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Referendum 2025

Cosa vuol dire rifiutare le schede al Referendum come fa Meloni e perché è astensione

Giorgia Meloni ha annunciato che andrà al seggio per i referendum dell’8 e 9 giugno, ma senza ritirare le schede. Un gesto legittimo ma politicamente rilevante: il gesto della premier equivale infatti a un’astensione piena e incide direttamente sul quorum, scatenando critiche e accuse di ambiguità.
A cura di Francesca Moriero
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"Andrò al seggio, ma non ritirerò le schede". È questa la dichiarazione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, in un giorno simbolico come il 2 giugno, in cui si ricorda la nascita della Repubblica, nata proprio da un referendum, e a meno di una settimana dal voto referendario dell'8 e 9 giugno, ha scelto di comunicare pubblicamente la sua decisione: non disertare formalmente il seggio, ma di fatto non partecipare alla consultazione popolare. Una formula in apparenza neutra e legittima, che però ha precisi effetti tecnici e un peso politico non trascurabile. I cinque referendum in programma, quattro su temi legati al lavoro e uno sulla cittadinanza, sono frutto di una raccolta firme promossa dalla Cgil e da diverse associazioni della società civile. Si tratta, quindi, di una consultazione nata dal basso, espressione diretta della volontà di centinaia di migliaia di cittadini. Ma per essere valida, questa volontà deve passare attraverso un dato numerico ben preciso: il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto. Se non si raggiunge questa soglia, i referendum non avranno alcun effetto, a prescindere da come votino coloro che si presentano alle urne.

Ma cosa significa esattamente non ritirare la scheda? Che conseguenze ha? E perché in tanti considerano questa scelta un espediente politico?

Cosa ha detto Meloni sul voto ai Referendum dell'8 e 9 giugno

In Italia, perché un referendum abrogativo sia valido, è necessario che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto: è il cosiddetto quorum, e senza il suo raggiungimento il risultato della consultazione, anche se schiacciante, non ha alcun valore legale. È qui che si gioca la partita politica. Chi vuole che il referendum venga bocciato può scegliere due strade: votare "No" oppure non partecipare al voto, nella speranza che non si raggiunga il quorum. È una strategia nota, già vista in passato, e pienamente legittima. Quando a seguirla è però il capo del governo, il gesto assume una valenza istituzionale diversa. In questo contesto, infatti, la decisione di Meloni di recarsi fisicamente al seggio ma rifiutare le schede assume un significato doppio: da un lato le consente di rivendicare un gesto istituzionale, dall'altro però sottrae un voto al conteggio necessario per la validità del referendum. È questo infatti il nodo su cui si è accesa una polemica politica accesissima, con l'opposizione che parla apertamente di "astensione camuffata", "invito al boicottaggio" e "inganno istituzionale".

Per questo motivo, diversi esponenti dell'opposizione, dal Pd al M5s, da +Europa alla Cgil stessa, hanno definito la mossa di Meloni "furba" ma "ambigua". L'idea di andare al seggio "per rispetto delle istituzioni", ma rifiutare le schede, viene sostanzialmente interpretata come un modo per promuovere l'astensione senza ammetterla esplicitamente, un'astensione in incognito.

Qual è la differenza tra astenersi e andare ai seggi senza ritirare le schede: tutte le opzioni

Le regole sono chiare, nero su bianco nelle "Istruzioni per le operazioni degli uffici di sezione" del Ministero dell'Interno. L'elettore, ai seggi, può:

  • Ritirare tutte le schede e votare.
  • Ritirarne solo alcune, in caso di più quesiti referendari.
  • Rifiutare di ritirare qualsiasi scheda, comunicandolo al presidente del seggio.

Nel terzo caso, cioè quello annunciato da Meloni, l'elettore non è considerato votante. Viene annotato nel registro con la dicitura "NON VOTANTE", e non entra nel computo necessario al quorum. Una scelta dunque assolutamente identica, ai fini numerici, al non presentarsi proprio al seggio. La presenza fisica senza ritiro della scheda non cambia infatti nulla ai fini della validità del referendum. Una posizione ribadita anche dalle note ufficiali del Viminale: chi non ritira le schede, si legge, non va conteggiato tra i votanti della sezione elettorale.

L'alternativa: quando il voto c'è anche se non si esprime una preferenza

Esiste poi un'altra opzione, diversa da quella scelta dalla premier: se un elettore ritira la scheda e la riconsegna subito senza compilarla, anche senza entrare in cabina, è comunque considerato un votante. Cosa significa? Significa che la scheda, in quel caso, viene annullata, ma il suo nome conta nel raggiungimento del quorum. È una distinzione importante: perché se Giorgia Meloni avesse optato per questa modalità, cioè appunto ritirare le schede e poi non votare, avrebbe partecipato formalmente alla consultazione, contribuendo al conteggio. Non lo farà, perché ha scelto invece di rendere il suo voto invisibile ai fini del quorum.

Un gesto legittimo, ma politico

Tecnicamente, il comportamento annunciato dalla presidente del Consiglio è perfettamente lecito; non c'è infatti alcuna violazione della legge elettorale. Politicamente, però, appare a molti come una scelta precisa: non esporsi pubblicamente per il "No", non restare a casa come altri leader della maggioranza (come per esempio ha già detto il Vicepresidente del Senato, Ignazio La Russa), ma prendere le distanze dai quesiti referendari in modo attivo, senza apparire rinunciataria, appare come una sorta di neutralità solo apparente, perché il gesto, lo ripetiamo, nella sua forma, è neutro, ma nel suo effetto concreto contribuisce alla non validità della consultazione.

I cinque referendum in programma non arrivano dall'alto, sono il risultato di una mobilitazione popolare, con centinaia di migliaia di firme raccolte in tutta Italia. Parlano di diritti sul lavoro, sicurezza, precarietà, licenziamenti, cittadinanza: temi centrali nella vita quotidiana di milioni di persone. Andare a votare, dunque, non è solo un diritto, ma un modo per far sentire la propria voce su questioni concrete, che incidono sulla qualità della vita e sul funzionamento della democrazia. Anche decidere di votare "No" è certamente una forma di partecipazione. Ma non partecipare affatto, o fingere di partecipare senza farlo realmente, appare a molti solo come un modo per delegittimare lo strumento referendario.

Ed è proprio questo il motivo per cui tanti, sindacati, giuristi, partiti e cittadini, chiedono di non disertare le urne, e di scegliere consapevolmente.

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