
Martina Carbonaro aveva appena 14 anni. Il suo corpo è stato ritrovato in un edificio abbandonato, vicino all’ex stadio di Afragola. è stata uccisa dall’ex fidanzato, un ragazzo nemmeno 19enne, l’ennesimo che non accettava la fine della relazione e la scelta di Martina di decidere per sé stessa. L’ha uccisa colpendola alla testa con una pietra, togliendole la vita ad appena 14 anni. Ne parliamo anche nell'ultima puntata del nostro podcast, Nel Caso Te Lo Fossi Perso, che si può ascoltare in tutte le piattaforme audio o nell'area sostenitori di Fanpage.it.
Era ormai notte quando è arrivata la notizia che il corpo di Martina Carbonaro era stato ritrovato. Lei era scomparsa il giorno prima, lunedì pomeriggio. Era uscita dicendo che sarebbe andata a prendere un gelato con le amiche e avrebbe anche incontrato l’ex fidanzato, Alessio Tucci, di qualche anno più grande. Verso le otto e mezza di sera l’ultimo messaggio alla madre, in cui diceva che sarebbe rientrata di lì a poco. Poi però Martina non è più tornata a casa. Ed è scattata la denuncia. I sospetti si sono subito concentrati sull’ex fidanzato, che ieri sera è stato sentito nuovamente a lungo in caserma. Per poi confessare il femminicidio.
Il corpo di Martina è stato ritrovato nel complesso dell’ex stadio Moccia, ad Afragola nella provincia di Napoli, e si trovava in un’abitazione abbandonata, dentro un armadio. L’avrebbe colpita alla testa con una pietra trovata sul posto, uccidendola. Agli inquirenti ha raccontato di averlo fatto perché lei l’aveva lasciato.
L'ennesimo femminicidio
Quello di Martina è l’ennesimo femminicidio. L’ultimo di un vortice di violenza radicata nella sopraffazione, nel possesso, nel controllo maschile. Ancora una volta c’è un uomo, un ragazzo, che uccide barbaramente perchè incapace di accettare l’autodeterminazione di una donna, che non vuole più una relazione con lui. Ancora una volta la donna viene considerata un oggetto, qualcosa a cui si può mettere fine quando non risponde più, non si sottomette più alla volontà maschile.
Circa due mesi fa erano state uccise Sara Campanella e Ilaria Sula, da un compagno di corso e dall’ex fidanzato. Entrambe avevano appena 22 anni. Martina Carbonaro ne aveva solo 14. Solo 14 anni. Quando le vittime sono così giovani, la notizia di un femminicidio colpisce in maniera ancora più violenta. Perchè magari pensiamo che la violenza patriarcale sia più diffusa tra le generazioni più anziane, quelle cresciute quando ancora la violenza maschile, le discriminazioni sessiste e la cultura dello stupro non venivano messe in discussione. Insomma, un retaggio del passato. E ci aspettiamo, invece, che tra i più giovani alcuni passi avanti siano stati fatti. Poi arrivano notizie come queste e pensiamo che forse non è proprio così.
Servono nuovi modelli di mascolinità e relazione
E questo è preoccupante. Ce lo dicono anche i professionisti che vanno nelle scuole a parlare di violenza di genere, che è come se si stesse cicatrizzando una frattura tra le ragazze – sempre più consapevoli e determinate a cambiare modelli culturali e sociali tossici – e i ragazzi – che si sentono accusati, vanno sulla difensiva e diventano ostili e aggressivi.
Il caso di Martina Carbonaro è l’ennesimo caso di un ragazzo che non accetta l’autoderminazione dell’altra, non ne accetta la libertà e tutte le scelte prese in libertà. È l’ennesimo caso di un ragazzo ancorato ai modelli di dominio e oppressione e che trasforma in violenza tutta la frustrazione per un mondo che cambia. E sceglie lui per lei, togliendole la vita, togliendole ogni possibilità.
Servono altri modelli, questo pare ormai chiaro. Altri modelli di mascolinità, di relazione, Ma questi non cadranno dal cielo: bisogna fare educazione sessuale e affettiva nelle scuole, serve un progetto serio sulla prevenzione, serve ascolto già ai primi segnali di violenza. Perché lo sappiamo, il femminicidio non è che la punta dell’iceberg.
Ora si parli seriamente di educazione sessuale
Secondo l’osservatorio del collettivo Non Una Di Meno, aggiornato allo scorso 8 maggio, da inizio anno in Italia ci sono stati 27 femminicidi. A cui aggiungere, purtroppo anche quello di Martina Carbonaro. E poi ci sono stati anche 21 casi di tentato femminicidio. Numeri che denunciano una violenza sistemica, ancora troppo radicata nella nostra cultura e società.
Bisogna ripartire dalle giovani generazioni, non abbandonarle. Non è più accettabile che l’Italia rimanga uno dei pochissimi Paesi a non fare educazione sessuale ed affettiva a scuola. Soprattutto quando vediamo una radicalizzazione di moltissimi giovani. Non è più questione di qualche oscura nicchia online, l’impatto della manosphere è sempre più forte nella quotidianità e fa presa su sempre più ragazzi. Viene sempre più normalizzata.
In tutto questo non è accettabile che l’educazione a scuola venga considerata terreno di battaglia politica, osteggiata e bollata come propaganda. No, non ci possiamo più permettere di perdere tempo. Perché altrimenti ci ritroveremo anche questa volta a piangere Martina Carbonaro, a giurarci che sarà l’ultima, a dire che faremo tanto rumore e pretenderemo giustizia. Dobbiamo mobilitarci tutti per cambiare le cose adesso, altrimenti l’educazione patriarcale continuerà a produrre violenza patriarcale e a fare vittime sempre più giovani.
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