È finito l’anno, ma il Ponte sullo Stretto rimarrà una grande opera fantasma anche nel 2026

Anche quest'anno, niente da fare per il Ponte sullo Stretto. Lo ha ricordato al ministro dei Trasporti Matteo Salvini anche la figlia, Mirta, che per Natale come regalo ha preparato un modellino del Ponte, da lei realizzato, con un augurio speciale: "In attesa che tu costruisca quello vero, ti ho fatto il mio Ponte da portare in ufficio".
Insomma per il momento il dono della bambina, il modellino, è il simulacro del Ponte più concreto che il ministro leghista ha in mano, ma è sempre più illusorio. I cantieri non sono partiti e non si sa quando potranno aprire. Anche marzo, indicato recentemente anche dall'ad della società Stretto di Messina Ciucci come il mese dell'avvio dei lavori, sembra assolutamente irrealistico. Le speranze del governo di costruire davvero l'infrastruttura che dovrebbe collegare la Sicilia e la Calabria si sono sempre più affievolite nei mesi scorsi, schiacciate sotto il peso dei pronunciamenti della Corte dei Conti, che con due delibere pesantissime ha messo in discussione praticamente l'intero progetto, mettendo in evidenza criticità ambientali e procedurali, oltre alla violazione di direttive europee su ambiente e appalti, sollevando dubbi anche su costi di costruzione e manutenzione, definiti incerti. Ricordiamo che l'infrastruttura è interamente a carico dello Stato, con un costo stimato di 13,5 miliardi di euro (il piano economico finanziario comunque non è pubblico).
Le due bocciature della Corte dei Conti
Le bocciature sono state due: la prima a fine ottobre, quando i magistrati contabili si sono espressi negativamente sulla delibera Cipess relativa al Piano economico-finanziario dell’opera da 13,5 miliardi di euro; il secondo diniego, arrivato il 17 novembre, riguarda invece il decreto del 1 agosto che regola la convenzione firmata tra il ministero dei Trasporti e la società Stretto di Messina, che gestisce i lavori per la costruzione dell'infrastruttura. Di entrambi i pronunciamenti sono state rese note le motivazioni.
Con la seconda bocciatura sostanzialmente la Corte dei Conti ha evidenziato "perplessità" in riferimento all'art. 72 della direttiva 2014/24/UE, che disciplina la modifica di contratti durante il periodo di validità. In particolare nelle motivazioni si sottolinea come "l'amministrazione non abbia fornito una prova certa e rigorosa dell'avvenuto rispetto del contenimento dell'aumento di prezzo entro il limite del 50 per cento del valore del contratto iniziale, richiesto dal citato art. 72 della direttiva 2004/18/CE, richiamato dall'art. 4 del decreto legge 35/2023".
Secondo i magistrati contabili ci sarebbero poi forti dubbi sul costo complessivo dell'opera: "La valutazione degli aggiornamenti progettuali in misura pari a euro 787.380.000,00, in quanto frutto di un'attività di mera stima, rende possibile il rischio di ulteriori variazioni incrementali, incidenti – in disparte i problemi di reperimento di nuove coperture – sul superamento della soglia del 50 per cento delle variazioni ammissibili, anche in considerazione dei dati offerti dalla stessa Amministrazione".
Rispondendo a una domanda di Fanpage.it, l'ad della società Stretto di Messina, ha ribadito la sua linea sui costi di manutenzione e gestione del ponte, spiegando che il ponte è stato progettato per poter essere economicamente autosufficiente: secondo le stime del governo, la gestione della manutenzione ordinaria e straordinaria potranno essere coperte interamente dalle tariffe, e non ci sarebbe bisogno di un ulteriore impiego di risorse pubbliche, visto che si stima che l'infrastruttura sarà attraversata ogni anno da più di 10 milioni di autovetture. Una stima che molti esperti considerano assolutamente gonfiata.
Il ministro Salvini aveva ipotizzato tariffe di 10 euro per le auto, mentre lo stesso Ciucci in passato aveva dichiarato che le tariffe sarebbero state attorno ai 4 euro per le moto, 7 euro per le automobili e 10 per i camion. L'ad, intervistato da Fanpage.it prima che uscissero le motivazioni del secondo diniego, ha assicurato che la Corte ha fatto "una valutazione di legittimità, non nel merito", senza pronunciarsi sulle stime del traffico. Secondo Ciucci quel dato è stato stimato "in maniera prudente", "considerando anche l'ipotesi di un calo demografico".
