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Fine vita, appello di Letta: “Non possiamo essere fuori dal tempo, chi soffre non può aspettare”

Il segretario del Pd Enrico Letta chiede al Parlamento di mettersi al lavoro per migliorare la proposta di legge sul fine vita: “Quanto a lungo vogliamo mortificare le aspettative di una società che sui diritti civili dimostra spesso di essere più matura ed esigente della propria classe dirigente?”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il segretario del Pd Enrico Letta interviene su la Repubblica e torna sul tema del fine vita, dopo labocciatura da parte della Corte Costituzionale del referendum sull'eutanasia.

Secondo il segretario dem ora tocca al parlamento intervenire sul tema, velocizzando la discussione sulla proposta di legge sul suicidio assistitoper dare una risposta a 1 milione e 220mila cittadini che avevano firmato a favore del referendum proposto dall'Associazione Luca Coscioni: "Una politica fuori dal tempo, un Parlamento lontano dalla società". Inizia così il pezzo di Letta sul quotidiano.

Il primo round alla Camera si è consumato la scorsa settimana. Non sono passati gli emendamenti soppressivi presentati da Lega e Forza Italia, che avrebbero affossato il provvedimento firmato da Pd e M5S. I due emendamenti soppressivi avevano come primo firmatario Alessandro Pagano per la Lega e Pierantonio Zanettin per Forza Italia. I due partiti di centrodestra non avevano chiesto il voto segreto, e quindi gli emendamenti sono stati bloccati con 262 voti contrari, e 126 favorevoli.

"Nella rappresentazione della crisi dei partiti – scrive Letta – sempre più spesso, agli argomenti abusati dell'antipolitica, si accompagna una critica più fondata di scarso ancoraggio alla realtà. In effetti, tutto intorno cambia e si trasforma. La modernità fatica a entrare nell'agenda del legislatore e nell'inerzia i vuoti normativi si accumulano. È quanto sta avvenendo sul fine vita, su cui i partiti hanno la responsabilità di agire al più presto. Perché tanta impellenza? Perché c'è una pressione dall'alto, cioè la sentenza della Corte Costituzionale del 2019 dopo il caso Cappato-Dj Fabo sul cosiddetto "suicidio assistito".

"Ma anche perché c'è, e rimarrà forte, una spinta dal basso, specie dopo la bocciatura, da parte di quella stessa Corte, del quesito sull'eutanasia sostenuto da oltre un milione di cittadini. È vero: sono questioni non completamente sovrapponibili, ma entrambe investono il confine tra la vita e la morte; interrogano e mobilitano. Quanto a lungo vogliamo mortificare le aspettative di una società che sui diritti civili dimostra spesso di essere più matura ed esigente della propria classe dirigente?".

"Si è detto: "ora spetta al Parlamento". È così, compete alla politica scegliere e io ritengo che ci siano le condizioni per farlo con equilibrio e con la massima condivisione possibile. L'importante è che si sgombri il confronto da ogni polarizzazione tossica. Siamo chiamati a deliberare sull'autodeterminazione della persona e sulla sofferenza intima dell'essere umano in quanto tale. Esiste qualcosa di più universale? Credo di no. Con la stessa convinzione penso che nessuno – a destra o a sinistra, tra i laici o i cattolici – possa onestamente dirsi immune dal dubbio e non avvertire sulle proprie spalle il dovere di intervenire su un bisogno così urgente e lacerante. Un peso su cui, nello stesso mondo cattolico, anche voci autorevoli come quella di Civiltà Cattolica , si sono espresse, leggendo il fenomeno nella sua corretta angolatura storica". 

E ancora: "Se ne discute in tutte le democrazie avanzate. Lo fanno i Parlamenti, lo fanno, come in Germania o in Austria, i supremi organi giurisdizionali. Ovunque, a toccare le coscienze, in parallelo con l'evoluzione della sensibilità collettiva sul tema, è l'impatto dei progressi della scienza medica sulla vita e anche sulla morte dei cittadini. La tecnologia allunga l'esistenza sì, ma nello stesso tempo determina un aumento esponenziale, inipotizzabile anche solo venti o trent'anni fa, di persone in condizioni drammatiche. Quanto in là può spingersi il limite? E come conciliare la tutela del diritto alla vita con quello, altrettanto dirimente, a una morte dignitosa? Sono dilemmi etici e politici. E l'unico modo per scioglierli, senza sconfinare indebitamente fuori dall'ambito circoscritto dell'intervento statuale, è muoversi dentro il perimetro delimitato dalla Costituzione e dalle indicazioni della Consulta. È su questa base che si fonda la proposta di legge sulla morte medicalmente assistita promossa da Alfredo Bazoli e Nicola Provenza. Le condizioni per la depenalizzazione del reato di aiuto al suicidio sono molto stringenti: la presenza di una malattia irreversibile e di sofferenze intollerabili, l'accertamento dei trattamenti di sostegno vitale, l'esperienza provata di un percorso di terapia del dolore e cure palliative. E poi un prerequisito non negoziabile: il libero arbitrio. Vale a dire la capacità del malato, verificata oltre ogni dubbio, di assumere una scelta libera e consapevole. Tutto questo a tutela dei più fragili e vulnerabili, delle persone sole o anziane, di chi per le ragioni più disparate può essere condizionato dalle pressioni di soggetti terzi e non disinteressati".

"È una proposta equilibrata, suscettibile di miglioramenti. Una legge perfettibile che prova, con la gradualità necessitata dalla complessità della materia, a colmare quel vuoto normativo, come già è avvenuto con il testamento biologico o con la sedazione palliativa profonda. Tutte conquiste ottenute grazie alla spinta di opinione pubblica e movimenti, a partire da quello radicale, e che oggi sono diffusamente accettate come virtuose. A dimostrazione che il diritto non è immobile e che le leggi migliori sono quelle che sanno sapientemente conformarsi all'evoluzione della società e dei suoi bisogni. La proposta non deve essere una bandiera di parte. Dopo due anni di emergenza sanitaria, dopo che la malattia ha permeato ogni aspetto della nostra quotidianità e del dibattito pubblico, dopo oltre 150 mila vittime e tanto dolore e incertezza, il Paese ha bisogno di tutto fuorché di uno scontro di civiltà sulla vita e la morte. E se l'iniziativa, arricchita dal dialogo e dal contributo costruttivo di tutti i partiti, riesce ad alleviare un po' di quel dolore e a portare meno incertezza, tutti insieme avremmo concorso a ricucire uno strappo profondo con l'opinione pubblica. E a rafforzare la dignità del Parlamento e di chi vi siede, in rappresentanza della sovranità della nazione".

"Ci sono obiezioni, molte legittime. Per alcuni, i contrari al referendum, è troppo; per altri, i promotori, è troppo poco. Ne sono consapevole. Ma l'esclusione da parte della Corte del quesito obbliga ad un'unica via, quella parlamentare. E in un Parlamento come quello attuale, senza una chiara maggioranza politica, non può che trovarsi un punto di equilibrio tra posizioni diverse. Altrimenti, oltre alle polemiche, a continuare saranno solo le sofferenze, insieme alla perdita di credibilità della politica tutta. Noi non ci rassegniamo e non ci rassegneremo mai a questo scenario. Perché prima di tutto vengono le persone. Coi loro drammi e il loro dolore".

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