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Caso Regeni, news sulle indagini

Giulio Regeni, cinque anni fa veniva rapito in Egitto. Mattarella: “Il Cairo dia risposte”

“L’azione della Procura della Repubblica di Roma, tra molte difficoltà, ha portato a conclusione indagini che hanno individuato un quadro di gravi responsabilità, che, presto, saranno sottoposte al vaglio di un processo, per le conseguenti sanzioni ai colpevoli. Ci attendiamo piena e adeguata risposta da parte delle autorità egiziane”: lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a cinque anni dal rapimento di Giulio Regeni in Egitto.
A cura di Annalisa Girardi
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 Cinque anni fa Giulio Regeni veniva rapito nella capitale egiziana: il suo corpo venne ritrovato solo il 3 febbraio, vicino a una prigione dei servizi segreti egiziani, martoriato da evidenti segni di tortura. "Sono trascorsi cinque anni dal rapimento a Il Cairo di Giulio Regeni, poi torturato e barbaramente ucciso dai suoi spietati aguzzini. Un giovane italiano, impegnato nel completare il percorso di studi, ha visto crudelmente strappati i propri progetti di vita con una tale ferocia da infliggere una ferita assai profonda nell'animo di tutti gli italiani", ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricordando il giovane ricercatore ucciso in Egitto. Il capo dello Stato ha anche lanciato un appello alle autorità egiziane, affinché forniscano risposte adeguate a quanto emerso dalle indagini della Procura di Roma: "L'azione della Procura della Repubblica di Roma, tra molte difficoltà, ha portato a conclusione indagini che hanno individuato un quadro di gravi responsabilità, che, presto, saranno sottoposte al vaglio di un processo, per le conseguenti sanzioni ai colpevoli. Ci attendiamo piena e adeguata risposta da parte delle autorità egiziane, sollecitate a questo fine, senza sosta, dalla nostra diplomazia".

Il messaggio di Mattarella ai genitori di Giulio Regeni

Mattarella non ha mancato di rinnovare la sua vicinanza ai genitori di Regeni: "In questo giorno di memoria desidero anzitutto rinnovare sentimenti di vicinanza e solidarietà ai genitori di Giulio Regeni, che nel dolore più straziante sono stati capaci in questi anni di riversare ogni energia per ottenere la verità, per chiedere che vengano ricostruite le responsabilità e affermare così quel principio di giustizia che costituisce principio fondamentale di ogni convivenza umana e diritto inalienabile di ogni persona", ha detto .

Fico: "Vendita di armi all'Egitto è immagine che non avremmo voluto vedere"

Anche il presidente della Camera, Roberto Fico, ha voluto ricordare il ricercatore ucciso in Egitto cinque anni fa. E, in un'intervista con Repubblica, ha detto: "L'Europa deve fare di più. Le risposte recenti della Procura generale del Cairo rasentano la provocazione, e offendono la nostra intelligenza". Per poi affermare come, alla luce di quanto successo, sia necessario rivedere la questione della vendita di armi al Paese: "La vendita di armi all’Egitto è stata un’immagine che non avremmo voluto vedere. Rispetto alla violazione della legge che definisce i criteri per la vendita di armamenti sarà la magistratura a valutare. Personalmente comunque sarei per una revisione della legge, inserendo paletti più rigidi".

Palazzotto: "Cinque anni di omissioni, depistaggi e menzogne"

"Cinque anni fa oggi, al Cairo, alle 19:41 Giulio Regeni inviava l’ultimo messaggio e pochi minuti dopo il suo cellulare avrebbe agganciato, un’ultima volta, il ripetitore all’interno della stazione metropolitana di Dokki. Sono quelli gli ultimi minuti, o i primi, di un lungo inferno che il regime egiziano ha brutalmente inflitto al giovane ricercatore italiano. Un inferno che è andato mostruosamente oltre il rapimento, la tortura e la barbara uccisione di Giulio, perché prolungato da omissioni, depistaggi e colpevoli menzogne": lo ha scritto su Facebook il deputato di Leu e presidente della commissione d'inchiesta sul caso Regeni, Erasmo Palazzotto. E ancora: "Un viaggio infernale che continua ancora oggi, cinque anni dopo quel maledetto 25 gennaio e che potremo considerare chiuso, almeno su un piano giudiziario, solo il giorno in cui l’Egitto deciderà di collaborare".

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