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Opinioni

Famiglia nel bosco, come il governo che dice di aver a cuore i bambini sta usando il caso per fini elettorali

Il governo Meloni sta sfruttando il clamore mediatico del caso della famiglia che ha scelto di vivere in un bosco in Abruzzo per riaccendere lo scontro con i magistrati, in vista del referendum confermativo sulla separazione delle carriere.
A cura di Annalisa Cangemi
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Bambini “rubati alla famiglia”, “strappati”, “sequestrati”, “rapiti” alla loro mamma e al loro papà. La narrazione sulla vicenda della coppia genitori che ha scelto di crescere i propri figli, una bambina di 8 e due gemellini di 6 anni, in un bosco in Abruzzo, non potrebbe essere caricata e appesantita da toni più gravi, da termini più tragici e connotati negativamente.

L’Italia si è divisa sul caso della famiglia anglo-australiana, soprattutto dopo la decisione del tribunale per i minorenni di L’Aquila, che ha disposto, con un provvedimento del 20 novembre, la sospensione della responsabilità genitoriale di Nathan Trevaillon e di Catherine Birmingham, l’allontanamento dei tre fratellini dalla loro casa nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, e il loro collocamento in casa famiglia, nominando un legale come tutore provvisorio e affidando al Servizio sociale il compito di offrire “adeguato sostegno psicologico e di disciplinare la frequentazione tra genitori e figli”.

Delle motivazioni che hanno spinto il tribunale a emanare questo decreto si è parlato a lungo: il Servizio sociale aveva segnalato “la condizione di sostanziale abbandono in cui si trovavano i minori, in situazione abitativa disagevole e insalubre e privi di istruzione e assistenza sanitaria”, si legge nell’ordinanza. I piccoli non avevano un pediatra e non frequentavano la scuola, per scelte ideologiche dei genitori. La situazione era emersa a seguito di un’intossicazione da funghi, che aveva costretto la famiglia ad andare al pronto soccorso.

Non si tratta comunque di una decisione presa all’improvviso, ma l'ordinanza è arrivata a valle di un percorso iniziato lo scorso anno, dopo il ricovero dei bambini. In ogni caso non c’è ancora un verdetto definitivo, ci saranno sviluppi e approfondimenti sul benessere dei minori, alla luce anche del fatto che riguardo all’istruzione scolastica, si legge sempre nell’ordinanza, i genitori “hanno prodotto un certificato di idoneità alla classe terza” per la figlia più grande, ma “non hanno esibito al Servizio sociale, né prodotto in giudizio, la dichiarazione annuale al dirigente scolastico della scuola più vicina sulla capacità tecnica o economica di provvedere all’insegnamento parentale, diretta a consentire al dirigente scolastico il controllo della fondatezza di quanto dichiarato”.

L’istruzione parentale è ammessa in Italia, ma bisogna attenersi a determinate regole: chi sceglie questo tipo di percorso educativo per i propri figli è tenuto a rilasciare al dirigente scolastico della scuola più vicina un’apposita dichiarazione, che va rinnovata ogni anno, circa il possesso della capacità tecnica o economica per provvedere all’insegnamento parentale. Il dirigente scolastico ha poi il dovere di accertare la “fondatezza” di questa comunicazione. Si tratta di una via che in epoca post Covid ha attratto un numero crescente di famiglie in Italia. Nel periodo pre-pandemia solo un migliaio di famiglie la utilizzava, mentre in altri Paesi era un sistema più diffuso (cinque anni fa si parlava di 2 milioni di ragazzi istruiti in casa negli Stati Uniti, 70mila in Inghilterra, 60mila in Canada, 3mila in Francia 3mila, 2mila in Spagna).

