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Chi è Roberto Gualtieri, il ministro dell’Economia del governo Conte 2

Roberto Gualtieri, attualmente parlamentare europeo e presidente della commissione per i Problemi economici di Bruxelles, sarà il prossimo ministro dell’Economia. Al dicastero di via XX settembre succederà a Giovanni Tria e sarà il primo politico a occupare quella poltrona dopo tanti anni. Gualtieri, 53 anni, molto apprezzato in Europa, è un professore di Storia contemporanea ed è eurodeputato dal 2009.
A cura di Stefano Rizzuti
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L’ultimo ministro dell’Economia indicato all’interno di un partito è stato Giulio Tremonti. Era il 2011. Poi solo tecnici. Una tradizione, tipica della seconda Repubblica, che ora viene spezzata da Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia del nuovo governo Conte indicato dal Pd. Succederà a Giovanni Tria. Considerato vicino a Mario Draghi e a Jean-Claude Juncker, Gualtieri è molto apprezzato a Bruxelles, tanto da portare la presidente designata della Bce, Christine Lagarde, a parlare di questa scelta come di una buona notizia per l’Italia e per l’Europa. Professore di Storia contemporanea alla Sapienza ed europarlamentare dal 2009, Gualtieri è considerato un profondo conoscitore delle regole e delle procedure europee.

È stato l’unico europarlamentare italiano che ha preso parte ai negoziati per il programma della nuova legislatura in Ue ed è stato confermato, per il secondo quinquennio consecutivo, presidente della commissione per i Problemi economici e monetari (Econ) del Parlamento europeo. Da un punto di vista politico, il suo obiettivo è quello di riformare il patto di stabilità cercando di scorporare gli investimenti per puntare maggiormente sulla crescita. E questo potrebbe essere il punto da cui far partire le trattative con l’Ue per la prossima legge di Bilancio.

Il curriculum di Roberto Gualtieri

Gualtieri nasce nel 1966, è sposato e ha un figlio. Dal suo curriculum, pubblicato sul sito del Parlamento europeo, si nota come sia stato il vicedirettore della Fondazione Istituto Gramsci, oltre che professore associato di Storia contemporanea alla Sapienza. Inizia la sua militanza politica nel 1985, quando riceve la tessera della Fgci proprio dalle mani dell’attuale segretario nazionale Pd e allora segretario romano della Fgci, Nicola Zingaretti. Dal 2001 entra a far parte della segreteria romana dai Ds, poi è membro del Consiglio nazionale dei Ds e successivamente della Direzione nazionale del Pd fino al 2014. Considerato inizialmente vicino a Massimo D’Alema, fa parte anche della Fondazione Italianieuropei. Viene eletto deputato europeo nel 2009 e poi rieletto nel 2014 e nel 2019. Non senza qualche rischio: alle ultime elezioni è stato ripescato in seguito alla decisione di Pietro Bartolo di usufruire del seggio al Sud, lasciando vacante un posto al Centro, dove il futuro ministro dell’Economia era candidato.

La presidenza della commissione Economia dell’Europarlamento

Gualtieri è stato eletto presidente della commissione del Parlamento europeo per i Problemi economici e monetari (Econ) nel 2014. Poi è stato riconfermato in questo ruolo con l’inizio della nuova legislatura. Ha ricoperto un compito fondamentale anche durante le trattative per la Brexit, essendo uno dei membri del gruppo direttivo nonché sherpa del Parlamento europeo per le negoziazioni. Politico.ue lo ha nominato come il terzo eurodeputato più influente della scorsa legislatura, proprio grazie alle sue doti negoziali, tanto da considerarlo il “legislatore più efficace” dell’intero Parlamento di Strasburgo.

La visione politico-economica di Gualtieri

Il neo-ministro dell’Economia si ritiene da tempo un fautore della possibilità di scorporare gli investimenti dal patto di stabilità e crescita. Proprio su questo punto potrebbe insistere durante la trattativa con l’Ue sulla prossima manovra. Gualtieri è un europeista convinto, ma non rinuncia al principio della flessibilità in campo economico. Non a caso è sempre intervenuto in Ue per aiutare l’Italia nella trattativa sulle leggi di Bilancio degli ultimi anni. Il suo obiettivo è quello di arrivare a una riforma del patto di stabilità, levando – come detto – il capitolo degli investimenti dal deficit. Un cambiamento che il neo-ministro vuole portare a termine senza una rottura con l’Ue, ma rimanendo saldamente all’interno di una visione comune e comunitaria.

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