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Opinioni

Dopo 12 anni si è tenuta la Conferenza sulle droghe: adesso bisogna cambiare le norme

Si è conclusa a Genova la Conferenza sulle dipendenze. E non sono mancate le polemiche, dopo l’apertura di un ministro a una riflessione sulla legalizzazione della cannabis. Difficile pensare allora che le conclusioni che verranno consegnate in Parlamento trovino lo spazio per un dibattito costruttivo che porti alla revisione di una normativa, quella sulle droghe, vecchia trent’anni. In cui ha dimostrato tutta la sua inefficacia.
A cura di Annalisa Girardi
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La politica non si sedeva al tavolo per parlare di droga da 12 anni. E ora, alla chiusura della Conferenza nazionale sulle dipendenze di Genova rimane il timore che ne possano passare altrettanti prima che si facciano effettivi passi avanti. E non per demerito della Conferenza in sé, ma per l’assoluto immobilismo della classe dirigente, polarizzata da opinioni spesso distanti anni luce da quella che è la realtà dei fatti circostanti. Che parla invece di consumi in aumento allarmante negli ultimi anni, di quantità record di cocaina sequestrate durante il lockdown e circa 300 morti all’anno per overdose. Quasi uno al giorno.

Nonostante queste evidenze, perché di evidenze si tratta non di opinioni, parlare di rivedere la normativa, è ancora un tabù. Nonostante i dati sembrino dimostrare abbastanza chiaramente il fallimento a 360 gradi della strategia “tolleranza zero” e del proibizionismo promossi da una legge vecchia ormai di 30 anni, cambiare la legge sembra impossibile. Parliamo del Testo Unico del 1990. Che, per la cronaca prevedeva una Conferenza ogni 3 anni: in Italia non si faceva dal 2009.

Ma guardando a questi due giorni a Genova si capisce subito come mai sia stato (e resti) così complicato affrontare il tema. È bastata, nel primo giorno della Conferenza, l’apertura del ministro Andrea Orlando a una mera riflessione sulla legalizzazione della cannabis, sulla scia di quanto annunciato dalla Germania, perché la destra si affrettasse a chiarire di essere “contro la libertà di drogarsi” e intimasse al ministro di occuparsi piuttosto di “lavoratori precari e cassintegrati”.

Parole che dimostrano quanto una parte della politica sia totalmente inconsapevole della necessità di intraprendere un discorso su un tema che non può essere banalizzato come “libertà di drogarsi”. Perché è una questione molto più complessa di così e che necessita di essere compresa (e qui il perché della Conferenza) e poi, assolutamente, affrontata. Chiariamoci, se per una parte c’è il rifiuto totale dell’argomento, non significa che per l’altra le cose vadano meglio. Basti pensare che tutti i tentativi fatti finora in tema di legalizzazione delle droghe leggere, o almeno di depenalizzazione, non hanno mai ricevuto quella spinta che li qualificasse come di primaria importanza. Riconoscimento che è arrivato solo con la raccolta firme per il referendum, quando oltre 600 mila cittadini hanno firmato per la depenalizzazione della coltivazione per uso personale.

Una partecipazione immensa e tempestiva, che demolisce tutte anche le argomentazioni politiche usate per giustificare l’immobilismo dei partiti nel portare avanti un’istanza come quella della depenalizzazione. Nonostante la pandemia, la crisi economica e le mille urgenze da affrontare, infatti oltre mezzo milione di cittadini ha risposto a un appello definendo e ribaltando le priorità.

E di priorità si tratta. Quando nelle carceri è altissimo il numero di tossicodipendenti (ma non di trafficanti), quando per i malati curarsi con la cannabis terapeutica può diventare un calvario, quando gli stessi medici hanno mille difficoltà a prescrivere ai pazienti ciò che potrebbe farli stare meglio, quando chi prova ad uscire dal tunnel della tossicodipendenza si trova rifiutato dalla società ed entra in quello dello stigma, allora un dibattito è la priorità.

Il referendum per la depenalizzazione di coltivazione e uso personale della cannabis non è l’unica iniziativa legislativa al momento presente. In Commissione Giustizia alla Camera c’è già un testo base di proposta di legge (a prima firma Riccardo Magi, ma che unisce tre diverse iniziative formulate da Radicali, Lega e Movimento Cinque Stelle): nonostante sia in stato avanzato d’esame, per cui sono anche già stati presentati gli emendamenti, di base il provvedimento è fermo. Ma cosa propone? Le richieste di modifica contenute in cinque diversi articoli non sono le stesse del quesito referendario, anche se simili. Si propone di depenalizzare la coltivazione in casa di quattro piante femmine, di ridurre le pene per i fatti di lieve entità sia per quanto riguarda la reclusione che la multa e di aumentare invece le pene per chi spaccia stupefacenti ai minori e in generale in prossimità delle scuole.

Insomma, dopo 12 anni la Conferenza di Genova è si è concretizzata in un periodo decisamente particolare, in cui c’è sia un testo base approvato in commissione a Montecitorio, che oltre mezzo milione di firme presso la Corte di Cassazione a chiedere un referendum. E la direzione di entrambe le iniziative è chiara: una revisione di una normativa risalente a 30 anni fa, anni in cui il mondo delle droghe e delle dipendenze è completamente cambiato. Il tutto prendendo atto del fatto che sia le leggi che il linguaggio proibizionista finora promossi non hanno funzionato, anzi. Insomma, rifiutarsi di parlare del tema se non con giudizi assolutistici che alimentano solo la retorica del “la droga è morte”, ma non affrontano davvero la questione, non è la giusta strategia.

Ciò nonostante, le posizioni delle forze politiche in Parlamento non potrebbero che essere più distanti. E se solo l’apertura alla possibilità di instaurare un dibattito sul tema della legalizzazione della cannabis crea una tale ondata di polemiche come quelle finite in queste 48 ore sui giornali, viene difficile pensare che le conclusioni che la Conferenza consegnerà al Parlamento (pur nella varietà degli interventi e delle posizioni espresse in questi due giorni nel capoluogo ligure, non riassumibili in un'unica posizione) possano trovare prospettive comuni e concretizzarsi verso un’iniziativa davvero riformatrice.

La Conferenza sulle droghe di Genova ha riaperto non il dibattito, ma la polemica sulla cannabis legale”, ha affermato Magi. Al momento sembra essere così, ma è fondamentale invece che si apra una vera riflessione su come cambiare una normativa che non risponde più alle esigenze del nuovo millennio. Tutto ciò che è emerso dalla Conferenza deve trovare spazio oltre i muri del Palazzo Ducale di Genova e oltrepassare quelli di Montecitorio e Palazzo Madama. La discussione deve riuscire a concretizzarsi. E referendum e istituzioni non possono seguire due percorsi separati: la classe politica deve dimostrare di essere capace di rispondere alle istanze promosse dalla cittadinanza, non remare in direzione opposta.

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A Fanpage.it sono vice capoarea della sezione Politica. Mi appassiona scrivere di battaglie di genere e lotta alle diseguaglianze. Dalla redazione romana, provo a raccontare la quotidianità politica di sempre con parole nuove.
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