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Clima, il Parlamento europeo ha approvato la carbon tax: cos’è e cosa cambia

Il Parlamento europeo ha approvato tre meccanismi fondamentali del piano Fit for 55 contro la crisi climatica: tra queste c’è anche la carbon tax per i Paesi che importano prodotti nell’Ue. Ecco cos’è e che effetti avrà nel concreto.
A cura di Luca Pons
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Oggi, 18 aprile, il Parlamento europeo ha votato l'approvazione di cinque leggi che hanno costituito tre dei ‘pilastri' del progetto Fit for 55. Uno di questi è la cosiddetta ‘carbon tax‘, un'imposta per i Paesi esterni all'Ue che fanno affari con l'Unione europea, misurata in base alle emissioni inquinanti.

Il Fit for 55 raccoglie la strategia dell'Unione europea per ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% – rispetto ai livelli del 1990 – entro il 2030. Le  altre due leggi approvate dal Parlamento europeo sono un sistema di scambio di quote di emissioni, o Ets, che includerà anche l'inquinamento prodotto dal trasporto aereo e marittimo, e infine il Fondo sociale per il clima. Tutte e tre le norme dovranno avere l'approvazione definita del Consiglio europeo per entrare in vigore.

Via libera alla carbon tax, il meccanismo per proteggere le imprese europee

Il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (o Cbam) è stato approvato con 487 voti favorevoli, 81 contrari e 75 astensioni. È il nome tecnico di quella che è stata definita ‘carbon tax', cioè una tassa sulle emissioni inquinanti.

A pagarla non sono gli Stati dell'Ue, ma i Paesi terzi che importano dei prodotti all'interno dell'Unione europea. Si tratta di un sistema che ha l'obiettivo di "incentivare i Paesi terzi ad accrescere le proprie ambizioni climatiche e garantire che gli sforzi climatici globali e dell'Ue non siano messi in pericolo dalla delocalizzazione della produzione in Paesi extra Ue con politiche climatiche meno ambiziose", ha comunicato il Parlamento in una nota dopo l'approvazione.

Le aziende che importano nell'Ue una serie di prodotti particolarmente inquinanti nella loro produzione o strategici (ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità, idrogeno) dovranno comunicare quante emissioni inquinanti hanno prodotto per farli. Poi saranno obbligate ad acquistare dei "certificati di carbonio" corrispondenti al prezzo che avrebbero dovuto pagare per produrre le stesse cose nell'Unione europea. In questo modo pagheranno una sorta di tassa misurata sulle tonnellate di CO2 prodotte, per aver prodotto quei beni in modo inquinante.

Nella pratica, la carbon tax è un meccanismo pensato per tutelare le aziende europee, che devono rispettare requisiti piuttosto stretti dal punto di vista della tutela del clima e quindi vedono i costi aumentare. Al contrario, la concorrenza dall'esterno dell'Ue arriva spesso da Paesi che sono meno stringenti a riguardo, e anche per questo possono vendere i loro prodotti a prezzi più bassi.

La carbon tax sarà introdotta non da subito ma, in modo graduale, a partire dal 2026 e fino al 2034. In questo modo si cercherà di evitare un contraccolpo troppo duro per i partner commerciali dell'Unione europea. Perché la carbon tax entri in vigore serve ancora l'approvazione formale del Consiglio europeo, che raccoglie i capi di Stato e di governo dell'Ue.

Lo "scambio di quote" che obbliga le aziende Ue a inquinare poco o pagare

L'altra riforma approvata dal Parlamento europeo è lo scambio di quote di emissione, o Ets. Questo sistema prevede "riduzioni in emissioni nei settori coperti dall’Ets, pari al 62% rispetto ai livelli del 2005, entro il 2030", ha fatto sapere il Parlamento.

In pratica, in certi settori produttivi ci sarà un tetto massimo di emissioni inquinanti consentite. Per andare oltre questa soglia si potranno acquistare delle "quote" dalle aziende che invece saranno state al di sotto. In questo modo, l'idea è di premiare anche economicamente chi produce poche emissioni inquinanti.

Ci sarà un massimo di quote che è possibile scambiarsi ogni anno, e questo limite massimo verrà ridotto gradualmente di anno in anno. Ci saranno anche delle quote gratuite per le imprese, per adattarsi gradualmente al nuovo sistema, ma saranno ridotte tra il 2026 e il 2034 per essere poi azzerate del tutto.

Come detto, nell'Ets saranno inclusi anche i settori del trasporto aereo (che ha già un sistema simile e vedrà azzerate le quote gratuite già entro il 2026) e marittimo. Per i carburanti per trasporto su strada e per gli edifici verrà creato un meccanismo analogo (Ets II) a partire dal 2027 o dal 2028, a seconda del prezzo dell'energia.

Nel 2026 nasce il Fondo sociale per il clima

Infine, il Pe ha anche votato l'adozione di un Fondo sociale per il clima. Si tratta di un fondo che nascerà nel 2026 e sarà rivolto alle "famiglie vulnerabili, le microimprese e gli utenti dei trasporti particolarmente colpiti dalla povertà energetica". Il Fondo avrà lo scopo di "garantire una transizione climatica equa e socialmente inclusiva" e sarà finanziato in parte con i soldi ricavati dalla vendita delle quote del sistema Ets II, con un importo fino a 65 miliardi di euro, e in parte con fondi nazionali.

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