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Come Salvini ha (di nuovo) fatto casino sui “fondi europei” alle ONG

Matteo Salvini torna ad attaccare le Ong. Questa volta lo fa in riferimento a un articolo intitolato “L’Ue regala 11 miliardi alle Ong e non vuole spiegarci il perché”. Ci sono molti elementi fuorvianti e problematici in un’affermazione come questa: la Lega denuncia la mancanza di trasparenza sui finanziamenti di Bruxelles alle organizzazioni, ma non racconta la storia a 360 gradi. Facciamo chiarezza.
A cura di Annalisa Girardi
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"La Lega ha chiesto alla Commissione europea di spiegare come vengano spesi e a chi vadano i soldi dei cittadini italiani ed europei, miliardi in regalo delle Ong. Risposta: ‘Si prevede la preparazione dell'elenco dei beneficiari non prima del 2021'. Alla faccia": questo l'ultimo tweet del leader del Carroccio, Matteo Salvini, in attacco alle organizzazioni non governative. Non è certo la prima volta che l'ex ministro dell'Interno criminalizza le Organizzazioni umanitarie: durante la sua permanenza al Viminale Salvini ha promosso una retorica di screditamento delle Ong impiegate nel salvataggio della vita umana in mare, accusandole di lavorare fianco a fianco dei trafficanti e di lucrare sull'immigrazione clandestina.

L'ultimo riferimento è a un articolo pubblicato domenica scorsa sul quotidiano La Verità intitolato "L'Ue regala 11 miliardi alle Ong e non vuole spiegarci il perché". Ci sono molti elementi fuorvianti e problematici in un'affermazione come questa. Ma procediamo con ordine.

L'accusa della Corte dei Conti europea

Quando Salvini scrive che il Carroccio ha chiesto a Bruxelles di fare chiarezza sugli 11 miliardi di euro "regalati alle Ong" sta alludendo a un'interrogazione presentata dal gruppo parlamentare in Europa in cui si inseriscono gli eurodeputati leghisti. Una petizione che chiede maggiore trasparenza sui fondi elargiti dalla Commissione e destinati alle Ong e che si basa su una raccomandazione presentata lo scorso 18 dicembre 2018 dalla Corte dei Conti secondo cui la Commissione dovrebbe essere più chiara nella concessione di finanziamenti alle organizzazioni non governative. La relazione affermava "che la Commissione non è stata sufficientemente trasparente riguardo all’attuazione di fondi UE da parte di ONG, e che è necessario compiere maggiori sforzi per migliorare la trasparenza".

Le preoccupazioni emerse dal rapporto della Corte dei Conti, fondamentalmente, erano due: da un lato ci si chiedeva a che tipo di Ong fossero stati destinati questi 11 miliardi di euro, denunciando quindi l'opacità che regnava sulla destinazione dei finanziamenti, mentre dall'altro si puntava il dito contro una mancanza di chiarezza generale, riguardo al passaggio di denaro dell'esecutivo Ue alle varie organizzazioni. In risposta, la Commissione aveva affermato: "Si prevede la preparazione dell'elenco dei beneficiari non prima del 2021". Un riscontro che non era piaciuto all'ala sovranista dell'Europarlamento, che nell'anno successivo si è mobilitata per denunciare l'assenza di trasparenza nei rapporti economici fra Ue e Ong.

L'interrogazione del deputato leghista Zanni

Come anticipato, l'articolo condiviso da Salvini riguarda l'interrogazione presentata a settembre all'Europarlamento, e diretta alla Commissione europea, dal gruppo Identità e democrazia (Id), di cui fa parte anche la Lega. È stato proprio il presidente del gruppo, il leghista Marco Zanni, ad avanzare una richiesta di chiarimento in merito ai fondi europei destinati alle Ong. La petizione chiede alla Commissione se possa "certificare che la spesa dei fondi Ue, veicolati attraverso le Ong, non stia finanziando organizzazioni legate (…) al traffico di esseri umani".

