Caso Regeni, sospeso il processo per l’omicidio del ricercatore: che cosa succede ora

È sospeso il processo per il sequestro e l'omicidio di Giulio Regeni il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. La prima Corte di Assise di Roma ha accolto una richiesta sollevata dalla difesa dei quattro 007 egiziani, accusati di omicidio, sequestro e torture, e ha disposto l'invio degli atti alla Corte costituzionale.
In particolare, i difensori degli imputati hanno posto una questione di costituzionalità relativa al loro diritto di difesa, lamentando l'impossibilità del gratuito patrocinio per la nomina di consulenti tecnici. I giudici hanno la questione "non manifestamente infondata" e "rilevante" al fine della definizione del giudizio hanno disposto l'immediata trasmissione degli atti alla Consulta.
Nel processo, lo ricordiamo, sono imputati quattro funzionari dei servizi del governo egiziano, il generale Tariq Sabir, e gli ufficiali Athar Kamal, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdel Sharif, accusati del sequestro e dell'uccisione di Regeni.
Ora dunque, il processo è sospeso in attesa del pronunciamento dei giudici costituzionali. Uno stop che allontana il verdetto e impedisce di trovare giustizia per l'omicidio del ricercatore, a ormai dieci anni dalla sua morte e a più di un anno e mezzo dall'inizio del procedimento. "Non molliamo, siamo qui ad aspettare e speriamo che anche il nostro processo possa concludersi positivamente", avevano commentato i genitori quando nei giorni scorsi i difensori avevano presentato ricorso.
"Siamo molto soddisfatti della decisione della Corte d'Assise che ha accolto la nostra richiesta", ha dichiarato all'Adnkronos l'avvocato Tranquillino Sarno, uno dei difensori dei quattro 007 egiziani dopo la decisione della Corte d'Assise. "La Corte Costituzionale nella sua prima sentenza ha creato la figura dell'imputato formalmente assente ma nei fatti irreperibile", ha proseguito il legale, spiegando le ragioni che hanno spinto le difese a chiedere ai magistrati di valutare la legittimità costituzionale. "Ciò ha comportato una stortura del sistema che su questo, come su molti altri aspetti, non può che sollevare sospetti di violazione del diritto di difesa. Oltre al caso sollevato, si pensi ad esempio all'impossibilità, in caso di condanna, di presentare impugnazione ai sensi delle modifiche legislative apportate dalla riforma Cartabia", ha sottolineato il penalista.