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I migranti con protezione umanitaria prima del dl sicurezza hanno comunque diritto all’accoglienza

Lo stabilisce una sentenza del Tar del Veneto: I migranti con permesso di soggiorno per protezione umanitaria, un tipo di protezione internazionale che il decreto sicurezza ha eliminato, hanno comunque il diritto di restare nei centri di accoglienza. I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di un richiedente asilo rifacendosi a una sentenza della Cassazione che rifiuta il principio di retroattività per il decreto sicurezza.
A cura di Annalisa Girardi
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I migranti con permesso di soggiorno per protezione umanitaria, un tipo di protezione internazionale che il decreto sicurezza ha eliminato, hanno comunque il diritto di restare nei centri di accoglienza. Lo stabilisce una sentenza del Tar del Veneto che afferma quindi la non retroattività del decreto sicurezza. La norma varata da Matteo Salvini quando si trovava al vertice del Viminale annullava di fatto il permesso di soggiorno per protezione umanitaria: le persone che ne usufruivano, quindi rischiavano di non avere più diritto all'alloggio nei centri di accoglienza, finendo in strada.

I giudici amministrativi del Veneto hanno però deciso di accogliere il ricorso di un migrante che si era visto negare l'accoglienza in una struttura Sprar (oggi detta Siproimi) proprio perché in possesso di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, non più considerato valido. Tuttavia, proprio in quanto la protezione umanitaria era stata concessa prima del 15 ottobre 2018, antecedentemente quindi all'entrata in vigore del decreto sicurezza, il Tar ha riconosciuto il diritto del richiedente asilo.

E lo ha fatto rifacendosi a una sentenza della Cassazione che ha negato il principio di retroattività per il decreto sicurezza: "Nel caso in cui a protezione umanitaria è già stata riconosciuta al richiedente asilo non può essere eliso un beneficio – la prestazione delle misure di accoglienza – collegato a detto riconoscimento", afferma la sentenza. Un'ordinanza che arriva allo scadere della protezione umanitaria per migliaia di richiedenti asilo. Nei giorni scorsi, infatti, il ministero dell'Interno ha annunciato che a partire dal primo gennaio 2020 i migranti che al momento risiedono negli ex centri Sprar sarebbero stati trasferiti nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e che le misure di accoglienza per i titolari di protezione umanitaria non sarebbero più state valide.

Fonti del Viminale avevano comunicato che al tempo stesso sarebbero state avviate delle iniziative a supporto dei Comuni per la presa in carico dei migranti attraverso i finanziamenti a progetti Fami (Fondo Asilo per migrazione e integrazione). "Non si può sostituire un diritto di accesso con un generico rinvio a progetti che non copriranno tutto il territorio nazionale", ha commentato con Fanpage.it Gianfranco Schiavone, del direttivo nazionale dell'Asgi. "I progetti sono attivi, le persone sono ancora beneficiarie. È evidente che siamo in presenza di una forma di applicazione tipica del ministro precedente, non c'è un controllo politico. Questa nota del Viminale lascia stupefatti per l'incoerenza. I fondi dovrebbero essere utilizzati per mettere in piedi un percorso di autonomia, al fine di evitare fenomeni di assistenzialismo, non per sostituirsi a misure già previste. Un'amministrazione deve anche accettare di sbagliare, non far finta che non vi sia stato un errore", ha concluso Schiavone.

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