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Perché il video pubblicato dal ministro Bonafede su Battisti viola la legge, la dignità e i valori umani

Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’Associazione Antigone interviene su Fanpage.it: “È gravissimo che un ministro dica che Cesare Battisti debba ‘marcire in galera’, quando secondo il nostro ordinamento le pene devono avere lo scopo di far reintegrare il detenuto in società. Siamo al declino della società giuridica di un Paese”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Dopo l'arresto in Bolivia Cesare Battisti è stato riportato in Italia per scontare la sua pena, dopo 37 anni di latitanza. Ad accoglierlo all'aeroporto di Ciampino c'era il ministro degli Interni Matteo Salvini, con tanto di giacca della Polizia di Stato, e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Per festeggiare l'evento, oltre al comitato d'accoglienza in pompa magna, il ministro pentastellato ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un video ‘celebrativo' dell'impresa, le cui immagini, con musica di sottofondo e ritmo in crescendo che non sono lasciati al caso, sembrano voler dire che è tutto merito del governo giallo-verde. Questa lettura dei fatti è stata smentita da quanti, addetti ai lavori, hanno sottolineato piuttosto il risultato raggiunto dagli agenti dell'Interpol, che hanno condotto le indagini in tutti questi anni, e della nostra magistratura, della nostra intelligence e delle forze dell'ordine che hanno seguito il dossier. Poi certamente l'arrivo del presidente Bolsonaro e i cambi di governo nel Paese sudamericano, già due anni fa, hanno fatto il resto.

Eppure quello che emerge da questo video, o a cui si vuole alludere, è una rivendicazione piena da parte di Lega e M5S di questo successo, presentato con tutta la retorica di una vittoria bellica, prima che politica e culturale. Un bottino di guerra, ecco come è stato presentato Cesare Battisti, e il suo ‘scalpo' è stato poi mostrato dai ministri, senza nascondere un certo compiacimento. Nel video pubblicato da Bonafede la soddisfazione scade quasi nel ridicolo, e la narrazione ricalca più la sceneggiatura di un filmino del prediciottesimo, più che una seria questione di Stato, da trattare anche nel rispetto del diritto del detenuto.

Il ministro ha scritto una didascalia al video: "Il racconto di una giornata che difficilmente dimenticheremo". E di certo non ci dimenticheremo che una delle prime reazioni del ministro Matteo Salvini è stata questa dichiarazione: "Chi sbaglia paga. Finalmente finirà dove merita un assassino comunista, un delinquente, un vigliacco". E ancora "quel balordo mi sembrava sogghignante nonostante i morti che ha sulle spalle". Non stiamo trattando qui la vicenda giudiziaria di Battisti, né, ovviamente, stiamo mettendo in discussione la necessità che sconti la sua pena. Ma piuttosto qui si vuole porre l'accento su un'altra frase, pronunciata dal vicepremier: "Battisti è un assassino e dovrà marcire in galera fino alla fine dei suoi giorni. In prigione non uscirà vivo". Lo Stato però non dovrebbe mai mettersi al livello di un criminale. Il ghigno di Battisti non giustifica insomma il piacere ostentato per la vendetta da parte di uomo delle istituzioni.

Ma come ha sottolineato l'Associazione Antigone, gli aspetti ‘culturali' e ‘umani' non sono le uniche note stonate del video. L'associazione, che si occupa anche di diritti umani e di carceri, ha evidenziato come in questo caso abbiamo assistito a una "spettacolarizzazione di un arresto", di una persona che sconterà l'ergastolo. Ed è paradossale che una tale ‘leggerezza' sia stata commessa proprio dal ministro della Giustizia, che dovrebbe conoscere a menadito l'Ordinamento penitenziario. Innanzi tutto esiste l'articolo 114 del codice di procedura penale, che vieta "la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica"; ed è proprio la condizione in cui è stato ripreso dalle telecamere l'ex terrorista.
E poi secondo l'articolo 42 bis dell'Ordinamento penitenziario si dovrebbero adottare "opportune cautele per proteggere" gli arrestati "dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità". Esattamente l'opposto di quanto avvenuto nel caso di Cesare Battisti, tutt'altro che lontano da occhi indiscreti, anzi seguito con voyeuristico interesse anche mentre gli vengono prese le impronte digitali. L'unica consolazione è che il post di denuncia pubblicato sulla pagina Facebook dell'associazione ha ottenuto un numero di like (oltre 4mila) e di condivisioni pari a quello raggiunto dal video di Bonafede.

