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Come cambiano i mutui con il taglio dei tassi e cosa farà la Bce contro i dazi, spiegato da un economista

Il nuovo taglio dei tassi d’interesse da parte della Bce – il settimo consecutivo – è una buona notizia per chi ha un mutuo a tasso variabile. Valerio Pesic, economista esperto di finanza, intervistato da Fanpage.it ha spiegato quali saranno le conseguenze del taglio e come sembra volersi muovere la Banca centrale per affrontare i dazi degli Usa.
Intervista a Valerio Pesic
Professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari all'università La Sapienza di Roma
A cura di Luca Pons
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La Banca centrale europea ha deciso un nuovo taglio dei tassi d'interesse di 25 punti base, portando il tasso di riferimento al 2,25%. Questo aiuta in modo particolare chi ha un mutuo a tasso variabile e chi vuole richiedere un nuovo prestito. Fanpage.it ha chiesto a Valerio Pesic, professore di Economia degli intermediari finanziari all'università La Sapienza, di spiegare quali effetti avrà la nuova riduzione dei tassi – per mutui, azioni e bond – e cosa ci si può aspettare per il futuro, in un periodo in cui i dazi imposti dagli Stati Uniti stanno scuotendo i mercati mondiali. Secondo l'economista, la Bce potrebbe essere pronta ad abbassare ancora i tassi d'interesse da qui a breve.

Chi ci guadagna con questo nuovo taglio dei tassi d'interesse?

Come sappiamo, la riduzione va a beneficio dei prestiti a tasso variabile. Coloro che hanno un mutuo a tasso variabile hanno una convenienza, e soprattutto, oggi è stata data l'impressione che siano pronti anche altri tagli in futuro. Questo potrebbe fare da incentivo alle famiglie, spingendole magari a sbilanciarsi un po' di più, perché i tassi andranno potenzialmente a ridursi ancora.

E per quanto riguarda gli investimenti in azioni e bond?

I tassi di interesse hanno un effetto sul valore di tutti gli asset finanziari: i titoli di debito pubblico, le obbligazioni delle imprese, i titoli azionari sono tutti, in forma diversa, influenzati dai tassi di interesse. Se i tassi sono più bassi, diventa più conveniente avere strumenti che hanno un determinato rendimento. Ad esempio, se ho un'obbligazione di uno Stato che mi paga una certa cedola, e i tassi di interesse diminuiscono, allora quel titolo tende a valere di più, perché rende di più rispetto a quello che è ottenibile sul mercato.

Il taglio dei tassi annunciato ieri era previsto?

Era atteso dal mercato, sì. Però c'è sempre un altro elemento: il commento che fanno gli esponenti del Consiglio direttivo, in questo caso la presidente della Bce Christine Lagarde. Le sue parole permettono di provare a capire le motivazioni di una determinata decisione, e interpretare gli scenari futuri.

Cosa si è capito dal discorso di Lagarde di ieri?

C'è stata un'indicazione forte su due punti. Sull'inflazione, Lagarde ha usato termini diversi dal passato: ha iniziato a dire che siamo in una fase di "disinflazione". Questo è stato interpretato da molti analisti come un segnale positivo, un'apertura alla prospettiva di ulteriori tagli dei tassi, da qui a breve.

E l'altro punto che ha toccato?

L'incertezza economica estrema del momento attuale, con i possibili effetti di questa guerra dei dazi. Lagarde non ha espresso preoccupazione, ma ha posto il tema: ha parlato di "nuvole sulle prospettive di sviluppo economico". La Bce è intervenuta con un messaggio di rassicurazione ai mercati, facendo capire che è disposta a fare la sua parte, eventualmente anche riducendo i tassi di nuovo se sarà necessario. Cosa che a sua volta aiuta i mercati e i consumatori, le famiglie che devono accendere mutui e così via.

Perché i dazi degli Stati Uniti dovrebbero preoccupare anche la Bce, che si occupa di tassi d'interesse? Qual è il collegamento tra le due cose?

I dazi sono un costo che subiscono coloro che importano merci negli Stati Uniti. Teoricamente sono pensati per aumentare le entrate pubbliche degli Stati Uniti. Ma i dazi fanno sì che queste merci, importate negli Usa, diventino più costose. Quindi il consumatore americano tenderà a comprarne meno. Perciò c'è un pericolo di riduzione del nostro export verso gli Stati Uniti.

E probabilmente il problema principale è un altro: che questa imposizione unilaterale degli Usa, con la reazione necessaria degli altri Paesi (soprattutto la Cina) rischia di portare a un incremento generalizzato dei prezzi. Quando c'è una politica così drastica, il rischio è che si inneschi una dinamica dannosa. Perdita del potere d'acquisto, quindi minori consumi, fino ad arrivare anche al rischio di recessione economica. I mercati in questo momento stanno scontando la paura che ci sia una recessione. E la Borsa italiana paga questi timori in modo particolare.

Perché?

È una borsa con tanti titoli finanziari, e le banche sono particolarmente coinvolte. Se c'è una recessione economica, tante imprese vanno in difficoltà e parte un circolo negativo, che può portare a deterioramenti della qualità del credito.

Cioè che le aziende non riescano più a restituire i prestiti alle banche, le famiglie a pagare le rate dei mutui e così via?

Potenzialmente sì. Stiamo parlando solo di possibilità, non di previsioni certe. Ma questo naturalmente andrebbe a incidere negativamente sui bilanci delle banche. Che si troverebbero a pagare il conto della guerra dei dazi.

E qui si ritorna all'intervento Bce.

La politica della Banca centrale europea è volta ad attenuare questo rischio. Se abbassi il costo del denaro, tendi a rendere più facili i consumi, a migliorare le aspettative dei consumatori, e a rendere più facili gli investimenti delle imprese. Per questo, il taglio di ieri è servito anche a rassicurare i mercati e suggerire che la Bce è pronta a sostenere l'economia.

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