Bombardieri (Uil) a Fanpage: “Proroga blocco licenziamenti a fine ottobre o rischio strappo sociale”

Ripartire dal lavoro, dai diritti, dalla sicurezza, dal Mezzogiorno. "Ripartiamo insieme" è lo slogan delle manifestazioni nazionali che si terranno domani in tutta Italia. Tanti i nodi da sciogliere, sui quali i sindacati non vogliono mollare un centimetro. Il blocco dei licenziamenti generalizzato, che scadrà il 30 giugno, ma anche la riforma degli ammortizzatori sociali che è stata annunciata per luglio e che sarà fondamentale in questa fase di transizione. E poi la sicurezza, perché non si può ancora morire sul lavoro: "Per noi c'è una strage in corso", commenta Pierpaolo Bombardieri quando tocchiamo l'argomento. Il segretario generale della Uil, intervistato da Fanpage.it, fa il punto sulla situazione del lavoro nel nostro Paese.
Segretario Bombardieri, domani siete in piazza a Torino, Firenze e Bari con le altre sigle sindacali sotto lo slogan "ripartiamo insieme". Perché?
Protestiamo perché è necessario prorogare il blocco dei licenziamenti, perché i rischi di uno strappo sociale rispetto al mondo del lavoro che si trasforma e che riparte sono molto elevati. Abbiamo bisogno di più tempo, per intervenire con gli ammortizzatori sociali, con le politiche attive del lavoro e per programmare interventi di formazione e riqualificazione professionale per chi rischia di perdere il posto di lavoro. Andiamo in piazza per la proroga del blocco dei licenziamenti, per il tema della sicurezza sul lavoro, per la riforma fiscale, per la riforma delle pensioni, per costruire un Paese che sia in grado di dare più attenzione alle persone a cominciare dai lavoratori, che sono gli stessi che hanno garantito in questo anno la funzionalità del nostro sistema produttivo, anche quando c'era da rischiare la vita.
Al governo chiedete di prorogare la scadenza del blocco fino a quando?
Chiediamo al governo di uniformare il blocco dei licenziamenti fino a fine ottobre. È un periodo che ci permette di affrontare i temi della trasformazione degli ammortizzatori sociali, delle politiche attive del lavoro, che ci permette magari di vedere questa ripresa di cui tutti parlano. Avrebbe aspetti positivi dal punto di vista occupazionale e ci permetterebbe di guadagnare più tempo nella costruzione di un sistema diverso.
A che punto è la riforma degli ammortizzatori sociali? Il ministro Orlando dice che è praticamente pronta ma non se ne sa molto…
Noi abbiamo fatto diversi confronti con il ministro Orlando. Ci ha illustrato gli orientamenti del governo e noi abbiamo portato le nostre proposte. Credo e spero abbiano modificato alcune scelte del governo in senso positivo. Adesso il ministro sta preparando un testo scritto che deve coordinare con i ministri interessati – così ci ha detto – poi ci presenterà un testo scritto, pensiamo per la discussione finale.
Il lavoro e i lavoratori, colpiti dalla crisi dovuta alla pandemia di Covid. È stato fatto abbastanza?
No, ma cominciamo da una verità di cui spesso si parla poco: delle risorse utilizzate in questo Paese fino a adesso, più di 170 miliardi, più del 70% sono andate a favore delle aziende e dei lavoratori privati. Giustamente, ci mancherebbe che in un momento così drammatico gli aiuti non fossero generalizzati. Però vorremmo sottolineare che quegli aiuti e quei soldi non sono stati dati in modo selettivo, che è il modo che si pensa di utilizzare per i licenziamenti, sono stati dati a tutte le aziende. Da quelle che hanno sede sociale all'estero a quelle che non manterranno i livelli occupazionali. Questa cosa avviene solo in questo Paese, in Europa non è successo. Allora servono ancora investimenti sul lavoro, ma che siano mirati con degli obiettivi che definiscano un criterio e rispettino dei principi. Noi questo ci aspettiamo dal governo, soprattutto nell'applicazione del Piano nazionale.
E le misure del Sostegni bis? Contratto di espansione allargato, decontribuzione…
Sono misure che intervengono nell'immediato, come il contratto di solidarietà e la decontribuzione, ma noi dobbiamo intervenire in modo strutturale sul lavoro. Per farlo dobbiamo far ripartire gli investimenti pubblici e stimolare quelli privati e fissare degli obiettivi. Questi sono interventi emergenziali che hanno una logica del breve periodo per rispondere alla crisi, ma che hanno necessità di avere una visione più lunga per intervenire in modo più organico.
Sul lavoro si muore tutti i giorni, ma fa più notizia quando la vittima è una giovane donna o magari un sindacalista ucciso mentre manifestava. Possibile che sulla sicurezza sul lavoro si facciano passi indietro anziché avanti?
Abbiamo lanciato due mesi fa una campagna di sensibilizzazione che si chiama "zero morti sul lavoro", che ha coinvolto tante persone che non hanno a che fare con il nostro sistema di relazioni industriali. Hanno partecipato attori, attrici, scrittori, giornalisti, atleti, perché il tema della sicurezza sul lavoro per noi è un'emergenza nazionale. Abbiamo chiesto al governo di costituire una cabina di regia per l'emergenza nella quale siano coinvolti tutti i ministri, perché non è un tema che può essere affrontato solo dal ministro del Lavoro o dal ministro della Sanità. Servono ispettori, che è vero che stanno aumentando, ma ricordo che negli anni passati su quattro milioni di aziende sono stati fatti diecimila controlli e ottomila sanzioni penali. Non possiamo più parlare di morti bianche, c'è una responsabilità chiara e ben precisa. Bisogna colpire le aziende che non applicano le norme sulla sicurezza: abbiamo proposto una patente a punti e che chi oggi non rispetta la legge sulla sicurezza non possa partecipare ai bandi della pubblica amministrazione.
Domani sarete a Bari. Perché l'Italia e il lavoro devono ripartire dal Mezzogiorno?
Sul Mezzogiorno si sono sprecati fiumi di parole, tante slide e tante interviste. Ma la situazione emergenziale rimane tutta. Sulla sanità, sul lavoro, sulla lotta al caporalato e alla mafia. Abbiamo bisogno di interventi concreti e questo è il nostro modo di sottolineare la necessità di intervenire ancora sul Mezzogiorno, con maggiori investimenti, con più attenzione, con meno chiacchiere e più fatti concreti. Per noi il Mezzogiorno è il cuore del problema e lo strumento attraverso il quale si rilancia il Paese.