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Come sarà la riforma fiscale che il governo Meloni sta preparando

Gli esponenti del governo Meloni hanno iniziato a parlare di riforma fiscale, e più dettagli arriveranno nelle prossime settimane. Per adesso, sono chiari alcuni dei punti su cui si vuole lavorare: taglio del cuneo fiscale, quoziente familiare e taglio delle tasse per chi “crea ricchezza”.
A cura di Luca Pons
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Approvata la manovra per il 2023, il governo Meloni ora inizia a lavorare sulle prime misure importanti del nuovo anno, tra cui una riforma fiscale. L'obiettivo è portare la riforma delle tasse al Consiglio dei Ministri entro fine febbraio, secondo quanto hanno detto sia la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sia il viceministro all'Economia, Maurizio Leo.

Gli esponenti del governo, finora, hanno parlato soprattutto di tre elementi importanti che dovrebbe essere presenti nella riforma fiscale: tagliare il costo del lavoro, inserire il quoziente familiare, e incentivare "chi si mette in gioco e crea ricchezza".

Per quel che riguarda il primo punto, Giorgia Meloni ha detto che "si deve fare molto di più" con il taglio del cuneo fiscale, e ha ricordato che l'obiettivo di legislatura è tagliare il cuneo di 5 punti. Nella manovra approvata a fine 2022, il governo ha stabilito per quest'anno un taglio del cuneo fiscale di 3 punti per i redditi fino a 25mila euro, e di 2 punti per chi prende tra i 25mila e i 35mila euro, con aumenti di stipendio che potranno variare tra i 200 e i 400 euro all'anno.

Quando parla di ‘obiettivo di legislatura‘, però, Meloni indica come scadenza il 2027, cioè quando terminerà l'attuale legislatura e si tornerà a votare, e prevede che il suo governo duri fino ad allora. Nei prossimi 5 anni, quindi, l'obiettivo sarebbe di arrivare a un taglio del cuneo fiscale di 5 punti, ma questo non spiega quali passi in avanti si vogliono fare nella prossima riforma fiscale su questo punto.

Il secondo punto sottolineato dal governo è la volontà di inserire il quoziente familiare. Si tratta di un sistema citato spesso da Giorgia Meloni in campagna elettorale, e che il governo ha già messo in atto in parte nella riforma del superbonus 110%. Nel caso della riforma fiscale, però, non c'è ancora nessuna indicazione su come funzionerebbe il meccanismo.

Di per sè, l'espressione si riferisce a un sistema per calcolare il reddito imponibile (cioè quello su cui si pagano le tasse) che tiene conto non solo del reddito della singola persona, ma anche della composizione della sua famiglia. "Consideriamo il tema del sostegno alla genitorialità una priorità e pure la tassazione deve tenerne conto", ha detto Meloni. Ma per adesso sembra che le idee non siano ancora chiare su come applicare il quoziente familiare alla riforma fiscale.

Infine, la presidente del Consiglio ha parlato di "incentivi per chi si mette in gioco e crea ricchezza, più assumi e meno paghi". Qui, il governo dovrebbe muoversi sulle linee tracciate dall'esecutivo di Mario Draghi nella scorsa legislatura. Ad esempio, per l'Irpef si dovrebbe partire dal modello duale: i redditi da lavoro saranno tassati in un modo (con scaglioni progressivi), mentre i redditi che vengono da investimenti finanziari o nel mercato immobiliare in un altro (con un'imposta proporzionale). Una misura simile dovrebbe esserci per l'Ires, cioè la tassa sui redditi delle società, che per il viceministro Leo deve puntare a "premiare i redditi reinvestiti in capitale e lavoro".

Secondo quanto detto da Leo, lo scopo è un sistema "più equo e giusto". Parlando sempre di Irpef, una delle misure che il governo vuole portare avanti è "addolcire" le aliquote, cioè potenzialmente anche ridurle a tre. Attualmente le aliquote Irpef sono quattro: chi ha un reddito fino a 15mila euro paga il 23% del reddito, chi prende fino a 28mila euro paga il 25%, chi prende fino a 50mila euro paga il 35% e infine, chi prende più di 50mila euro all'anno paga il 43% del suo reddito.

Gli scaglioni servono a rendere proporzionale il sistema di tassazione, per cui chi ha un reddito più alto paga di più. Secondo i dati più recenti del Centro studi Itinerari previdenziali, sui redditi del 2020, in Italia il 13% dei contribuenti ha dichiarato un reddito sopra i 35mila euro, e questi hanno versato il 59,95% delle entrate Irpef dello Stato. Quasi un contribuente su quattro (il 24,97%), invece, ha dichiarato un reddito sotto i 7500 euro: questi hanno versato lo 0,12% dell'imposta complessiva a livello nazionale.

Leo ha parlato anche delle altre principali imposte: l'Iva deve avere una "armonizzazione a livello comunitario", ha detto, mentre l'Irap, Imposta regionale sulle attività produttive, deve essere "profondamente rivista".

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