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Pensioni

Chi sono i ricchi pensionati che si trasferiscono in Italia per pagare meno tasse

In Italia alcune norme permettono a chi prende la residenza nel Paese di pagare meno tasse, almeno per i primi anni. Tra queste, una dal 2019 è rivolta ai pensionati che vanno a vivere in piccoli Comuni del Sud Italia. Ecco quante persone la usano e quanto risparmiano con questa esenzione.
A cura di Luca Pons
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Il numero è ridotto, ma è cresciuto costantemente negli ultimi anni. Sempre più pensionati prendono la residenza in Italia e, grazie a una norma del 2019, pagano appena il 7% del loro assegno all'erario. Si tratta di uno dei vari sconti fiscali rivolti alle persone che vengono a vivere nel nostro Paese. Chi sposta la propria residenza fiscale in un piccolo Comune del Sud Italia può tenersi il 93% della propria pensione, e in generale di tutti i redditi ottenuti all'estero.

Come detto, sono diverse le norme che prevedono sconti e agevolazioni per chi si sposta in Italia. Alcune sono rivolte a categorie di persone che si vuole spingere a ritornare nel Paese: è il caso dello sconto per lavoratori che tornano in Italia dopo un periodo all'estero, i cosiddetti ‘impatriati‘, che il governo Meloni ha fortemente tagliato da quest'anno nonostante nel 2022 l'abbiano usato circa 33mila persone. Un altro caso riguarda docenti e ricercatori (e ha avuto 3.300 beneficiari nel 2022).

Una terza misura, invece, è rivolta a persone con redditi particolarmente alti. Trasferendosi in Italia ottengono di poter pagare ‘solo' 100mila euro di tasse all'anno a prescindere dal loro effettivo reddito: l'hanno fatto 987 persone nel 2022. Questi sono i numeri forniti dal ministero dell'Economia, che pochi giorni fa ha pubblicato le statistiche sulle dichiarazioni dei redditi presentate lo scorso anno, quindi riferite al 2022.

Tornando ai pensionati, la norma varata nel 2019 è simile a quella che ha reso Paesi come il Portogallo o l'Albania attraenti per gli italiani. Chi ha un reddito da pensione estera e trasferisce la residenza in un Comune con meno di 20mila abitanti in Sicilia, Calabria, Sardegna, Basilicata, Abruzzo, Molise o Puglia possa versare al posto dell'Irpef un'aliquota sostitutiva pari appena al 7%.

Nel 2022, hanno approfittato di questa possibilità 474 persone, con un reddito complessivo da circa 19 milioni di euro, ovvero in media 40.210 euro annuali (una pensione da circa 3mila euro lordi al mese), mentre il totale dei redditi arrivava a 28,7 milioni di euro, portando la media a circa 60mila euro all'anno di entrate. Con una pensione di quel tipo, chi è già in Italia avrebbe pagato almeno il 35% di Irpef, mentre questi pensionati si sono fermati al 7%.

È una riforma che evidentemente finora ha una presa limitata, ma negli ultimi anni è cresciuta rapidamente. Nel 2021 erano state 286 persone con una pensione media da 30mila euro all'anno (ma quasi il doppio contando i redditi complessivi), nel 2020 159 persone con 28mila euro di pensione. Nel 2019, anno di lancio della misura, l'avevano usata solo 48 persone, con 20mila euro di pensione circa. Si può dire, quindi, che in pochi anni i beneficiari sono diventati dieci volte tanti e l'importo medio della pensione è quasi raddoppiato.

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