Il paradosso delle pensioni 2026, l’assegno è più basso se hai versato più contributi: chi ci perde

Nel 2026 le pensioni vedranno un aumento, sulla carta, pari all'1,4% grazie alla rivalutazione legata all'inflazione. Guardando agli importi lordi, quindi, una pensione da mille euro passerà a 1.014 euro al mese, una da 2mila a 2.208 euro. Per le pensioni minime l'aumento sarà bassissimo: circa tre euro, da 616,67 a 619,79 euro al mese. C'è però una ‘beffa' che emerge se si guarda alle somme nette. E riguarda soprattutto chi ha una pensione parecchio bassa, sotto i mille euro al mese: in questa fascia, chi ha versato più contributi potrebbe trovarsi con un assegno più basso.
A segnalarlo è stato un rapporto realizzato da Spi Cgil, il ramo del sindacato dedicato ai pensionati. Questo ha preso in considerazione non solo le rivalutazioni ufficiali, ma quello che succede davvero agli assegni. Le trattenute Irpef, le maggiorazioni, gli aumenti per legge e le integrazioni. Con questi numeri in mano, le prospettive per i pensionati italiani sono peggiori di quanto possa sembrare inizialmente.
Chi avrà meno soldi in pensione nel 2026 anche se ha versato più contributi
La questione più spinosa, come detto, è il "paradosso" per cui chi ha diritto a una pensione più alta, in virtù dei contributi che ha versati negli anni, potrebbe trovarsi alla fine con un assegno netto più basso. Il motivo è semplice: il Fisco. Che, nel corso delle varie riforme fatte degli anni, non si è mai adeguato alla situazione dei pensionati che vivono con poche centinaia di euro al mese.
Per esempio, chi ha versato abbastanza contributi da avere accesso a una pensione da 384,63 euro al mese (5mila euro all'anno) potrà beneficiare dell'integrazione al minimo e dei relativi incrementi e maggiorazioni, per arrivare a ricevere 749,11 euro netti al mese. Su questa somma, che equivale a circa 9.700 euro all'anno, non pagherà tasse.
Chi invece ha diritto, sulla base dei suoi contributi, a un assegno da 692,31 euro al mese (9mila euro all'anno) riceverà a sua volta delle maggiorazioni, ma poi dovrà versare l'Irpef sulla sua pensione. Il risultato è che l'assegno netto sarà di 710,47 euro al mese (9.200 l'anno circa). Meno di chi, contributi alla mano, dovrebbe ricevere una pensione più bassa.
Lo stesso vale per chi ha versato abbastanza da ricevere una pensione da 807,96 euro al mese, o 10.500 euro l'anno. Qui non spettano maggiorazioni, ma c'è l'Irpef da pagare. E così il netto scende a circa 746 euro al mese. Poco meno del primo esempio.
Perché chi ha più contributi prende un assegno minore
Il problema sollevato dai sindacati non è, naturalmente, che le maggiorazioni sociali o le pensioni assistenziali creino delle ingiustizie. Ma che il sistema fiscale, che obbliga alcuni a versare l'Irpef anche quando il loro assegno è già bassissimo, mette da anni in difficoltà chi si è guadagnato una pensione, anche se modesta.
Infatti, la no tax area – cioè la soglia sotto cui non si pagano tasse – è fissata a 8.500 euro di reddito annuale. Chi riceve una pensione ordinaria e la supera, deve versare al Fisco. Chi invece è beneficiario di una pensione assistenziale, o di una minima che viene integrata con le maggiorazioni sociali, non deve pagare anche se supera la soglia. Per la Cgil, il sistema "premia paradossalmente chi ha minori contributi e penalizza chi ha sostenuto più a lungo il finanziamento della previdenza pubblica".
L'Irpef pesa di più sulle pensioni basse
Un'altra questione è, invece, quella della rivalutazione delle pensioni. Che, sempre a causa della pressione fiscale, è meno ‘generosa' di quanto sembri. L'aumento dell'1,4%, infatti, riguarda le somme lorde.
Se si considerano le somme nette, gli incrementi sono più bassi. Per una pensione da 800 euro, l'aumento è di 9 euro nel cedolino. Gli assegni da mille euro diventeranno da 1.011 euro, quelli da 1.500 euro passeranno a 1.517 euro.
In generale, negli ultimi anni (dal 2022 al 2026) le pensioni sulla carta hanno ricevuto un incremento del 16,46%. Ma la realtà è che l'Irpef pesa di più sugli assegni più bassi. Il vero aumento percentuale, sul netto, è stato del 14,68% per chi prende 2mila euro lordi al mese. È stato del 12,93% per chi prende mille euro lordi, e di appena il 12,27% per chi ne prende 800 al mese.