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Covid 19

Covid, Oxfam a Fanpage: “Paesi poveri non hanno test né farmaci, stiamo fallendo come con i vaccini”

Oxfam Italia spiega a Fanpage che i Paesi a basso e medio reddito non hanno accesso ai tamponi necessari, quindi non hanno un quadro sulla diffusione del Covid. Così, l’acquisto di farmaci antivirali – che molti non si possono permettere – è limitato. La soluzione sarebbe sospendere i diritti di tutela della proprietà intellettuale su farmaci e test.
A cura di Luca Pons
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I Paesi ricchi si sono già assicurati il triplo delle dosi del principale farmaco che si può usare per trattare il Covid-19, rispetto ai Paesi a basso e medio reddito. Il farmaco antivirale in questione si chiama Paxlovid ed è prodotto da Pfizer. A segnalare il dato è stata Oxfam, confederazione di associazioni umanitarie, che ha rilanciato una ricerca della People's vaccine alliance basata su dati della compagnia Airfinity.

I Paesi a basso e medio reddito, nella definizione della Banca mondiale, sono quelli che hanno un Pil pro-capite sotto i 13.205 dollari. L'Italia, per esempio, nel 2021 ha avuto un Pil per persona di 35.551 dollari. Questi Paesi raccolgono l'84% della popolazione mondiale e hanno anche un tasso di vaccinazione molto inferiore a quello degli Stati ad alto reddito: il 20% della popolazione ha concluso il ciclo primario, mentre nei Paesi più ricchi la media è del 74%.

Oxfam si è concentrata anche sull'Italia, che avrebbe già ordinato 600mila dosi di Paxlovid nonostante ne abbia usate finora poco più di 82mila. "Nella prima fase della pandemia" c'è stata "una enorme disuguaglianza nell’accesso ai vaccini tra Paesi ricchi e poveri", hanno dichiarato Sara Albiani, policy advisor sulla salute globale di Oxfam Italia, e Rossella Miccio, presidente di Emergency. "Adesso si sta riproponendo lo stesso schema per i trattamenti antivirali".

Paxlovid non è l'unico farmaco che si può usare per curare il Covid. In Italia è approvato anche Molnupiravir, e Oxfam ha segnalato che "almeno 77 farmaci" sono "in fase avanzata di sperimentazione clinica", ma le norme sulla proprietà intellettuale danno "a un ristretto numero di aziende il monopolio della fornitura, della distribuzione e del prezzo, con la conseguenza che i Paesi a basso e medio reddito non potranno usufruirne a prezzi accessibili".

Qui il punto: Oxfam ha rilanciato questi dati per chiedere all'Organizzazione mondiale del commercio (Omc) di non applicare le norme sulla proprietà intellettuale a tutte le tecnologie mediche legate al Covid-19, per permettere che vengano prodotte e distribuite liberamente. Attualmente, una deroga su queste regole è in atto solo per i vaccini e i relativi brevetti. L'Omc ha anche fissato una scadenza per decidere se allargarla agli altri prodotti per il contrasto del Covid-19: il 17 dicembre.

Perché i Paesi a basso reddito non ordinano i farmaci antivirali?

L'Organizzazione mondiale del commercio si è incontrata, a livello informale, martedì 22 novembre per discutere proprio di questo tema, senza raggiungere un accordo. Alcuni degli Stati più ricchi avrebbero sostenuto che gli stessi Paesi a basso e medio reddito, in gran parte, non siano interessati a ricevere dosi di Paxlovid, dato che hanno fatto pochi ordini.

Airfinity, la compagnia che ha fornito i dati citati da Oxfam e People's vaccine alliance, ha in parte confermato questa idea. Il suo amministratore delegato, Rasmus Hansen, ha detto che è vero che i Paesi ricchi hanno acquistato molte più dosi di antivirale, ma che "bisogna guardare anche ad altri aspetti".

Ad esempio, c'è il caso dell'acceleratore Act (o Act-A), un meccanismo creato dall'Organizzazione mondiale della sanità per distribuire in modo più equo le risorse mediche per combattere il Covid-19. Vi possono accedere, con condizioni economiche vantaggiose, 105 Paesi a basso reddito. Ma, ha sottolineato Hansen, secondo i dati di Airfinity "solo circa il 7% delle dosi di Paxlovid che sono state messe a disposizione per essere donate sono state accettate dai Paesi a basso reddito".

Secondo l'amministratore delegato di Airfinity, tra i motivi di questo basso numero di richieste ci potrebbe essere l'impossibilità, per i Paesi più poveri, di fare test in modo sistematico per intercettare i malati di Covid nelle prime fasi della patologia – quando i farmaci antivirali sono efficaci.

La risposta di Oxfam: "Sui vaccini abbiamo fallito, ora si garantiscano test e farmaci"

Sara Albiani, la già citata policy advisor di Oxfam Italia per quanto riguarda la salute globale, raggiunta da Fanpage.it ha detto di concordare in buona parte con l'ipotesi di Hansen: "In generale, il fatto che la domanda sia bassa dipende da moltissimi fattori".

Il primo elemento importante è il prezzo: "Ci sono Paesi in via di sviluppo che vengono esclusi da accordi multilaterali come l'Act-A, ma si trovano di fronte a prezzi molto alti nel mercato regolare, che non possono permettersi", ha spiegato Albiani. "Capita ad esempio in molti Stati dell'America Latina".

Nei Paesi a basso reddito che invece possono accedere al meccanismo Act di prezzi controllati e hanno fatto ordini, invece, c'è un secondo problema: le forniture non sono arrivate. "Gli ordini di antivirali non sono stati consegnati. Secondo l'inviata speciale dell'Oms per l'Act-A, nessuno di quegli ordini è arrivato. Quindi, anche quando c'è la domanda, non arrivano i farmaci. Questo può scoraggiare gli altri Paesi a fare richiesta".

Infine, il fatto già citato che nei Paesi a basso reddito si fanno pochi test, cosa che riporta al centro la richiesta di Oxfam: "Per dare una terapia, bisogna aver fatto un test diagnostico. Devi sapere chi ha il Covid. L'accesso ai test diagnostici, come quello alle terapie, è fortemente diseguale e penalizza moltissimo i Paesi a basso reddito", che secondo quanto indicato da Albiani "somministrano un test per ogni 50 che vengono somministrati nei Paesi ad alto reddito".

Il problema della proprietà intellettuale, quindi, ritorna: "Non avere i test, perché sono costosi e non sono disponibili, fa sì che ci sia una capacità ridotta di stimare veramente il bisogno di un antivirale. Includere nella decisione sulla proprietà intellettuale anche i test diagnostici e i trattamenti assicura che i Paesi a basso e medio reddito possano accedere alle future generazioni di trattamenti". Questi possono "essere efficaci anche per limitare gli effetti del long Covid".

Nel garantire un accesso equo ai vaccini "abbiamo fallito", ha concluso Albiani. "Ora, dobbiamo tenere insieme la diagnosi e il trattamento, che sono aspetti diversi di un problema unico".

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