"C'è anche una questione di natura Costituzionale – ha detto Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell'Associazione Antigone, contattata da Fanpage.it – È gravissimo che un ministro dica che Cesare Battisti debba ‘marcire in galera', quando secondo il nostro ordinamento le pene devono avere lo scopo di far reintegrare il detenuto in società. Siamo al declino della società giuridica di un Paese. Non importa a questo punto stabilire se il ministro Bonafede sia sanzionabile o meno, le norme da questo punto di vista sono vaghe, anche perché non siamo a conoscenza di precedenti simili". 

"C'è una pena, la reclusione – in questo caso l'ergastolo – che è afflittiva, ed è quella che una società democratica si è data, scritta nella parte generale del Codice penale. Non esiste e non dovrebbe esistere la gogna mediatica, né il flagello sulla pubblica piazza, come nel Medioevo. Qualsiasi pena aggiuntiva è illegittima e illecita. È plateale l'incapacità, prima di tutto culturale, da parte di questi ministri, di gestire una situazione del genere", ha concluso Marietti.

La Camera Penale di Roma vuole presentare un esposto

La bufera generata dal ministro Bonafede non si placa. La Camera Penale di Roma è pronta a presentare un esposto per il video-spot. La vicepresidente del Senato, Anna Rossomando, ha depositato un'interrogazione al governo, per chiedere "se il Ministro abbia valutato l'opportunità di diffondere tale video alla luce delle evidenti ragioni di sicurezza e protezione che dovrebbero essere garantite ai poliziotti penitenziari impiegati in un servizio così delicato; se tra gli uomini ripresi vi fossero anche appartenenti al G.O.M., reparto della Polizia Penitenziaria che svolge il delicato compito della custodia di pericolosi detenuti mafiosi e terroristi; se la pubblicazione del video non abbia esposto poliziotti penitenziari e agenti della Polizia di Stato a rischi per la loro sicurezza e incolumità e cosa intenda fare il Ministro per tutelarli dopo la rivelazione e diffusione ad un larghissimo pubblico della loro identità". L'interrogazione è stata sottoscritta anche dal Capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci e da altri 28 senatori.

Il video, secondo Mauro Palma, Garante dei detenuti, "pubblicato sulla rivista online ministeriale purtroppo si aggiunge a quel riferimento al ‘marcire' che il ministro dell'interno ha più volte espresso in suoi video". Palma spera pertanto che si provvederà a rimuoverli: "Frasi e immagini che puntano ad acquisire consenso attraverso un linguaggio estraneo a quello del Costituente, finiscono per consolidare una cultura di disgregazione sociale".

"Come Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà – ha aggiunto Palma – ho atteso che calasse il clamore attorno all'operazione che ha riportato Battisti alla doverosa realtà dell'esecuzione di quella pena che la giustizia gli ha inflitto per quanto commesso. Un punto di arrivo che avrebbe richiesto un atteggiamento sobrio sul piano istituzionale e su quello della comunicazione. Non è stato così. E poiché alle parole che cercano – in contrasto con la nostra Costituzione – di dare alla pena il significato del ‘marcire in carcere', si sono aggiunti i video che dettagliatamente riprendono le varie fasi della traduzione in carcere della persona estradata, ritengo doveroso richiamare quanto affermato dal nostro ordinamento penitenziario, che all'articolo 42-bis comma 4, prescrive che nelle traduzioni siano ‘adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità'. L'articolo prosegue prevedendo sanzioni disciplinari per chi non osservi tale disposizione: certamente il legislatore non poteva supporre che fossero i vertici delle Istituzioni a non rispettarla".

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