61 CONDIVISIONI
video suggerito
Opinioni

Cosa succederà alla GKN di Firenze ora che la proprietà vuole “rimuovere i rottami”

La GKN vuole mandare i camion e svuotare l’azienda “dai rifiuti”. Ma gli operai denunciano: “Fanno con noi come con gli animali prima di impagliarli”..
video suggerito
A cura di Saverio Tommasi
61 CONDIVISIONI
Stamani di fronte ai cancelli della GKN di Campi Bisenzio (Firenze)
Stamani di fronte ai cancelli della GKN di Campi Bisenzio (Firenze)

L'appuntamento lo aveva lanciato per prima la proprietà della GKN, facendo sapere che da oggi "sarebbero partiti i lavori preparatori per rimuovere rottami e rifiuti che da 10 mesi l’azienda non è riuscita finora a far uscire”.
"E' l'inizio dello svuotamento dello stabilimento", hanno ribattuto gli operai, altro che "portare via soltanto i materiali con codice rifiuto".
Così per stamani l'assemblea di fabbrica aveva risposto lanciando la mobilitazione e l'appuntamento pubblico di fronte ai cancelli, con l'obiettivo di essere in tanti e in questo modo bloccare i camion che sarebbero venuti per "svuotare l'azienda".

Stamani alle 8:00 ero lì, per raccontare il clima e quello che sarebbe accaduto, stamani e nei prossimi giorni.

A livello di azioni, oggi non è successo praticamente niente. Un rincorrersi di voci sull'arrivo dei camion, diciamo che è successo quello che in tanti ci aspettavamo: niente. Del resto nessuna proprietà manda i camion all'ora in cui è stato indetto il presidio di solidarietà proprio per impedire ai camion di entrare. E non lo fa perché sostanzialmente non ne ha bisogno, preferisce aspettare, l'annuncio di oggi è servito per saggiare il terreno, per capire quante persone sarebbero arrivate di fronte ai cancelli, per definire magari la strategia dei prossimi giorni, oppure di una delle prossime notti.

Non si svuota un'azienda sotto gli obiettivi delle telecamere, questo è sembrato essere il ragionamento della proprietà. Facendo un giro fra le strade di accesso si notavano addirittura le auto della polizia municipale che bloccavano la via da entrambi i lati, un intervento preventivo contro l'arrivo dei camion, gli unici che sarebbero stati eventualmente interessati a percorrere quella via per raggiungere l'entrata principale. In altre parole: stamani anche la polizia municipale e gli agenti della Digos avrebbero fermato i camion. Non sarà sicuramente così – dicono gli operai – nei prossimi giorni.

Facciamo un passo indietro. La domanda che ho fatto a Dario Salvetti del Collettivo di fabbrica, appena sono arrivato, è stata: "Come va?" E lui ha risposto poco dopo pubblicamente: "Fino a che siamo qua, non va né bene né male. E il giorno in cui non saremo più qui sarà andata molto bene o molto male".

C'era anche Daniele Calosi segretario della Fiom di Firenze, come c'è sempre stato in tutti questi mesi. "Guarda", mi tocca un braccio un operaio per farmi girare "io non lo conosco, non ci ho mai parlato, ma lui è uno dei pochi che è rimasto fino a oggi". In molti lamentano l'assenza della CGIL.

Dal palco, improvvisato sopra alcune casse di materiali portati dagli operai all'esterno della fabbrica, la posizione dell'assemblea è stata chiara: accusano l'azienda di aver invertito causa ed effetto. "C'è la lotta perché manca il lavoro, non è che manca il lavoro perché c'è la lotta".

Il guaio, la spada che pende sopra le teste e il futuro dei lavoratori, è soprattutto una: il mancato piano industriale dell'azienda, che può bloccare la cassa integrazione.

Quando pensano al futuro, gli operai fuori dalla fabbrica, scuotono la testa davanti alle mie domande: "Crediamo che questa azienda non abbia un piano industriale, non abbia una linea di credito, niente. Non ha ricevuto l'ok per la cassa integrazione, non ha presentato la documentazione per l'accordo di sviluppo. Siamo a niente, e ora vogliono anche svuotarla dall'interno, come si fa con un animale prima di impagliarlo".
E quando chiedo loro se pensano che la fabbrica stia andando verso il fallimento rispondono quasi in coro: "Sì". Ma quando gli chiedo se ne sono davvero sicuri, la risposta è più laconica: "Non c'è niente di sicuro, per questo siamo qui. Forse non servirà, o forse sì. Non c'è niente di sicuro, noi lottiamo, peggio di così non può andare".

Sono 16 mesi che gli operai presidiano lo stabilimento, che è cosa diversa dall'occuparlo, gli operai tengono giustamente alla sottolineatura delle parole, non ne possono più di quelle gettate al vento, e dal palco lo dicono anche ai giornalisti presenti: "Raccontate, scavate, dite chi siamo davvero, questo non è un problema di ordine pubblico, ma di mancanza di lavoro. Noi vogliamo lavorare, l'azienda fino a sei mesi fa produceva, perché ora non presenta un piano industriale serio per ripartire?"

Quando chiedo agli operai se sono stanchi rispondono: "Di cosa?"
E già, di cosa? Di chiedere un diritto, di stare in presidio, di chiedere semplicemente di poter lavorare, di cosa dovrebbero essere stanchi? Mi vergogno per la mia domanda. No, non sono stanchi. Piuttosto rassegnati, ma soltanto un po', soprattutto perché dopo tutto questo tempo ancora non è chiaro bene contro chi protestare, o a chi chiedere qualcosa di preciso. Quale sia il nome completo della proprietà e dove voglia davvero andare.

"Siano maledetti i fondi di investimento", mi dice un operaio, da dietro. E io abbasso gli occhi.

61 CONDIVISIONI
Immagine
Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views