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Giù l’inflazione e il prezzo del gas, l’Italia non andrà in recessione nel 2023 per Confindustria

Nella sua ultima analisi Confindustria è ottimista sull’andamento dell’economia italiana. L’inflazione sta rallentando, mentre i prezzi di gas e petrolio si abbassano. Così, per il 2023 l’Italia evita la recessione: si prevede un aumento dello 0,6% del Pil.
A cura di Luca Pons
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Buone notizie da Confindustria: in Italia l'inflazione sta scendendo, i prezzi dell'energia si stanno abbassando e la recessione, a inizio 2023, dovrebbe essere definitivamente evitata. Dalla congiuntura flash, un'analisi pubblicata ogni mese da Confindustria, infatti, sono emersi alcuni dati che si possono considerare decisamente positivi.

L'inflazione scende, i prezzi cominciano a rallentare

Uno di questi è l'andamento dell'inflazione. Certo, l'aumento dei prezzi rispetto a un anno fa è ancora a livelli molto più alti di quelli registrati negli ultimi anni (+10,1% da gennaio 2022 a gennaio 2023), ma si sta abbassando rispetto agli scorsi mesi, quando aveva raggiunto l'apice (a ottobre 2022, i prezzi erano l'11,8% più alti rispetto a ottobre 2021).

L'andamento dell'inflazione cosiddetta ‘di fondo', cioè quella che si calcola escludendo i prezzi dell'energia e degli alimentari freschi, è invece in leggera risalita: dal 4,2% di ottobre 2022 al 4,6% di gennaio 2023. Questo perché i rincari ‘passano' da un bene all'altro più lentamente, quindi alcuni prezzi continuano ad aumentare anche se l'inflazione in generale scende. Infatti, le scelte di consumo delle famiglie sono ancora "prudenti", soprattutto a causa "dell'alta inflazione" che ha gonfiato moltissimo i prezzi.  La spesa si è spostata "ancora di più verso i discount", per questo motivo.

Gas e petrolio, i prezzi tornano in ribasso

A causare il rallentamento dell'inflazione sono soprattutto i prezzi dell'energia: a gennaio erano a +43,1% rispetto a un anno prima, che sembra un dato altissimo, ma bisogna considerare che a ottobre la differenza era di +71,1%. Come detto da Confindustria, il calo dei prezzi energetici "sta favorendo la riduzione dell'inflazione in Italia e Europa (seppur su valori ancora elevati)".

Questa riduzione "lascia intravedere la fine del rialzo dei tassi entro il 2023", anche se "non prima di un altro paio di aumenti". Il riferimento è ai tassi di interesse decisi dalla Banca centrale europea, che regolano tra le altre cose anche le rate dei mutui per chi ha un tasso variabile. Recentemente, la Bce ha annunciato che ci sarà un altro aumento a marzo.

Tornando all'energia: il gas, a febbraio, è costato in media finora 56 euro al Megawattora. Un prezzo che, ha ricordato Confindustria, è "ben sotto i livelli registrati in tutto i corso del 2022", anche se nel 2019 "era a 14 euro al Megawattora". Il petrolio, che nel 2022 ha avuto meno scossoni del previsto sembra ora "essersi stabilizzato", con una media di 83 dollari al barile, "su valori poco superiori a quelli pre-crisi (64 dollari)". Scendono anche i prezzi degli alimentari (-1,2% da ottobre 2022), mentre aumentano i prezzi soprattutto dei metalli (+16,8%).

Evitata la recessione, nel 2023 il Pil sale dello 0,6%

Nel complesso, l'economia italiana va meglio di quanto ci si aspettasse alcuni mesi fa. Nei primi tre mesi del 2023, si avvia a evitare la recessione (cioè una diminuzione del Pil, prodotto interno lordo). "Il Pil italiano va meglio dell'atteso", ha affermato Confindustria, tanto che l'Italia potrebbe evitare "del tutto la ‘correzione al ribasso' dei livelli di attività". La crescita del Pil nel 2023 sarà "molto più bassa" dell'anno scorso, ma anche "decisamente migliore rispetto alle attese di pochi mesi fa. Nelle più recenti previsioni", la stima è attorno al +0,6%, una "importante revisione al rialzo rispetto alle stime post-estate 2022".

L'occupazione aumenta, ma alle aziende manca manodopera

Anche l'occupazione aumenta, con 37mila nuovi assunti a dicembre. Una parte sempre più grande di aziende – il 7,3% di quelle che lavorano nella manifattura – segnalano scarsità di manodopera. Lo stesso dato era all'1,8%, a fine 2019. Questo, per Confindustria, mostra che ci sono sia carenze quantitative che disallineamenti di competenze, cioè non ci sono abbastanza persone che vogliono lavorare nel settore e che hanno le competenze per farlo. Un elemento che, comunque, Confindustria riscontra anche nel resto d'Europa.

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