Fine vita, Cappato contro il governo: “Legge sbagliata, vogliono rendere impossibile il suicidio assistito”

La legge sul fine vita su cui è impegnata la maggioranza e che si avvia ad approdare in Aula a metà luglio suona a tutti gli effetti come una stretta per limitare l'accesso al suicidio assistito, che in Italia è stato riconosciuto dalla sentenza della Consulta nel 2019 e a cui già diversi pazienti terminali hanno ricorso in questi anni. Come spiega a Fanpage.it, Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, i paletti introdotti dal testo sono molti: dalla creazione di un Comitato etico scientifico, che dovrà valutare le richieste dei malati, alle tempistiche per approvare la richiesta (60 giorni a cui se ne possono aggiungere altri 60 nei casi più complessi e quattro anni di attesa in caso di rifiuto), fino al requisito delle cure palliative per il paziente e all'esclusione del Servizio sanitario. Per questo motivo l'Associazione Luca Coscioni ha presentato una proposta di legge nazionale – la cui raccolta firme inizia oggi – che invece punta a estendere i diritti dei pazienti e a legalizzare le scelte di fine vita, inclusa l'eutanasia.
La prima bozza del testo sul fine vita al vaglio del Comitato ristretto al Senato fa già discutere. Lei cosa ne pensa?
L'impostazione generale è quella cancellare il più possibile i diritti che già esistono. Perché l'aiuto medico alla morte volontaria è legale in Italia da sette anni, dalla sentenza della Corte Costituzionale, la cosiddetta Cappato-Dj Fabo, che autorizzò il suicidio assistito quando un paziente: è lucido, affetto da patologia irreversibile, sofferenza insopportabile e tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitali. Otto persone fino ad oggi hanno ottenuto legalmente l'aiuto alla morte volontaria. Il governo a questo punto, anche dopo la legge toscana, si è reso conto che questo diritto cominciava ad essere effettivamente esigibile in giro per l'Italia. Quindi l'obiettivo di questa legge è chiudere la porta al diritto che c'è, non è fare una legge per stabilire a quali condizioni ottenere questo diritto.
In che modo il centrodestra vuole rendere più difficile l'accesso al fine vita?
Il primo obiettivo che si sono dati è fare fuori il Servizio Sanitario Nazionale. Lo fanno in due modi, creando questo comitatone unico nazionale controllato dal governo, di nomina non governativa, che quindi sarà riempito di nomi di persone che sono ostili a questo diritto e che diranno di no a tutte le richieste, ovviamente. In questo modo fanno fuori il ruolo delle Regioni e dei comitati etici territoriali. La seconda cosa riguarda chi è nelle strutture ospedaliere: nessuno medico può occuparsi di questo aiuto, quindi dovrebbe venire fuori qualcuno dall'esterno, da fuori dallo ospedale.
Si parla della figura dell'aiutante…
Esatto. A quel punto chi avrà i mezzi, i collegamenti, le connessioni per poter fare venire fuori qualcuno da fuori potrà ed è il contrario di quello che dovrebbe essere un diritto legato al diritto alla salute, all'autodeterminazione. Dovrebbe valere soprattutto per le persone che non sono in grado di fare di farsi aiutare da qualcuno che non sia il servizio pubblico, lo Stato, il servizio sanitario. È molto grave, ma non è tutto. Vengono previsti dei tempi che rendono materialmente quasi impossibile ottenere una risposta nel momento in cui serve. Il che potrebbe spingere il malato a fare una richiesta un po' in anticipo, perché se io sono un malato terminale di una malattia neurodegenerativa e so che la risposta arriverà dopo mesi la farò in anticipo. Per evitare questo però, c'è un'altra norma che prevede che se la richiesta ti viene respinta non la puoi ripresentare per almeno quattro anni. Quindi nemmeno se poi un paziente finisce attaccato a una macchina con respiratore artificiale in quei quattro anni dovrà comunque aspettare, come se fosse, non so, un rinnovo della patente per chi ha è stato preso in stato di ebbrezza. È una cosa proprio senza senso. Non solo, c'è anche un piccolo trucco terminologico fatto per escludere due persone su tre dalla richiesta. Mentre attualmente la Corte Costituzionale dice che si può accedere all'aiuto alla morte volontaria, se sei tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, nel disegno di legge viene trasformato in ‘trattamenti sostitutivi di funzioni vitali'.
Che cosa cambia tra le due espressioni?
Nella prima definizione è inclusa l'assistenza sanitaria e delle terapie farmacologiche di sostegno vitale, come ad esempio farmaci o assistenza chi dipende dall'assistenza di terzi. È già successo che alcuni dei casi di autorizzazione all'aiuto alla morte volontaria sono stati fatti su persone che dipendevano dall'assistenza di terzi. Scrivere invece, ‘trattamenti sostitutivi di funzioni vitali' vuol dire la funzione dell'alimentazione, della respirazione, dell'idratazione. Nei fatti si restringe il campo.
Nella legge è stato inserito un passaggio sulla ‘tutela della vita dal concepimento fino alla morte". Come commenta?
È uno sfregio ideologico. È chiaro che se si volesse prendere alla lettera una frase del genere, immediatamente diventerebbe illegale l'aborto. La sostanza che loro vogliono fare passare è rendere impossibile l'esercizio del diritto stabilito dalla Corte Costituzionale di aiuto medico alla morte volontaria. La nostra legge va nella direzione opposta.
Ci spiega meglio invece, la questione legata alle cure palliative ‘obbligatorie'?
Sono già un diritto da 15 anni. Attualmente esiste già il dovere da parte dello Stato di proporre e nel caso, di fornire cure palliative al malato terminale. Inserire la questione del percorso di fine vita significa in realtà provare a farne un trattamento sanitario obbligatorio, cioè se tu non sei inserito in un percorso di cure palliative, magari perché non vuoi, non sei interessato, allora il comitato ti dirà che che non puoi accedere perché non sei è inserito in un questo percorso. A quel punto dovrai fare la domanda di un percorso in cure palliative, però se te l'hanno già bocciata, la puoi ripresentare dopo 4 anni. Insomma, si crea un incubo kafkiano di ostacoli e paletti per fare in modo che nessuno possa ottenere questo diritto.
Cosa proponete invece voi (Associazione Luca Coscioni, ndr)?
Noi proponiamo di estendere questo diritto alle due, diciamo così, tipologie di malati che al momento sono esclusi dall'aiuto. La prima cosa è potersi far aiutare a somministrare anche da un medico la sostanza letale, perché attualmente la Corte Costituzionale ha dato via libera soltanto alla autosomministrazione del farmaco. Nella nostra legge di iniziativa popolare, vogliamo aprire alla possibilità che il paziente lo chieda a un medico, ovviamente se d'accordo a farlo. Nessuno vuole imporlo. È chiaro che per una persona immobilizzata, totalmente paralizzata o che trema o che fa fatica a muoversi eccetera, diventa ancora più difficile l'esercizio del diritto. Poi c'è la seconda questione, ovvero il criterio che prevede che il paziente sia tenuto in vita dal trattamento in sostegno vitale. La gran parte dei malati terminali di cancro non è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, perché nelle ultime settimane di vita di solito si abbandona ogni linea terapeutica, cioè una volta che la chemio non funziona più, a quel punto si entra in un seguito di sole cure palliative. Ecco per noi anche che queste persone dovrebbero potere ottenere l'aiuto alla morte volontaria.