Fassino: “Se il Parlamento chiudesse sei mesi nessuno se ne accorgerebbe”

Il Corriere della Sera ha intervistato il sindaco di Torino, Piero Fassino. Nell’intervista il leader dell’Anci ha criticato duramente il sistema politico italiano, costruito attorno alla centralità del parlamento e dei partiti nel quale lui stesso e molti altri leader del PD sono cresciuti. “Lo dico con dolore: ma se il Parlamento restasse chiuso sei mesi, potrebbe perfino capitare che nessuno se ne accorga" afferma l’ex segretario dei DS. "Il Parlamento – ha spiegato ad Aldo Cazzullo – ha perso la sua centralità perché la decisione politica è cambiata nelle due variabili dello spazio e del tempo. Nel mondo globale e dell'Europa integrata, sono sempre di più le decisioni che non vengono prese nei singoli Stati: questo ha indebolito le istituzioni nazionali". La soluzione? "Dobbiamo ripensare le forme della democrazia politica. Noi – osserva – siamo cresciuti in una Repubblica parlamentare, con un governo subordinato al Parlamento, e i partiti a organizzare la rappresentanza. Tutto questo si sta consumando rapidamente", dice Fassino.
A D'Alema e Bersani: "Il passato non torna"
Fassino si dice orgoglioso della propria formazione politica in un "grande partito che era anche una grande comunità di vita". Ma aggiunge: ”Quel partito era figlio del ‘900 e del fordismo, che non era solo un modo di organizzare la produzione ma di organizzare la società. Era fordista anche il Pci". Ma sono cambiate moltissime cose. Fassino torna anche sull'ipotesi di una scissione nel Pd: "se qualcuno ci pensa, pensa a una velleità. L'ultima cosa che avrebbe oggi mercato e appeal è un nuovo partito". E al giornalista che gli chiede perché, al contrario di D'Alema e Bersani, abbia scelto di aprire a Renzi l'ex segretario Ds dice: "perché guardo al futuro di questo Paese. È inutile avere nostalgia di una cosa che non potrà più essere come prima. Viviamo l'epoca in cui un movimento arriva al 25%" "senza una sezione, senza una tessera, senza un segretario".