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Fondi Lega, perquisita l’azienda del deputato del Carroccio Boniardi

La guardia di finanza ha perquisito l’azienda del deputato della Lega, Fabio Massimo Boniardi, in merito all’inchiesta sui fondi del Carroccio e sul presunto riciclaggio dei 49 milioni di euro. La perquisizione è avvenuta dopo l’autorizzazione a procedere concessa dal Parlamento a inizio agosto.
A cura di Stefano Rizzuti
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L’inchiesto sul presunto riciclaggio di parte dei 49 milioni di euro ottenuti dalla Lega come rimborsi elettorali vede una nuova svolta. La guardia di finanza di Genova, infatti, ha perquisito la sede dell’azienda di cui è socio il deputato del Carroccio Fabio Massimo Boniardi, la Boniardi Grafiche srl. La perquisizione è avvenuta nella giornata di ieri e riguarda l’inchiesta per il riciclaggio dei rimborsi elettorali avvenuto quando il leader della Lega era Umberto Bossi e tesoriere era Francesco Belsito. I finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria, guidati dal colonnello Maurizio Cintura, hanno acquisito sia documenti cartacei che informatici su disposizione del procuratore aggiunto Francesco Pinto e del sostituto Paola Calleri.

Boniardi perquisito dopo autorizzazione Parlamento

Boniardi non è indagato nell’ambito di questa inchiesta. Aveva eletto domicilio proprio alla tipografia e a dicembre 2019 non era stato possibile procedere con la perquisizione. Per questo la procura aveva chiesto l’autorizzazione al Parlamento: la Camera ha concesso la perquisizione con un voto avvenuto a inizio agosto. I pm di Genova, invece, avevano indagato per riciclaggio l’assessore all’Autonomia e alla Cultura della Regione Lombardia, Stefano Bruno Galli, che all’epoca dei fatti era presidente dell’associazione ‘Maroni presidente’. L’accusa ritiene che circa 450mila euro sarebbero transitati da Banca Aletti all’associazione e poi da questa girati su alcuni conti riconducibili proprio alla Lega.

L’inchiesta sui 49 milioni della Lega

I soldi – questa l’ipotesi dell’accusa – sarebbero stati utilizzati formalmente per acquistare del materiale a sostegno della campagna elettorale del Carroccio. In realtà non sarebbero stati spesi, ma sarebbero stati fatti entrare in altri conti correnti riconducibili al partito. Il conto su cui erano stati versati i soldi dei rimborsi era proprio uno della Banca Aletti, motivo per cui l’inchiesta si era spostata da Milano a Genova. Un anno fa è stata la Cassazione a dichiarare prescritti i reati commessi da Bossi e Belsito, confermando però la confisca dei 49 milioni di euro, soldi che sarebbero in parte stati fatti sparire in Lussemburgo, sempre secondo l’accusa. Altra parte, invece, sarebbe tornata alla Lega. Che ora sta restituendo i soldi con una rateizzazione di 600mila euro l’anno per circa altri 80 anni.

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