘blocco' di persone che magari lavorano fino a 70 anni, mentre i giovani non vengono assunti? E man mano che l'età pensionabile poi aumenta, questo non rischia di peggiorare sempre di più?
È assolutamente comprensibile questa preoccupazione. Ma ad esempio in molti Paesi europei, laddove gli anziani continuano a lavorare, l'occupazione giovanile è aumentata. Oggi dobbiamo dare la possibilità a chi vuole continuare a lavorare di poterlo fare, anche dopo la pensione. È un nuovo approccio culturale molto importante, molto moderno, e molto utile per il Paese. Soprattutto per chi vuole restare ancora attivo, infatti parliamo di "anziani attivi".
Restando sui giovani: c'è una paura da parte degli under 35, e non solo, di restare in futuro senza pensione, o comunque avere un assegno molto basso. Come può rassicurarli?
È una domanda che mi viene posta spesso, e percepisco qualche volta rabbia, altre volte sconforto. Registro una sfiducia da parte dei giovani nei confronti dello Stato, nei confronti dell'Inps, nei confronti del loro futuro. Voglio invertire la rotta, è per questo motivo che abbiamo iniziato a parlare, e continueremo a parlare, con i giovani. Per portarne a bordo il più possibile.
È l'unica maniera per poter garantire un futuro ai giovani. Andare verso la sostenibilità non solo del sistema pensionistico, ma del sistema economico e del sistema Paese. Più cresce, più è sano, più è solido e più dà prospettiva. Noi vogliamo guardare al futuro dei giovani, vogliamo leggere prima le esigenze dei cittadini, rispondere concretamente "customizzando" il servizio a favore dei cittadini, a partire dai giovani. Stiamo lavorando su due fronti: da una parte i giovani, dall'altra parte le imprese.
Una delle idee avanzate dal governo per i giovani è il silenzio-assenso sul Tfr: se i dipendenti non prendono una decisione diversa, il loro Trattamento di fine rapporto potrebbe finire direttamente in un fondo pensione privato. Come valuta questa proposta?
La valuto positivamente. Anche questo servirà per dare ai giovani d'oggi una pensione ragionevole e coerente alle esigenze che si presenteranno quando saranno pensionati. Io (l'Inps, ndr) sono il primo pilastro, il governo sta pensando al secondo pilastro. Quando i giovani che andranno in pensione avranno maturato il primo pilastro, se a quel punto il governo agganciato anche il secondo pilastro, oggettivamente si troveranno una pensione sicuramente dignitosa.
Ci sono due punti di cui lei parla, quando dice di pensare a un Inps che include di più. C'è la digitalizzazione, e poi il cosiddetto "welfare generativo". Ci può spiegare in poche parole, come immagina l'Inps di domani rispetto a oggi?
Parto da un esempio concreto. Pensi a un paio di scarpe. I modelli di welfare passato dicevano "diamo un paio di scarpe a prescindere dalla misura". Il nuovo modello di welfare che stiamo portando avanti, prima le chiede che che taglia ha, e poi le dà la scarpa su misura. Questo è il welfare generativo.
Viviamo in un mondo in continuo cambiamento. Cambia tutto, cambiano le esigenze, cambiano le modalità di vita, e cambiano durante tutto il corso della nostra vita. L'obiettivo è quello di andare a personalizzare, leggere prima i bisogni e rispondere concretamente, personalizzando i servizi a secondo del fabbisogno che si presenta man mano durante l'arco di vita delle persone.
Quindi concretamente, per i servizi ai cittadini, cosa significa?
Concretamente, proprio per rispondere efficacemente alle preoccupazioni dei giovani, ma anche alle loro esigenze e alla nostra volontà di portare a bordo più giovani possibili, abbiamo immesso in tempo record la nuova app dell'Inps. Ricostruita ex novo in maniera facile, intuitiva, diretta, aperta a tutti i cittadini, perché l'Inps è dei cittadini e di nessun altro.
Questa nuova app ad oggi parla con tutti i giovani, e i dati lo dicono: da dicembre hanno avuto accesso all’app quasi 23 milioni di cittadini. C'è stato un incremento del 36% di visualizzazioni. Siamo passati da 3 milioni e mezzo circa, a 6 milioni e 200 mila utenti. L'app è il primo e migliore strumento che parla ai giovani con il loro linguaggio, e quindi rende sempre più credibile l'istituto, più moderno l'istituto, più vicino ai giovani.
Tornando alle pensioni, i dati ci dicono che l'Italia ha bisogno di più immigrazione anche dal punto di vista economico e previdenziale. Lei cosa ne pensa?
Lo vedo favorevolmente. Perché c'è bisogno di manodopera qualificata. Questo lo chiede il tessuto produttivo, le imprese, le industrie. A questa domanda è importante rispondere dando manodopera qualificata e quindi l'immigrazione, a questo punto, può essere sicuramente una risorsa. Nei limiti in cui parliamo di una integrazione qualificata e governata, cioè che risponda a questo fabbisogno.
C'è un'impresa che lavora in Italia, che ha bisogno di determinate specifiche professionalità, e queste non vengono reperite nel nostro Paese? Benissimo, che attinga all'immigrazione in maniera chiara, in maniera regolare, in maniera legale. A questo punto saranno risorse per noi, e in futuro anche futuri contribuenti e contributi.
L'ultima domanda riguarda l'Assegno di inclusione, una delle misure con cui il governo ha sostituito il Reddito di cittadinanza. Come è cambiato l'approccio al welfare con questa misura rispetto a quella passata?
Parto da un esempio concreto, e le faccio io stavolta una domanda. Se lei va in banca a chiedere un mutuo, la banca le dà subito i soldi a prescindere? No. E quindi perché devo farlo io? L'Assegno di inclusione è un'erogazione di denaro. È importante che questa erogazione venga fatta "cum grano salis", cioè che vengano erogati a chi realmente ne ha bisogno e ne ha diritto.
Oggi i numeri parlano di un successo, ma la cosa importante è che questa erogazione venga fatta in maniera seria, in maniera corretta, in maniera rispettosa, perché sono soldi dei cittadini di tutti noi. Quindi ho dato corso a un nuovo modello di controlli "ex ante", fatti prima e non dopo. Chi ha ricevuto questa erogazione l'ha ricevuta perché ne aveva diritto, perché c'erano le reali oggettive condizioni legali affinché potesse riceverla.