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Dove si paga di più l’Irpef in Italia e quali sono le città meno care

Per i contribuenti a basso reddito, Salerno e Roma risultano le città più care, con un’addizionale Irpef rispettivamente di 1.468 euro e 1.452 euro. Se la passano meglio i cittadini di Milano, Bolzano, Trento e Firenze dove non si paga l’imposta comunale, ma solo quella regionale. In particolare a Milano l’Irpef dovuta da chi ha un reddito pari a 20mila euro risulta meno della metà (263 euro) di quella versata dai chi abita a Roma (606 euro).
A cura di Giulia Casula
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In Italia il Fisco ha un peso diverso a seconda delle Regioni, se non addirittura delle città in cui si abita. Pur avendo lo stesso reddito infatti, i cittadini possono ritrovarsi a pagare addizionali Irpef, comunali e regionali, decisamente diverse. Basti pensare che chi ha un reddito basso, di 20mila euro, può pagare una tassa che oscilla dai 263 euro di Milano sino a un massimo di 607 euro a Napoli e 606 euro a Roma. 

Lo riporta lo studio, realizzato dal Servizio Stato Sociale, Politiche Fiscali e Previdenziali, Immigrazione della UIL, che fornisce un quadro delle addizionali Irpef pagate dagli italiani, suddivise per Regione e per Comune capoluogo di Provincia. Nello specifico, le fasce di reddito prese in considerazione sono due: 20mila e 40mila euro. Il report si basa sulle aliquote in vigore per l'anno fiscale più recente secondo i dati forniti dal Dipartimento delle Finanze (Fiscalità regionale e locale).

Dallo studio emergono parecchie differenze territoriali sugli importi pagati dai cittadini. Ad esempio, per la fascia di reddito pari a 40mila euro, l'addizionale Irpef può andare dai 778 euro di Cagliari ai 1.452 euro di Roma. In particolare, la Capitale si annovera tra le città più care, sul podio insieme a Salerno, al primo posto con 1.468 euro, e Avellino e Napoli, che condividono la terza posizione (1.428 euro). Seguono Torino (1.206 euro) Genova (1.138 euro), Bologna (1.122 euro) e Reggio Calabria (1.012 euro).

Per i redditi bassi, attorno ai 20mila euro l'anno, è invece Vibo Valentia a guadagnarsi il primo posto, con 686 euro, seguita da: Salerno, con 627 euro; Avellino e Napoli, con 607 euro; Roma, con 606 euro; Frosinone, Latina e Rieti con 586 euro; Viterbo, con 576 euro e Perugia, con 570 euro. Se la passano meglio invece, i contribuenti a basso reddito che risiedono a Mantova, Milano, Bolzano, Trento, Firenze ed Enna, dove non si paga l'addizionale Irpef comunale, ma solo quella regionale. Per quelli ad alto reddito invece, quest'esenzione è riconosciuta solo a chi abita a Trento e Bolzano. A spiccare maggiormente è comunque la differenza per i bassi redditi tra le due grandi metropoli, Roma e Milano. I cittadini milanesi pagano meno della metà rispetto a quelli romani, sulle cui tasche pesa, appunto, l'imposta comunale.

"Ribadiamo con forza che, mai come in questa fase storica densa di trasformazioni anche sociali, il sistema fiscale del nostro Paese deve essere lo strumento principale per affermare condizioni di equità e di solidarietà, necessarie a irrobustire la coesione sociale nazionale", ha commentato il segretario confederale della Uil, Santo Biondo. Le "importanti disomogeneità territoriali" evidenziate dal report "rischiano di amplificare le disuguaglianze sociali ed economiche, tra persone, territori e generazioni", ha sottolineato. Queste imposte spesso "sono utilizzate per compensare i tagli lineari dei governi alla spesa corrente verso i territori, senza un corrispondente miglioramento nei servizi pubblici. Il risultato è che i cittadini, in particolare quelli a reddito medio-basso, pagano di più per ricevere meno", ha aggiunto.

Secondo il segretario della Uil,  occorre "una riforma della fiscalità locale che introduca criteri di maggiore equità e progressività, con una protezione per le persone fragili", una "clausola sociale all’autonomia fiscale, affinché l’utilizzo del prelievo locale sia trasparente e tracciabile rispetto al finanziamento dei servizi di cittadinanza quali sanità, istruzione, diritto allo studio, trasporto pubblico e assistenza". Infine, bisogna"irrobustire la funzione di sussidiarietà e perequazione dello Stato, per garantire livelli essenziali di servizi su tutto il territorio nazionale", ha concluso.

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