Il caso della famiglia nel bosco e le tifoserie sui social

Al di là delle statistiche, sebbene sia umano empatizzare e preoccuparsi del destino di questa famiglia – sia perché ci sono dei bambini coinvolti, sia perché è facile identificarsi istintivamente con qualcuno che sceglie una vita ‘pura’ a contatto con la natura, e proiettare in quella scelta estrema un sogno di evasione e una promessa di felicità lontana dallo stress e dalle malattie della società capitalistica – non possiamo fare l’errore di banalizzare la vicenda, trasformandola in una favola o raccontandola come una dinamica conflittuale tra uno Stato invadente e spietato e una coppia che lotta per la libertà di educare i propri bambini secondo i principi che ritiene più sani e corretti. Rischieremmo di farci guidare unicamente dall’emotività senza provare ad analizzare a fondo i fatti. Soprattutto nell’interesse dei minori, che di certo stanno affrontando momenti traumatici e dolorosi.

E invece è esattamente quello che sta succedendo: il dibattito sta diventando sempre più polarizzato e violento. I social network sono pieni di post in cui gli utenti si arrogano il diritto di emettere sentenze senza avere tutti gli elementi in mano, demonizzano il comportamento di questi genitori oppure li appoggiano in modo fideistico come se li conoscessero personalmente. I principali responsabili sono gli esponenti del governo, che stanno riuscendo nell’inqualificabile operazione di sfruttare a proprio vantaggio il caso mediatico, non solo gettando un’ombra sulle decisioni del giudice che ha firmato l’ordinanza, ma solleticando consapevolmente la pancia a un certo populismo che strizza spesso l’occhio a un pericoloso anarchismo antisistema, a un rifiuto a priori delle regole del vivere in comunità, in nome della difesa a prescindere del principio di autodeterminazione, anche a scapito del buon senso, della prudenza e dell’incolumità, personale e altrui.

Chi scrive non propone argomenti per criticare o appoggiare le decisioni di tribunale – non spetta a noi minimizzare o esasperare la discussione, bisogna attendere gli accertamenti delle autorità – ma qui si vuole mettere in evidenza piuttosto il bieco cinismo del governo, che cavalca da giorni questa storia per mero interesse e calcolo elettorale, e per alzare l’asticella dello scontro con la magistratura, in preparazione della campagna del referendum sulla giustizia.

Scontro governo-magistrati: sullo sfondo il referendum sulla giustizia

Tutto è iniziato con un post di Matteo Salvini, pubblicato sui social venerdì 20 novembre, in cui il vicepremier ha annunciato di voler seguire direttamente la vicenda, mettendo a confronto il trattamento persecutorio subito da questa famiglia con la condizione dei campi rom. Da allora è stato un crescendo di attacchi (anche razzisti) e notizie distorte. Salvini ha accusato il tribunale, dicendo che ha “portato via” i bambini alla coppia (circostanza tra l’altro smentita dal fatto che la madre è nella stessa struttura a Vasto in cui si trovano i piccoli) e poi se l’è presa con la sinistra che vuole tutto “green”, mentre ”qualcuno rovina la vita alla famiglia che ha scelto la vita più Green e naturale del mondo”.

A stretto giro, le preoccupazioni di Salvini sono state condivise da Giorgia Meloni, che ha valutato, in accordo con il ministro Nordio, l'invio di ispettori del ministero della Giustizia per verificare la gestione del procedimento. È un chiaro attacco ai giudici del Tribunale dei minori dell'Aquila, che ha riaperto lo scontro tra i poteri dello Stato. Al punto che è stata necessaria una nota dell’Associazione Nazionale Magistrati, che ha invitato “al rispetto del ruolo della giurisdizione in una vicenda che coinvolge valori tra i più delicati: il diritto della famiglia a determinare le proprie scelte di vita e, al tempo stesso, il dovere di tutela dei minori previsto dalla nostra Costituzione”.

E ancora: “Il provvedimento di sospensione della podestà genitoriale del Tribunale per i minorenni di L’Aquila si fonda su valutazioni tecniche e su elementi oggettivi: sicurezza, condizioni sanitarie, accesso alla socialità, obbligo scolastico. Ed è stato assunto nel rispetto delle norme vigenti e con finalità esclusivamente protettive”. L’Anm poi ha chiesto di evitare “le strumentalizzazioni di certa politica”, nel “rispetto dei diritti dei minori”.

