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Eurostat: in Italia il 12,2% dei lavoratori vive sotto la soglia della povertà

Una statistica elaborata da Eurostat (database dell’Unione Europea) evidenzia che in Italia il 12,2% degli occupati può essere considerato un ‘working poor’, un lavoratore povero. Questo perché vengono percepiti degli stipendi troppo bassi o vengono stipulati contratti che prevedono troppe poche ore per permettere uno stile di vita al di sopra della povertà.
A cura di Chiara Caraboni
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Il lavoro probabilmente nobilita l’uomo, ma non sempre lo arricchisce. A spiegarlo è la Commissione europea che, tramite una ricerca condotta da Eurostat, illustra come in molti stati dell’Unione europea ci sia una percentuale (più o meno alta) di lavoratori a rischio di povertà. Questo cosa significa? Vuol dire che esiste una categoria di lavoratori con stipendi così bassi da toccare la soglia della povertà. Nonostante, appunto, lavori. Più precisamente, per Eurostat (la banca dati dell'Ue) significa percepire “un reddito disponibile equivalente al di sotto della soglia del rischio di povertà, che è fissata al 60% del reddito disponibile equivalente medio nazionale”, considerando i contributi sociali. In un periodo storico in cui non si lavora più per vivere, ma si vive per lavorare, i dati quindi dimostrano che anche questo non basta più.

L’Italia in questa statistica non raggiunge il podio, ma si classifica al quarto posto con una percentuale di cosiddetti working poor (lavoratori poveri) pari al 12,2% nel 2017. Il primo posto è conquistato dalla Romania dove il 17,4% degli occupati adulti si può considerare povero, poi la Spagna con il 13,1% e infine il terzo posto è della Grecia, che calcola il 12,9% dei lavoratori con reddito così basso da faticare ad arrivare alla fine del mese. Altri paesi come Francia, Germania e Regno Unito invece, secondo gli ultimi dati raccolti nel 2016, fermano la loro percentuale di lavoratori poveri sotto il 10%. Ciò che, purtroppo, è doveroso sottolineare è che questa percentuale in Italia, considerando il lasso di tempo compreso tra il 2008 e il 2017, ha realizzato una crescita costante negli anni. È vero infatti, secondo i dati, che all’inizio della crisi economica mondiale la percentuale italiana era pari al 9%, è aumentata nel 2016 fino all’11,7% e nel 2017 ha continuato ad alzarsi ancora fino al 12,2%. Questo aumento progressivo è ciò che ci differenzia dagli altri paesi europei: in Grecia per esempio, uno degli stati più colpiti dalla crisi, nel 2008 i lavoratori considerati sulla soglia della povertà erano circa il 14% e nel corso degli ultimi otto anni sono scesi al 12,9%, come riportato precedentemente. Questo grazie a una strategia politica indirizzata proprio a diminuire la categoria.

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