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Come sarà il Recovery plan di Draghi

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in conferenza stampa ha anticipato alcuni degli aspetti che caratterizzeranno il Recovery plan che il governo consegnerà entro il 30 aprile. Draghi si sofferma in particolare sulla macro-struttura (divisa in tre strutture centrali), sul ruolo degli enti attuatori e sulle assunzioni necessarie per portare avanti il piano.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il Recovery plan del governo Draghi inizia a prendere forma. A partire dalla sua struttura, anticipata dallo stesso presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante la conferenza stampa tenuta ieri sera. La prima rassicurazione è che il piano italiano per accedere ai fondi del Next Generation Ue verrà consegnato entro il 30 aprile. Ma il presidente del Consiglio si spinge oltre, spiegando che la struttura sarà divisa di fatto in tre parti, gestite a livello centrale. A questo si aggiunge la responsabilità di tutti gli enti attuatori, come regioni, comuni e province. Vediamo cosa prevede, stando a quanto detto dal presidente del Consiglio, il nuovo Recovery plan italiano.

Le tre strutture del Recovery

Draghi illustra quelle che sono le tre strutture del piano italiano: “È prevista una struttura centrale che ha sostanzialmente una funzione di coordinamento. Significa che riceve il denaro dalla Commissione europea e lo dà agli enti attuatori a seconda dei lavori in corso e gli enti poi danno riscontro di questi pagamenti, che servono ad avere i pagamenti successivi da parte della Commissione”. La seconda struttura è “di valutazione: il Pnrr prevede dei punti di controllo, degli obiettivi progressivi nel corso di questi investimenti. Questa struttura valuta la coerenza degli investimenti fatti con questi punti di check e anche di coerenza complessiva con il piano”. Infine, “c’è anche una struttura di controllo specifico, cioè dire se i soldi sono stati spesi secondo le modalità previste dalle norme esistenti”.

Per Draghi è ancora presto per parlare nello specifico di questa macro-struttura, almeno dal punto di vista della composizione e di “dove sarà posta”. La certezza, però, è che sarà “una struttura centrale e non periferica”. E rappresenterà “l’unica forma di presenza del governo nel Pnrr, perché poi la responsabilità dell’attuazione del piano sta in capo agli enti attuatori, le norme prevedono che certi investimenti vengano attivati dalle Regioni. Altre norme prevedono che gli investimenti, tra l’altro la maggior parte, vengano attuati dai comuni e altri ancora delle province. La responsabilità quindi è dell’ente attuatore”.

Il coordinamento tra regioni, comuni e altri enti attuatori

Draghi si è confrontato con regioni, comuni e altri enti attuatori: vertice da cui sono venuti fuori altri elementi. “Regioni ed enti locali – spiega Draghi – dovranno trovare un coordinamento, ma non è un’impresa impossibile, anzi c’è una grande disponibilità a intendersi. C’erano due atteggiamenti. Da una parte gli enti locali che non vogliono sentire sopra di sé le Regioni, dall’altra le Regioni che hanno delle responsabilità di carattere regionale e vogliono avere una voce in capitolo, ma hanno più di una voce in capitolo. Saranno loro a trovare le forme di coordinamento, il governo potrà solo aiutare”.

Le assunzioni in vista del Recovery e la capacità di investire

Il presidente del Consiglio assicura che “è fuori discussione che il piano richieda assunzioni di nuove competenze e aggiornamento delle competenze attuali. È previsto. Questa riapertura deve accompagnare il Pnrr, orientato ad assumere quelle qualifiche, per esempio nel campo della digitalizzazione, oppure l’aggiornamento in quella direzione delle persone che oggi lavorano. Quindi un forte programma di aggiornamento e poi di assunzioni mirate dove occorre per gli investimenti”. Ultimo tema affrontato, sulla questione Recovery, da Draghi è quello degli investimenti e della capacità di investire dell’Italia: “Dai vari interventi mi è venuto da concludere che in fondo noi non abbiamo credibilità per la capacità di investire, l’abbiamo persa tantissimi anni fa. Ma non è che l’abbiamo persa perché non si volesse investire, ci sono centinaia di miliardi appostati in bilancio per investimenti mai fatti. Bisogna cambiare tutto per diventare credibili, per superare gli ostacoli a livello politico, istituzionale, amministrativo, contabile e financo giudiziario, come citato da un presidente di Regione. Sono aree in cui chiedersi se l’attuale contesto istituzionale è adatto a procedere con rapidità, efficienza e onestà per l’attuazione di questo piano”.

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