"Ricordo che il nostro non è un ‘project financing' – ha aggiunto – Quindi il traffico, le tariffe e i ricavi, secondo il piano finanziario, devono coprire unicamente i costi di gestione e manutenzione, non devono recuperare l'investimento iniziale, che è coperto con risorse a fondo perduto dello Stato". Eppure per la Corte dei Conti sul capitolo costi rimane l'assoluta incertezza, e gli stessi dubbi erano stati già sollevati da diversi esperti. Come sappiamo, i giudici contabili hanno espresso preoccupazione proprio per l'impossibilità di determinare i costi dell'opera e le difficoltà a reperire le coperture. Ad oggi infatti il Ponte è interamente pagato con soldi pubblici mentre in origine si parlava di investimenti privati: significa che la natura del contratto è cambiata.
Cosa farà il governo nel 2026: il Ponte di Salvini vedrà mai la luce?
Già dopo il primo stop della Corte dei Conti il ministro Salvini aveva espresso l'intenzione di forzare la procedura, e di andare avanti con una "registrazione con riserva". In pratica il governo, teoricamente, potrebbe inviare una richiesta formale alla Corte, chiedendo sostanzialmente di ‘vistare' la delibera pur senza un parere favorevole, ritenendo "che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso".
Si tratta di una procedura tecnicamente possibile, consentita dalla legge, anche se non è stata mai utilizzata in passato per opere di questo valore (quasi 14 miliardi interamente a carico dello Stato). Poi, come sappiamo, il governo ha atteso le motivazioni dei giudici, e lo stesso Ciucci si era detto certo di poter rispondere a tutti i rilievi sollevati, punto su punto: "L'impegno da parte nostra, nel massimo rispetto della Corte, è quello di approfondire i rilievi sollevati, in modo da ottenere una registrazione ordinaria. Noi riteniamo di aver fatto tutto nel rispetto delle norme, italiane ed europee. Se non siamo stati in grado di dimostrarlo ci impegneremo a farlo nuovamente", aveva detto Ciucci a Fanpage.it.
Ma stando alle motivazioni con cui la Corte dei Conti ha per la seconda volta bocciato il progetto, uscite a dicembre, la situazione si è aggravata, e se il governo volesse andare avanti e riavviare le procedure, dovrebbe presentare un nuovo progetto con una nuova gara di appalto. Significa di fatto mettere una pietra tombale sul ponte, almeno per questa legislatura.
Nelle seconde motivazioni uscite è stato praticamente demolito tutto l'impianto del progetto, tassello dopo tassello. Se infatti nel primo stop la Corte aveva detto di essersi concentrata solo sui profili strettamente giuridici e non sul merito dell’opera, nel secondo diniego i giudici si sono soffermati sul rapporto di concessione, sui contratti, sul rapporto costi-benefici (documentazione non pubblica): "Questo progetto e tutti gli accordi collaterali legati al progetto sono a questo punto irrimediabilmente compromessi", ha detto a Fanpage.it l'avvocata Aurora Notarianni (WWF), che da anni segue il dossier del Ponte. La riprova è il fatto che il governo a questo punto non ha scelto la strada della "registrazione con riserva", superando il diniego di visto della Corte dei Conti sulla delibera Cipess, ma ha fatto sapere di voler continuare a lavorare per arrivare a una valutazione favorevole della Commissione europea sulle direttive Habitat e Appalti, al centro dei rilievi della Corte. L'iter insomma dovrebbe proseguire con la registrazione ordinaria, superando le criticità sottolineate dai giudici. L'esecutivo punta quindi a ottenere una deroga dalla Commissione europea, sia per quanto riguarda la normativa ambiente, sia per la normativa sulla concorrenza. "Ma questo difficilmente accadrà", secondo Notarianni.
La partita si sposta quindi a Bruxelles. le Associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF hanno presentato nei mesi scorsi un nuovo reclamo alla Commissione europea, denunciando la mancanza di una gara pubblica internazionale per l'affidamento dei lavori.
In particolare le associazioni hanno denunciato la reiterata violazione da parte dell’Italia degli artt.101/109 del TFUE e dell’art.72 della Direttiva 2014/14/UE sulla concorrenza. Questo reclamo si aggiunge a quello per la mancata applicazione della Direttiva sulla Valutazione Ambientale Strategica (Direttiva 2001/42/CE recepita in Italia dal Testo Unico Ambientale, Decreto Legislativo n. 152/2006) e a quelli presentati contro i due pareri della Commissione VIA VAS per la non corretta applicazione della Direttiva 92/43/CEE detta "Habitat" e della Direttiva 2009/147/CE per la "Conservazione degli uccelli selvatici". Mentre la Commissione europea, nelle sue diverse divisioni (Ambiente, Mobilità, Appalti, Concorrenza) sta esaminando i reclami presentati, da parte delle associazioni ambientaliste nuovi reclami sono in preparazione.