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Caso Asso 29, il Tribunale di Roma condanna l’Italia: cosa succederà a uno dei migranti respinti illegalmente

Il Tribunale di Roma ha ordinato il rilascio di un visto di ingresso per uno dei 260 migranti che erano stati respinti illegalmente in Libia nel 2018 da parte del mercantile italiano Asso 29. Ora l’ambasciata dovrà fornire all’uomo i documenti necessari per essere accolto in Italia e ricevere la protezione internazionale.
A cura di Giulia Casula
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Nuova sentenza per l'Italia sul caso Asso 29. Il Tribunale di Roma ha ordinato il rilascio di un visto di ingresso per uno dei migranti che erano stati respinti illegalmente in Libia nel 2018 da parte del mercantile italiano Asso 29.

Ora l'ambasciata italiana a Tripoli dovrà fornire all'uomo i documenti necessari per fare ingresso nel nostro paese e ricevere la protezione internazionale. Sei anni fa, il cittadino sudanese era finito a bordo della nave italiana assieme ad altri 260 migranti, anche'essi fatti sbarcare nelle coste libiche.

Era stata dapprima la motovedetta libica Zuwara, il 2 luglio 2018, a intercettare i migranti ma a causa delle cattive condizioni del mare e da un'avaria al motore, era stato richiesto l'intervento delle autorità italiane di stanza a Tripoli. Da quest'ultime era partita la richiesta all'Asso 29 che dietro la supervisione dei militari della Duilio, anch'essa presente, aveva caricato a bordo i naufraghi per poi ricondurli in Libia tramite un'operazione di respingimento.

Secondo la giudice, "le autorità italiane che hanno prestato ausilio e il comandante della nave commerciale italiana inviata sul posto, avrebbero dovuto comunque garantire che i naufraghi venissero sbarcati in un luogo sicuro, a prescindere dalla presenza di un ufficiale libico sulla nave e dal fatto che la richiesta di soccorso fosse venuta dalle autorità libiche".

In particolare, poiché c'era stato un contatto con i naufraghi caricati su una nave battente bandiera italiana in acque internazionali, le autorità non avrebbero rispettato l’obbligo di adottare tutte quelle misure per assicurare il trasporto in un posto sicuro e prevenire trattamenti inumani e degradanti.

Sul caso un'altra sentenza era arrivata già a giugno, quando il Tribunale di Roma aveva stabilito che il comandante della nave e le autorità italiane avrebbero dovuto mettere in salvo i migranti e portarli in Italia. Per i responsabili era scattata la condanna a risarcire il danno nei confronti dei cinque migranti che avevano agito in giudizio e che attualmente si trovano in Europa.

A distanza di sei anni, il cittadino sudanese che ha adito alla corte di Roma si trova ancora in Libia dove, si legge nella sentenza, è "sottoposto al rischio concreto di subire trattamenti inumani e degradanti o un danno grave. Senza contare che sussiste anche la concreta possibilità che l’attore venga espulso dalla Libia e rimpatriato in Sudan, ove sarebbe esposto a un grave pericolo in considerazione della situazione di violenza generalizzata presente nella zona di provenienza".

Per queste ragioni, tra cui la violazione dell'obbligo di non respingimento in capo all'Italia, il Tribunale ha riconosciuto il diritto dell'uomo di entrare in Italia con un regolare visto di ingresso e poter finalmente chiedere asilo.

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