Educazione sessuale alle medie, ok della Camera: ma non sarà obbligatoria e servirà il consenso dei genitori

L'Assemblea di Montecitorio ha dato il via libera a diversi emendamenti sul Ddl del consenso informato, tra cui uno della Lega, che riguarda l'educazione sessuale e affettiva nelle scuole medie. Gli interventi approvati correggono parzialmente la versione votata in commissione, rimuovendo il divieto per le medie e allineandole alle superiori, dove per partecipare ai percorsi è però necessario il consenso dei genitori.
Il provvedimento, arrivato dopo settimane di confronto acceso tra il ministro Valditara e le opposizioni, definisce un quadro comune per medie e superiori, ma non chiarisce chi riceverà concretamente l'educazione sessuale. La norma non la rende obbligatoria né la inserisce nei programmi scolastici: si limita infatti a stabilire le regole per le attività che le scuole eventualmente decideranno di attivare. Ed è proprio qui che si aprirebbe la frattura.
Come funzionerà il consenso
Il provvedimento stabilisce che qualunque attività legata a sessualità, affettività, relazioni, orientamento o tematiche correlate, che sia curricolare o extracurricolare, potrà essere svolta solo con consenso informato e preventivo. Alle medie e alle superiori:
- Il consenso deve arrivare dai genitori, se lo studente è minorenne, oppure dallo studente stesso se maggiorenne;
- Va richiesto almeno sette giorni prima, con un modulo dettagliato su obiettivi, contenuti, modalità e presenza di esperti esterni;
- Durante le attività che coinvolgono minori è obbligatoria la presenza di un docente.
Infanzia e primaria restano escluse: lì l'educazione sessuale è semplicemente vietata.
Cosa accade se la scuola non propone nulla o se i genitori negano il consenso
Il meccanismo del provvedimento è chiaro, ma le sue conseguenze pratiche appaiono meno lineari. In Italia, l'educazione sessuale non è obbligatoria: le scuole possono proporla, ma non sono tenute a farlo. Con questa legge, potranno attivare i percorsi solo se ottengono il consenso delle famiglie. Tradotto: se una scuola non attiva alcun progetto, nessuno studente riceverà formazione in ambito sessuo-affettiva; se la scuola attiva un percorso ma molti genitori negano l'autorizzazione, quelle classi resteranno escluse; gli studenti assenti saranno indirizzati ad attività alternative, ma non parteciperanno a percorsi di educazione sessuale veri e propri.
Il rischio è insomma evidente, si potrebbero creare nuove disuguaglianze. Alcune scuole offriranno percorsi completi; altre non li attiveranno mai. Alcuni studenti avranno strumenti per orientarsi nelle relazioni, per capire il consenso e costruire relazioni sane; altri resteranno invece soli, esposti a informazioni frammentarie, stereotipi di genere e contenuti potenzialmente violenti o discriminatori che circolano online.
Il governo difende il testo come una garanzia di trasparenza e rispetto della sensibilità familiare, ma l'emendamento così com'è rischia di lasciare il destino dell'educazione sessuale ancora una volta nelle mani delle famiglie, invece di fare della scuola un presidio educativo e preventivo, capace di contrastare discriminazioni, violenze e stereotipi di genere.
Il provvedimento passa ora al Senato, ma lo scontro politico non si placa. Tra chi considera il consenso una tutela e chi lo interpreta come un freno, resta aperta la domanda centrale: chi assicurerà davvero alle nuove generazioni un'educazione sessuale completa, uniforme e accessibile, prima che lacune formative e disuguaglianze diventino irreversibili?