Con quali motivazioni il ministro Nordio si ostini a parlare di provvedimento “grave” non è chiaro. Quel che è certo è invece l’obiettivo di questo ennesimo tentativo di delegittimazione della magistratura: minare sempre più la fiducia dei cittadini nella giustizia, in modo da sostenere con più forza l’esigenza di un’azione punitiva, di assestare un colpo al potere giudiziario. In sostanza: spianarsi la strada per il referendum confermativo sulla separazione delle carriere.

Salvini e Meloni difendono i bambini, ma solo quelli delle famiglie ‘tradizionali'

Salvini in modo del tutto prevedibile ha esultato per la reazione muscolare del governo, per il possibile invio degli ispettori dal ministero della Giustizia al tribunale per i minorenni dell’Aquila, e probabilmente presto lo vedremo in Abruzzo, per tenere al massimo i riflettori su di sé, sfruttando il clamore della vicenda giudiziaria. Ma in questo caso il punto debole della strategia comunicativa del vicepremier leghista è l’assenza di coerenza: è vero che la famiglia è un tema caro alla destra, soprattutto in campagna elettorale, ma è altrettanto vero che il diritto dei minori a stare con i propri genitori, diritto che il governo dice di voler salvaguardare, sembra passare in secondo piano se questi genitori sono coppie Lgbt. In questo secondo caso il governo continua a negare il diritto alle famiglie arcobaleno a esistere. Insomma, basta che si rispetti la sacralità della famiglia tradizionale, e allora va tutto bene. Ma nel caso dei figli di coppie omosessuali la presunta felicità dei bambini cessa di essere un argomento: lo Stato che si intromette nella vita privata delle persone non suscita indignazione o vergogna.

Salvini e Meloni sostengono poi le posizioni di chi vorrebbe impedire alle donne di decidere liberamente del proprio corpo. Il controsenso logico è palese: questo governo continua a tuonare contro il diritto di abortire, in difesa del diritto del nascituro, ma scatta come una molla se un magistrato cerca di tutelare un bambino già nato, interrogandosi sull'opportunità di intervenire, qualora le scelte dei genitori fossero nocive per i figli. Dov’è in questo caso la tanto rivendicata difesa dei minori?

Eppure c’è un disegno, questo invece molto lineare, che questo esecutivo intende perseguire. Basta unire i puntini: la postura assunta nei confronti della coppia anglo-australiana in Abruzzo, che dovrebbe essere libera di impartire l’educazione ai propri figli secondo i metodi che più ritiene consoni; i favori alle scuole private nella legge di Bilancio (l’esenzione Imu per le paritarie e un buono per l'iscrizione nelle scuole private sono due proposte della maggioranza); l’aumento dei fondi alle paritarie; l’obbligo di consenso informato dei genitori per attività legate all’educazione sessuale in classe; sono tutti segnali del preoccupante piano di smantellamento della scuola pubblica, già messa a dura prova dai tagli e dall’assenza di finanziamenti.

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Giornalista professionista dal 2014, a Fanpage.it mi occupo soprattutto di politica e dintorni. Sicula doc, ho lasciato Palermo per studiare a Roma. Poi la Capitale mi ha fagocitata. Dopo una laurea in Lettere Moderne e in Editoria e giornalismo ho frequentato il master in giornalismo dell'Università Lumsa. I primi articoli li ho scritti per la rivista della casa editrice 'il Palindromo'. Ho fatto stage a Repubblica.it e alla cronaca nazionale del TG3. Ho vinto il primo premio al concorso giornalistico nazionale 'Ilaria Rambaldi' con l'inchiesta 'Viaggio nell'isola dei petrolchimici', un lavoro sugli impianti industriali siciliani situati in zone ad alto rischio sismico, pubblicato da RE Le Inchieste di Repubblica.it. Come videomaker ho lavorato a La7, nel programma televisivo Tagadà.
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