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Due giorni prima del lockdown il comitato tecnico scientifico consigliava misure differenziate

Pochi giorni prima che il presidente Giuseppe Conte annunciasse il lockdown in tutta Italia a causa dell’emergenza coronavirus, il comitato tecnico scientifico ipotizzava di “adottare due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui si è osservata maggiore diffusione del virus, l’altro sul territorio nazionale”. È quanto emerge dai verbali pubblicati oggi sul sito della Fondazione Einaudi.
A cura di Annalisa Girardi
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Cinque verbali del comitato tecnico scientifico, il team di esperti che ha affiancato il governo nella gestione dell'emergenza coronavirus, sono stati pubblicati oggi sul sito della Fondazioni Einaudi, dopo essere stati desecretati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Si tratta di alcuni verbali, non tutti, redatti dal comitato e utilizzati dal governo per prendere una serie di decisioni allo scoppio della pandemia nel nostro Paese. Uno dei verbali pubblicati è quello del 7 marzo scorso. Pochi giorni prima che il presidente Giuseppe Conte annunciasse il lockdown per tutta Italia. A quella data, solo la Lombardia e altre 14 province (Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Novara, Asti e Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli) erano considerate zona rossa. E il comitato tecnico scientifico ipotizzava di "adottare due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui si è osservata maggiore diffusione del virus, l'altro sul territorio nazionale".

Due giorni più tardi tuttavia, come sappiamo, il governo ha comunque deciso di chiudere l'intero Paese. Una scelta inizialmente criticata su più fronti, in quanto non tutti i territori presentavano una stessa diffusione del virus. C'erano Regioni, specialmente nel Sud del Paese, dove si contavano ancora pochissimi casi. I governatori quindi protestarono contro una chiusura generalizzata, accusando il governo di penalizzare anche delle aree dove questa non era necessaria. Il comitato di esperti allora suggeriva misure più rigorose in Regione Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria e Asti. Nel resto del territorio nazionale, invece, provvedimenti cautelari meno rigorosi.

Con l'introduzione del lockdown senza distinzioni tra i territori lo scorso 9 marzo, però, l'esecutivo ha scelto di estendere a tutto il Paese le norme più rigide. Rimaste poi in vigore per quasi due mesi. L'Italia è stata il primo Paese in Europa a introdurre provvedimenti di chiusura così rigidi, ma è stata presto seguita dagli altri Stati europei. Con l'attuazione della chiusura il governo non ha citato a giustificazione alcun atto del comitato tecnico scientifico. Non sappiamo se nelle riunioni avvenute tra l'8 e il 9 marzo gli esperti abbiano consigliato diversamente rispetto a quanto fatto nel verbale reso pubblico, ma in ogni caso attuando il lockdown in tutto il Paese il governo non ha portato alcun riferimento al parere del comitato. I cinque verbali pubblicati risalgono al 28 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile 2020. Come anticipato, però, non sono tutti: mancano alcuni documenti sulle riunioni dei primi giorni di marzo, tra cui anche quella in cui si sarebbe discussa la mancata zona rossa ad Alzano e Nembro, in Val Seriana.

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