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Il gender gap è anche nelle pensioni, gli uomini prendono il 38% in più delle donne: il report Inps

Nella relazione annuale del Rapporto Inps sul 2022, presentata oggi dalla commissaria straordinaria Micaela Gelera, si parla dell’aumento dei redditi delle famiglie, dei numeri sulle pensioni e dell’andamento dell’economia.
A cura di Andrea Miniutti
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Oggi alla Camera dei Deputati è stato presentato il XXII Rapporto dell'Inps: a illustrare il quadro è stata Micaela Gelera, commissaria straordinaria dell'Istituto, che nel suo intervento ha parlato di Pil, di inflazione, di redditi, di pensioni, di occupazione e di sussidi.

La crescita economica e l'inflazione

"Nel 2022, il Pil è aumentato del 3,7% in termini reali. L'economia ha interamente recuperato quanto perso nel 2020, raggiungendo livelli superiori a quelli antecedenti la crisi": le notizie che emergono dal report Inps sono sicuramente confortanti perché parlano di un cambio di rotta dell'economia italiana. Infatti, il recupero italiano è stato più significativo rispetto di quello degli altri principali Paesi dell'Eurozona.

L'anno scorso l'inflazione, a causa della guerra in Ucraina, ha raggiunto l'8,1%, portando ad una riduzione temporanea del reddito reale delle famiglie dell'1,2% e quindi colpendo le possibilità di spesa di queste, naturalmente in maniera differente nelle fasce di reddito. Come ha spiegato Gelera, l'intervento dell'esecutivo è stato fondamentale: "Nello stesso periodo, però, i redditi delle famiglie hanno beneficiato sia del recupero dell'occupazione che degli interventi approvati a sostegno dei pensionati: con il cosiddetto ‘Decreto Aiuti bis', il Governo ha aumentato del 2% i trattamenti fino a 2.692 euro mensili e ha anticipato al 2022 la corresponsione del conguaglio calcolato sulla base dell'indice definitivo di perequazione".

L'inflazione non avrebbe influito in maniera decisiva sulla domanda di lavoro delle imprese, ha precisato la commissaria: "Solo nella seconda parte dell'anno si è assistito ad un lieve peggioramento, con una riduzione della creazione di nuovi posti di lavoro ed un aumento della distruzione di quelli esistenti".

Andando a confrontare i dati del 2022 e quelli del 2018, c'è stato un aumento del reddito nominale delle famiglie di lavoratori dipendenti, specialmente di quelle con i redditi più bassi: quelle che rientrano nel primo quinto di spesa della popolazione hanno visto una crescita del 25%, sopra la media generale che si ferma al 9%.

Bene il lavoro dipendente, ma gli autonomi arrancano ancora

Come spiegato dalla commissaria Gelera, al termine della crisi sanitaria non c'è stato un peggioramento dell'occupazione italiana: "La temuta grande ondata di licenziamenti post pandemia, infatti, non si è verificata e la Naspi, così come gli altri ammortizzatori sociali, quali la malattia e la cassa integrazione guadagni, sono tornati a svolgere un ruolo ordinario di supporto del lavoratore in periodi temporanei di inattività". Infatti, dai dati del rapporto emerge che i beneficiari di almeno un giorno di Naspi nel 2022 (2,626 milioni) sono inferiori a quelli del 2019 (2,754 milioni).

Per quanto riguarda l'occupazione, invece, il numero dei lavoratori dipendenti ha raggiunto i livelli pre-pandemici, mentre quello degli autonomi continua a rimpicciolirsi, un processo "iniziato prima del 2008 ed accentuatosi con la crisi del 2020". Stando ai dati del rapporto Inps, il lavoro dipendente rappresenta il 78% dell'occupazione totale, vale a dire 6 punti in più rispetto ai primi anni duemila, e la quota di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato è in crescita rispetto agli anni passati. Ad avere un impiego part-time è il 18% degli occupati.

Nel complesso, ha detto la commissaria straordinaria dell'Inps, i dati sono da record: "La crescita dell’economia ha favorito un sensibile miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Il tasso di attività e il tasso di occupazione sono ai massimi storici, sebbene in leggera flessione secondo gli ultimi dati di luglio 2023".

Inoltre, le differenze territoriali sono ancora un problema: "Il Nord – ha continuato Gelera – ha raggiunto livelli occupazionali superiori sia a quelli del 2019 che a quelli del 2007, mentre il Sud soffre ancora il ridimensionamento che ha caratterizzato, in particolare, quanto accaduto nel periodo successivo al 2008″. Tuttavia, nonostante i dati segnino una tendenza positiva, siamo ancora lontani dagli altri Paesi dell'Eurozona.

