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Il caso Pozzolo

Il caso Pozzolo lo conferma: Giorgia Meloni non c’entra mai niente

La comunicazione di crisi di Fratelli d’Italia è sempre la stessa: la presidente del Consiglio è sempre figura eterea e distante dalle beghe dei suoi fedelissimi. Il caso Pozzolo non fa eccezione: Giorgia Meloni è “furiosa”, “furibonda”, mai responsabile politicamente.
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Non è mai responsabilità di Giorgia Meloni, non c’è mai la sua firma dietro le proposte più bislacche o inopportune, non c’è mai il suo timbro sulle scelte discutibili operate dai suoi parlamentari, non c’è mai il suo volto sulle polemiche che infiammano l’opinione pubblica. Anzi, la presidente del Consiglio è sempre colei che interviene, che risolve, che rivede e corregge. Non prima di essersi incazzata, infuriata, stupita e meravigliata di come le cose siano sfuggite al suo inflessibile controllo. È una sorta di schema immutabile, di copione fisso, che ci viene proposto con cadenza regolare. Ogni volta, cioè, che qualcuno della maggioranza (in particolare di Fratelli d’Italia) trova il modo di far parlare di sé per comportamenti, opere o azioni non esattamente memorabili.

Un’ulteriore conferma l’abbiamo avuta in occasione della farsesca ma niente affatto divertente vicenda del deputato Pozzolo, che si è presentato armato a una festa di Capodanno, con una pistola da cui sarebbe partito un colpo che ha ferito un parente di un componente della scorta del sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove. Immediato è partito lo spin comunicativo per giornali e televisioni: Giorgia Meloni è “furiosa”, “furibonda”, “pretende spiegazioni” e prenderà in mano la situazione. Parallelamente, i maggiorenti del partito venivano allineati: si tratta di un fatto “inaccettabile”, che renderà necessario “prendere provvedimenti”, ma che “non costituisce un caso politico”. Comunicazione di crisi in purezza, dunque, cui hanno contribuito tanto i giornali di area (che hanno avuto il via libera per bollare come “pistola” il deputato con la pistola), quanto il servizio pubblico, praticamente silente sulla vicenda.

Intendiamoci, non c’è e non potrebbe mai esserci una responsabilità diretta della presidente del Consiglio in un episodio del genere. Così come alla dinamica dei fatti sembra totalmente estraneo il sottosegretario Delmastro Delle Vedove. Ma una leader di partito ha sempre la responsabilità politica della selezione della classe dirigente, soprattutto se parliamo di personalità elette in Parlamento non da perfette sconosciute ma dopo anni di attività sui territori. Se poi sono nella cerchia ristretta dei propri fedelissimi, tanto da partecipare a ristretti festeggiamenti del 31 dicembre (a meno che non si creda alla tesi dell’imbucato…), occorre dare qualche ulteriore spiegazione ai cittadini. E magari ammettere che qualcosina a livello di selezione delle nuove leve proprio non ha funzionato.

Le posizioni di Pozzolo sulle armi, infatti, erano note da tempo. Così come i suoi social abbondano di riferimenti a Mussolini, ai “porci” dell’Unione Europea, ai media di regime e via discorrendo. È ugualmente stato candidato, per poi essere eletto grazie al clamoroso risultato di Fratelli d'Italia alle Politiche. Una situazione che per certi versi ricorda quella in cui si trovarono i grillini alle Politiche del 2013 e ancor di più del 2018 poi: partiti cresciuti molto rapidamente nei consensi, al punto da non aver avuto tempo per sviluppare (o rinnovare, nel caso di Fdi) una classe dirigente sul territorio. Gli eletti in Parlamento, però, non sono degli alieni capitati per caso nelle liste dei partiti ora al governo del Paese, ma ne sono espressione e spesso ne determinano scelte e orientamenti. Solo per restare su Pozzolo, ad esempio, diremo che le sue posizioni sulle armi (e non solo) trovano una larghissima condivisione all'interno di Fdi. Così come la sua passione per una delle pagine più buie della nostra storia recente. Siamo già oltre l'idea del "caso isolato", del "pistola" (come scrivono i giornali organici alla destra). Peraltro, se si guarda agli eventi di questi ultimi mesi, si converrà che i grattacapi maggiori per la presidente del Consiglio non sono arrivati dai peones, ma da esponenti di primissimo piano del suo partito, spesso presenti nel suo "cerchio magico" o addirittura con ruoli di governo.

Il punto è che Meloni non ammetterà mai di avere un problema di classe dirigente, si limiterà a replicare ancora e ancora lo stesso schema. Al massimo un richiamo alla responsabilità dei singoli e degli altri dirigenti, come fatto nella conferenza stampa in cui ha annunciato la sospensione di Pozzolo. Perché è funzionale alla sua narrazione da "aggiustatutto", un'entità che vola alto rispetto ai limiti del resto dei politici, l'unica che ha una vera connessione con la gente e che può mostrare una vera discontinuità col passato. Affronterà le questioni sempre allo stesso modo: come un'allenatrice di calcio che dà la colpa ai suoi calciatori per una sconfitta, dopo aver scelto gli acquisti in fase di calciomercato e fatto la formazione.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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