Secondo la relazione speciale 35/2018 della Corte dei conti, l'1,7 % del bilancio dell'UE e il 6,8 % dei Fondi europei di sviluppo sono eseguiti attraverso le ONG: durante il periodo 2014-2017 la Commissione ha impegnato circa 11,3 miliardi di euro.
Inoltre, secondo la relazione:—la Commissione non è stata sufficientemente trasparente circa l'esecuzione dei fondi UE da parte di ONG;
—l'assegnazione dello status di ONG nel sistema contabile della Commissione è basato solo sull'autodichiarazione e su controlli troppo limitati;
—le informazioni raccolte sui fondi UE gestiti dalle ONG non sono uniformi: in particolare, nell'ambito dell'azione esterna, sulle reti di ONG internazionali e nei progetti di gestione indiretta, la Commissione non dispone di informazioni complete;
—la mancanza di informazioni disponibili ha ostacolato i controlli della Commissione.
Considerando:
—le preoccupanti mancanze della Commissione registrate dalla Corte dei conti europea;

—i sospetti di coordinamento tra ONG e scafisti nel Mediterraneo;
—la risposta data all'interrogazione E-000612/2019, dove si prevede l'elenco dei beneficiari di contratti con l'UE non prima del 2021;
Ciò premesso, si chiede alla Commissione: Può certificare che la spesa dei fondi UE veicolati attraverso le ONG, specialmente nell'ambito dell'azione esterna, non stia finanziando indirettamente organizzazioni legate al crimine, al riciclaggio di denaro, al terrorismo e al traffico di esseri umani nel Mediterraneo?

Già qui la questione è diversa: in poche parole, non si sta più chiedendo trasparenza sul finanziamento in sè, ma se la Commissione sia in grado di assicurare che i fondi destinati alle Ong non stiano supportando azioni illegali, come il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. La risposta da Bruxelles è chiara.

La relazione della Corte dei conti europea non implica che la gestione da parte della Commissione dei finanziamenti destinati alle Ong dell'Unione comporti un rischio più elevato di riciclaggio, finanziamento del terrorismo o altre condotte criminose. Inoltre dalla valutazione sovranazionale del rischio 2019 condotta dalla Commissione1 nel quadro della quarta direttiva antiriciclaggio2 emerge che per le Ong beneficiarie di finanziamenti europei il livello di minaccia in termini di riciclaggio, finanziamento del terrorismo e vulnerabilità è "scarsamente significativo". Nondimeno, il sistema di individuazione precoce e di esclusione applicabile a tutte le istituzioni dell'Ue permette di escludere dai finanziamenti dell'Unione i soggetti, comprese le Ong che si trovano coinvolti in attività di riciclaggio, reati di terrorismo, tratta degli esseri umani, ecc. Il sistema si applica alle sovvenzioni e alla gestione indiretta, compresi i terzi che beneficiano indirettamente dei fondi dell'Ue. La Commissione controlla inoltre la corretta esecuzione dei fondi dell'Unione; lo stesso fanno la Corte dei conti europea e l'Ufficio europeo per la lotta antifrode. Il sistema assicura un ragionevole livello di garanzia in merito alla tutela dei fondi dell'Unione.

Il problema della classificazione delle Ong

Alcuni mesi prima, Zanni aveva presentato un'altra interrogazione parlamentare, in cui accusava la Commissione di non essere sufficientemente trasparente e di non disporre di informazioni dettagliare circa le modalità di utilizzo dei fondi. In quel caso Zanni si era concentrato su un altro aspetto problematico evidenziato sempre dalla Corte dei Conti, cioè il meccanismo di individuazione delle organizzazioni umanitarie: "Il sistema attualmente utilizzato per classificare le organizzazioni come Ong non è affidabile né attendibile in quanto l'assegnazione dello status di Ong nel sistema contabile della Commissione è basato su autodichiarazioni, mentre i controlli sono limitati".

Anche in quell'occasione la Commissione aveva chiarito, spiegando di gestire "i fondi dei contribuenti dell'Ue nel pieno rispetto del quadro normativo dell'Unione e di adoperarsi per migliorare costantemente i propri sistemi". Affermando che avrebbe tenuto conto delle raccomandazioni della Corte dei Conti, aveva anche aggiunto: "In materia di subcontratti di sovvenzione, anche nel contesto delle reti delle organizzazioni non governative, le norme sono state chiarite nel regolamento finanziario del 2018, garantendo quindi un'applicazione uniforme. Per i progetti attuati da vari beneficiari, in alcuni settori politici (ad es. la ricerca) la Commissione dispone di informazioni dettagliate su tutti i beneficiari dei fondi UE. Per altri (ad es. le relazioni esterne) la Commissione sta sviluppando un sistema di gestione che consentirà di registrare i finanziamenti a tutti i beneficiari di un contratto con l'UE, il cui completamento è previsto per il 2021".

