“Almeno 242 milioni di euro in 10 anni per respingere i migranti in mare”: la denuncia di SOS Humanity in un report

In occasione del suo decimo anniversario, l’Ong tedesca SOS Humanity oggi pubblica un nuovo report dal titolo: “Borders of (In)humanity”. In 40 pagine, visualizzate da Fanpage.it in anteprima, si getta una luce brutale e necessaria sulle reali conseguenze delle politiche di esternalizzazione delle frontiere adottate dall’Unione Europea. Attraverso le voci di 64 sopravvissuti a bordo della nave Humanity 1, emerge una narrazione tragica e coerente: fuggire è l’unica scelta possibile per chi è intrappolato tra la violenza istituzionalizzata in Libia e la crescente repressione in Tunisia.
Da Mare Nostrum alla cooperazione con i carnefici
Il report ricostruisce come, dalla fine dell’operazione Mare Nostrum nel 2014, l’UE abbia progressivamente abdicato al dovere legale e morale di salvare vite in mare, preferendo investire miliardi di euro nel rafforzare le capacità di controllo di paesi terzi come Libia e Tunisia. Attraverso il supporto di SAR zones, guardie costiere “fantoccio” e accordi bilaterali, l’obiettivo dell'Europa è chiaro: impedire a ogni costo l’arrivo dei migranti in Europa, anche se ciò significa respingerli verso la tortura, lo stupro, la schiavitù e la morte.
“Nel 2018 l’UE ha sostenuto la creazione, da parte della Libia, di una sua zona internazionale di ricerca e soccorso (SAR) e l’istituzione di un centro libico di coordinamento marittimo per i soccorsi. Il sostegno europeo alla cosiddetta Guardia costiera libica e tunisina rende sempre più difficile raggiungere in tempo le persone in difficoltà, prima che vengano catturate e ricondotte nei Paesi da cui fuggivano, in violazione del principio di non respingimento”, spiega Sasha Ockenden co-autore del report.
Gli accordi con la Guardia Costiera libica
“Il nostro report – continua Ockenden – evidenzia un aumento allarmante dei cosiddetti pull-back illegali verso la Libia a partire dal 2021: ogni anno dal 2021 in poi abbiamo registrato più respingimenti rispetto a qualsiasi anno precedente. Nel 2020 e nel 2021 sono stati dati alla Libia due diversi strumenti di finanziamento, entrambi volti a fornire supporto e formazione alla cosiddetta Guardia costiera libica, che esegue i respingimenti. Dal 2016, oltre 166.000 persone sono state intercettate in mare e forzatamente riportate in Libia, rendendo l’UE e i suoi Stati membri complici degli abusi documentati in questo report, tra cui: discriminazioni, persecuzioni, detenzioni arbitrarie senza cibo né cure mediche, schiavitù moderna, tratta di esseri umani, violenze fisiche e sessuali, e desert dumping – ovvero l’abbandono delle persone nel deserto, lasciate a morire.”
Tunisia, nuovo “partner strategico”
Ma se le conseguenze degli accordi europei e italiani con la Libia le conosciamo già da un pò di anni, sono nuove quelle che emergono dalle testimonianze delle persone fuggite dalla Tunisia. Il report mostra, infatti, come la Tunisia stia rapidamente assumendo un ruolo simile a quello della Libia. La Tunisia del presidente Kais Saied è oggi teatro di respingimenti illegali, priva di un sistema d’asilo funzionante e sempre più repressiva verso migranti subsahariani. Le testimonianze raccontano di lavori forzati, sfruttamento sessuale, violenze fisiche e psicologiche, e perfino della pratica dell’abbandono forzato nel deserto ai confini con la Libia.
“Il numero di persone forzatamente respinte in Tunisia con il sostegno dell’UE è aumentato significativamente ogni anno dal 2020 al 2023 (nel 2023, più persone sono fuggite dalla Tunisia che dalla Libia). Durante questo periodo, la situazione dei diritti umani per le persone in movimento nel Paese è peggiorata con la stessa rapidità. Eppure, nel 2023 l’UE ha siglato un partenariato che includeva 105 milioni di euro per il controllo delle frontiere e della migrazione, con ulteriori finanziamenti apparentemente in programma”, spiega Ockenden, “quando ero a bordo della Humanity 1 nel 2023, ho raccolto testimonianze di sopravvissuti che in Tunisia avevano subito violenze razziste indicibili, come Demsy (nome di fantasia), la cui moglie incinta era stata picchiata così brutalmente che quando è arrivata nella clinica della nave aveva perso il bambino che portava in grembo. Queste storie sono la norma, non l’eccezione. Eppure, nel 2024 l’UE ha sostenuto la creazione di una zona di ricerca e soccorso tunisina, conferendo legittimità a un attore accusato di abusi sistematici, stupri e traffico di esseri umani”.
Il prezzo umano ed economico dell’esternalizzazione
Il paradosso che emerge dal report è evidente: i fondi europei destinati a combattere i trafficanti finiscono per alimentare gli stessi circuiti criminali che dichiarano di voler fermare.
Il Report stima che tra il 2015 e il 2027, l'UE avrà investito almeno 290,5 milioni di euro solo nei regimi di frontiera di Libia e Tunisia (compresi i finanziamenti per le RCC libiche e tunisine e per le cosiddette guardie costiere tunisine e libiche), per impedire alle persone di fuggire in Europa. In media, su un periodo di dieci anni, ciò corrisponde a 242.083.333 euro, un importo di gran lunga superiore ai costi di gestione di una nave di soccorso come la Humanity .
Il valore più grande del report sta però nelle testimonianze: Romeo, costretto a lavorare come schiavo in Tunisia; Mariam, minacciata dalla polizia di essere deportata nel deserto; Sekou, per cui “la Libia è come l’inferno”; Fatime, che ha perso i fratelli sotto gli spari dei guardacoste libici. Storie che, insieme, compongono un atto d’accusa diretto contro l’ipocrisia europea e le sue politiche sanguinarie.
Nel cuore del Mediterraneo, le politiche europee di esternalizzazione hanno creato una vera e propria macchina di violenza sistemica, portata avanti dai “cani da guardia” della Fortezza Europa. Il report chiede una svolta: cessare ogni cooperazione con Libia e Tunisia, e istituire un vero programma europeo di ricerca e soccorso. Finché l’Europa continuerà ad appaltare il controllo delle sue frontiere a regimi che violano sistematicamente i diritti umani, non potrà più parlare credibilmente di tutela dei diritti né di umanità.