Berlusconi: “Quei 40 milioni a Dell’Utri? Un dono ad un amico”

Stavolta le eccezioni presentate e ripresentate dai suoi legali per consentirgli di non rispondere ai pm di Palermo non sono servite. Alla terza citazione e all'ultimo giorno utile per evitare l’accompagnamento coatto, Silvio Berlusconi si è presentato ieri al Palazzo di Giustizia del capoluogo siciliano per essere ascolto dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dal pm Lia Sava, come testimone nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta estorsione ai suoi danni commessa dal senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri. Il Cavaliere ha parlato, a lungo, per quasi tre ore. Gli argomenti più caldi sono stati sicuramente le sue relazioni «pericolose» con l'ex stalliere di Arcore (poi condannato per mafia e omicidi e morto nel 2000), il boss Vittorio Mangano, e col mafioso Tanino Cinà; ma sopratutto il fiume di denaro versato sui conti dell'ex manager di Pubblitalia, che – dal suo punto di vista – è stato corrisposto senza alcuna costrizione. «L’ho aiutato, come ho aiutato tanti altri – ha spiegato il futuro (?) candidato alla presidenza del consiglio – e Marcello in particolare, perché è stato da sempre uno dei miei collaboratori più vicini e fidati». Non si tratterebbe di estorsione, dunque, imposta al Cavaliere da Dell’Utri: nessun ricatto per conto di Cosa Nostra, durato, secondo gli inquirenti, qualcosa come trent’anni.
L'ipotesi dei pm di Palermo era quella che Berlusconi avesse pagato Dell'Utri per comprarsi tramite lui la protezione di Cosa nostra o per assicurarsi il suo silenzio, essendo il senatore a conoscenza dei suoi presunti rapporti coi clan mafiosi. Ingoria e Lia sono andati indietro fino agli Settanta, quando la famiglia Berlusconi avrebbe iniziato a ricevere continue minacce di sequestro, tanto da costringere Silvio a chiedere aiuto all' "amico" Marcello che, tramite Tanino Cinà, gli organizzò un incontro con il boss Stefano Bontade (secondo quanto riportato negli atti di un altro procedimento a carico di Dell’Utri, condannato in più gradi di giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa). Da quella riunione, arrivò la chiamata dello "stalliere" Mangano nelle residenze del Cavaliere come “garanzia contro i sequestri”. E, dunque, cosa ha detto ai magistrati Berlusoni sul conto di Mangano e Cinà? «Persone perbene, impossibile sospettarne i collegamenti con la mafia». In particolare, Mangano «accompagnava i miei figli a scuola, talvolta sedeva anche alla mia tavola, quando avevo ospiti», ha risposto il Cavaliere.
La parte più importante dell'interrogatorio ha riguardato i 40 milioni corrisposti a Dell'Utri. Ad insospettire gli investigatori era sopratutto l'acquisto da parte di Berlusconi della villa del senatore sul lago di Como ad un prezzo esagerato, secondo i pm; ma l'ex premier è certo, quello era il prezzo giusto. Il giorno dopo l'acquisto, 15 dei 21 milioni pagati da Berlusconi furono trasferiti su un conto a Santo Domingo. «Io sono fraterno amico di Dell’Utri, ci siamo frequentati per molti anni ed è lui che ha messo insieme la mia prima squadra di calcio», ha spiegato di fronte ai giudici Berlusconi. E ancora su Dell’Utri, lui «ha il merito di aver fondato Pubblitalia, e naturalmente io mi sento in debito nei suoi confronti, e c’è sempre stata un’intesa tacita che io avrei ripagato questi meriti». Ecco, dunque, spiegato il perché di quei regali: esigenze personali, motivate dalla necessità che l'amico aveva per le ristrutturazioni di immobili, l'acquisito di libri e bisogni di spesa dei familiari del senatore.