Un ultimo dato sull'occupazione è quello delle dimissioni volontarie: nel 2022 sono state il 26% in più rispetto al 2019. Tuttavia, questa cifra non rappresenta un fenomeno di great resignation di persone che si ritirano dal mondo del lavoro, bensì di chi lascia un posto in cerca di condizioni migliori.

I pensionati italiani prendono in media 1.687 euro al mese

"Alla fine del 2022, i pensionati in Italia erano 16,1 milioni, un numero di poco superiore a quello del 2021, di cui 7,8 milioni uomini e 8,3 milioni donne": questi numeri hanno comportato una spesa di 322miliardi di euro, tuttavia non equamente distribuiti. Infatti, spiega Gelera, "le donne, nonostante rappresentino il 52% dei pensionati, sono titolari di solo il 44% dell'importo totale". E ci sono differenze pure per quanto riguarda l'età di accesso al pensionamento, che è cresciuta negli ultimi dieci anni: "Quella degli uomini è passata da 62 del 2012 a 64,2 nel 2022, mentre quella delle donne da 61,3 a 64,7. Il superamento di quella degli uomini da parte di quella delle donne è legato alla diffusa discontinuità delle loro carriere che comporta ritardi nel raggiungimento dei requisiti contributivi per la pensione anticipata".

Ma perché questa discrepanza?

La differenza in reddito da pensione tra uomini e donne deriva per la maggior parte dal minor numero di anni di contribuzione di queste ultime: infatti, l’uscita dal mercato del lavoro delle donne avviene prevalentemente con la pensione di vecchiaia, mentre quella degli uomini con la pensione anticipata che, storicamente, registra un importo medio superiore, che nel 2022 è risultato pari a 2.043 euro per gli uomini a fronte dei 1.660 euro delle donne, mentre quella di vecchiaia è stata pari rispettivamente a 1.112 euro e 752 euro.

La pensione media lorda ammonta a 1.687 euro mensili, ma quella degli uomini è di 1.969 euro, vale a dire il 38% in più rispetto a quella delle donne. Invece, l'importo medio mensile delle pensioni di anzianità o anticipate – che rappresentano il 56% della spesa totale dell'Inps – è di 1915 euro, mentre quello di chi accede per vecchiaia è di 889 euro.

Infine, l'opzione donna: "A gennaio 2023 – ha spiegato Gelera – le pensioni ottenute tramite opzione donna erano circa il 16% di tutte le pensioni anticipate alle donne. Ne hanno beneficiato in 175.000 circa, con un assegno di quasi il 40% più basso della media, dovuto non solo al ricalcolo contributivo, ma anche ai minori anni di contribuzione e ai minori redditi di queste lavoratrici".

I sussidi: i numeri dell'Assegno unico e del Reddito di Cittadinanza

Della spesa pensionistica a carico dell'Istituto oltre l'8% è rappresentato delle prestazioni assistenziali, principalmente impiegate nell'invalidità civile. In media, stando a quanto emerge dal report, si tratta di assegni che ammontano a 470 euro al mese.

Poi c'è l'Assegno Unico, una misura economica che raggruppa tutte le agevolazioni per i figli a carico, a cui ha aderito circa il "90% degli aventi diritto, con quasi 10 milioni di figli beneficiari". Per cercare di superare i gap informativi che spesso toccano le persone meno abbienti, che quindi faticano ad effettuare le domande di accesso ai servizi o si dimenticano di rinnovarle, l'Inps si è impegnato "per garantire a tutti i cit- tadini un accesso al sistema di welfare sburocratizzato", ha detto Gelera. Un esempio: "il rinnovo automatico dell’Assegno Unico e Universale, per permetterne l’erogazione in continuità senza la necessità di una nuova domanda".

Per quanto riguarda il Reddito di Cittadinanza, prima che fosse abrogato, negli anni scorsi si era registrata già una diminuzione dei nuclei famigliari che ne usufruivano: "Il numero di percettori di RdC aveva raggiunto il suo valore massimo a luglio 2021, con circa 1,4 milioni di nuclei familiari beneficiari. Successivamente è iniziato un trend decrescente: a dicembre 2022 i nuclei percettori erano circa 1,2 milioni, appena poco più di un milione a luglio 2023". Questo principalmente perché il valore dell'Isee dei nuclei percettori era aumentato, portandoli fuori dai requisiti d'accesso.

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