La Commissione, inoltre, per quanto riguardava la classificazione delle organizzazioni come Ong segnalava che il termine specifico non avesse una definizione ufficiale né in diritto internazionale né in quello europeo: "Vi sono tuttavia due criteri comunemente accettati per identificare un'organizzazione come Ong: deve essere un'organizzazione privata e senza scopo di lucro. Le organizzazioni che soddisfano questi due criteri, che sono oggettivi e verificati dai servizi della Commissione, sono autorizzate a identificarsi come Ong. La modifica del sistema richiederebbe un'armonizzazione a livello dell'Ue del concetto di Ong, che dovrebbe essere approvata dai legislatori. La Commissione non può definire tali criteri autonomamente. Viste le diverse interpretazioni del concetto di Ong tra Paesi e settori politici, un'armonizzazione potrebbe risultare problematica".

Trasparenza e strumentalizzazione

Dopo la pubblicazione dell'articolo sugli "11 miliardi regalati alle Ong", non si sono fatte attendere le reazioni, oltre a quella di Salvini. Il docente di diritto internazionale all'università La Sapienza di Roma, Augusto Sinagra, si è affrettato a commentare: "La Commissione Ue nasconde un'illecita attribuzione di fondi. Andrebbe accertato quali sono le associazioni che hanno beneficiato dei finanziamenti ed anche le loro finalità. Vanno valutati gli scopi che devono essere nell’interesse pubblico, non di quello privato. Il bilancio dell’Unione Europea non è un bancomat e se le Ong fanno servizio di deportati dalle coste della Libia all’Italia, non possono ricevere soldi".

Che non è altro che il messaggio che vuole passare Salvini. Una posizione che però vede solo parte del problema e ignora in toto le risposte che vengono fornite. Nella relazione della Corte dei Conti, così come nelle repliche della Commissione alle interrogazioni parlamentari, non c'è menzione di potenziale frode, né di carenza di rendicontazione da parte delle Ong. Non viene mai detto nel report che le organizzazioni utilizzano i fondi ricevuti in maniera trasparente, né si allude a un potenziale uso distorto delle risorse.

Se si vuole utilizzare la mancanza di chiarezza sulla distribuzione dei fondi per riproporre la retorica delle Ong che guadagnano sui soccorsi in mare, insomma, si ha sbagliato strada: i bilanci delle Ong, infatti, sono nella stragrande maggioranza dei casi pubblici e registrati presso le Agenzie delle Entrate del Paese di appartenenza. Le donazioni e i fondi che ricevono le organizzazioni, proprio per il loro fine che esclude qualsiasi scopo di lucro, sono facilmente rintracciabili e consultabili sul web. Guardando allo specifico caso italiano, inoltre, ciò appare ancora più ovvio: nel nostro Paese, infatti, le Ong sono anche iscritte all'elenco delle Organizzazioni della Società Civile (OSC) che operano nella cooperazione allo sviluppo gestita appunto dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics): per rinnovare la propria iscrizione presso l'ente, le organizzazioni sono tenute a pubblicare un rapporto annuale verso lo stesso che comprende anche il loro bilancio.

Quindi, in conclusione, il problema della trasparenza non riguarda la gestione dei fondi da parte delle Ong in sé, ma i controlli operati dagli organismi Ue per quanto riguarda l'assegnazione di quelle risorse. Una questione che vale anche per i finanziamenti diretti ad altri enti, fra cui molti pubblici, di cui però Salvini e il gruppo parlamentare a cui fa riferimento la Lega in Europa non fanno menzione. Sembrerebbe quindi che il problema principale non sia tanto la poca chiarezza per quanto riguarda il passaggio di denaro, ma il fatto che questo sia destinato a un attore sulla cui criminalizzazione il Carroccio ha costruito una campagna mediatica che ha contribuito a renderlo il primo partito nel Paese.

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