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Divorzio, chi rifiuta un lavoro può perdere l’assegno di mantenimento: la sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che se dopo il divorzio uno degli ex coniugi rifiuta un’offerta di lavoro seria, stabile e adatta alla propria formazione, può perdere il diritto all’assegno di mantenimento. Il caso nasce dalla storia di una coppia divorziata di Ancona.
A cura di Luca Pons
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Se uno degli ex coniugi divorziati rifiuta una buona offerta di lavoro senza una valida ragione, l'assegno di mantenimento può essere sospeso. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con una sentenza relativa a una coppia di Ancona emessa il 23 gennaio. Nel caso specifico, l'accordo di divorzio della coppia prevedeva la possibilità di abbassare l'assegno se la donna avesse trovato un lavoro, e questo ha influito sulla decisione dei giudici, ma la sentenza della Cassazione ha espresso anche alcuni principi validi per tutte le coppie divorziate.

Il caso: lui deve versare 48mila euro all'anno, lei rifiuta un lavoro ben pagato

La situazione su cui è intervenuta la sentenza è questa: nella coppia in questione, l'ex marito doveva versare 48mila euro all'anno alla ex moglie. Come detto, l'accordo aveva una condizione: la cifra si sarebbe potuta riformulare (non eliminare, ma abbassare), se la donna avesse trovato un lavoro part-time con uno stipendio di almeno mille euro al mese. Quando lei ha rifiutato un'offerta di lavoro che le avrebbe portato 32mila euro all'anno e una polizza assicurativa a suo nome, però, l'uomo ha fatto appello e chiesto di revocare il mantenimento. Il motivo per cui lei aveva rifiutato il lavoro, infatti, sarebbe stata la possibilità di ricevere una pensione integrativa.

L'ex marito ha anche sostenuto che la donna avesse una nuova relazione stabile, ma i giudici della Cassazione hanno ritenuto che non ci fossero elementi sufficienti per dimostrarlo – nonostante sia emersa una convivenza di fatto – e che comunque non fosse un dato sufficiente a revocare automaticamente il mantenimento. Il punto centrale, per la Cassazione, è che nel corso della causa per divorzio i giudici non hanno tenuto abbastanza in conto l'offerta di lavoro rifiutata.

Nella fase precedente del processo, infatti, i giudici non avevano verificato se l'offerta di lavoro fosse seria, e se fosse congrua rispetto alla formazione della donna. Hanno ritenuto la cosa "ininfluente". È possibile, però, che la proposta avrebbe potuto portare un lavoro sufficientemente retribuito, stabile e adatto al livello di istruzione e formazione dell'ex moglie. In questo caso, se fosse stato accettato, sarebbe stato "strumentale" per arrivare a ridurre o cancellare l'assegno di mantenimento. Il possibile rifiuto di un'occupazione di questo tipo, senza un valido motivo, è stato giudicato sufficiente a mettere in dubbio l'assegno di mantenimento.

Perché si tornerà a processo: dopo il divorzio gli ex coniugi devono cercare di essere autonomi

Così, la Corte ha annullato la sentenza di secondo grado e ha disposto che si terrà un altro processo d'appello. La Cassazione ha sottolineato che, in caso di divorzio, tutti e due i componenti della ex coppia devono rispettare i cosiddetti ‘doveri post-coniugali‘, che includono anche i principi di "autodeterminazione e auto-responsabilità".

In sostanza, a meno che non ci siano oggettivi impedimenti, entrambi gli ex coniugi devono fare del proprio meglio diventare autonomi a livello economico e di vita. Questo, hanno ricordato i giudici, non cambia il fatto che in linea di massima, quando non c'è la possibilità di procurarsi i mezzi economici per sostentarsi ed essere autonomi, il coniuge più debole ha comunque il diritto di essere mantenuto.

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