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Pensioni, ecco la nuova proposta del governo per il calcolo della speranza di vita

Nelle trattative tra governo e sindacati spunta fuori una proposta per modificare il meccanismo di calcolo dell’età per la pensione. Cgil Cisl e Uil sottolineano che la platea delle categorie esentate dall’innalzamento dell’età per la pensione a 67 anni, per via dell’adeguamento all’aspettativa di vita, è ancora troppo ristretta.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il governo vuole introdurre un nuovo meccanismo di calcolo dell'aspettativa di vita, a cui agganciare l'età di pensione, a partire dal 2021, che consideri la media di un biennio confrontata con il biennio precedente, da cui ricavare lo scostamento. È questa la proposta che è venuta fuori dal tavolo tecnico con i sindacati a Palazzo Chigi. Per i sindacati quest'ipotesi è un'apertura da parte del governo. Lunedì è previsto un incontro con il premier, Paolo Gentiloni e ci sarà anche  un nuovo incontro tecnico.

Come funzionerebbe questo meccanismo di calcolo

In pratica, dal 2021 l'aspettativa di vita verrebbe calcolata considerando la media del biennio 2018-2019 confrontata con la media del biennio precedente; l'eventuale aumento sarebbe portato sul biennio 2021-2022. Se dal confronto di un biennio con quello precedente, dovesse emergere al contrario un calo della speranza di vita, questo verrebbe assorbito nel biennio successivo a quello in considerazione. Tradotto: in caso di riduzione dell'aspettativa di vita non ci sarebbe mai un calo dell'età pensionabile ma solo uno stop. L'adeguamento dell'età di pensionamento alla speranza di vita continuerebbe a scattare ogni due anni. 

Ma i sindacati sono insoddisfatti soprattuto per il mancato allargamento della platea delle categorie esentate dall'innalzamento dell'età per la pensione di vecchiaia, per la quale dal 2019 sarà necessario il raggiungimento dei 67 anni, con un aumento di cinque mesi. Se non ci dovessero essere ulteriori rinvii, come richiesto proprio dalle organizzazioni sindacali e dal Pd, il decreto ministeriale che dovrebbe rendere operativo l'aumento a 67 anni dal 1 gennaio 2019, arriverà entro il 31 dicembre di quest'anno.

Sul gruppo dei lavori gravosi al momento individuati per essere esclusi dall'aumento la proposta del governo i sindacati dicono che "non va bene e va corretta". Si riferiscono alla ristretta platea delle 15 categorie, le 11 già previste dall'Ape social, cioè operai edili, autisti di gru e di macchine per l’edilizia, conciatori, macchinisti e personale viaggiante, autisti di mezzi pesanti e camion, infermiere e ostetriche ospedaliere turniste, badanti, maestre d’asilo, facchini, personale addetto ai servizi di pulizia, operatori ecologici; più le 4 dei braccianti, siderurgici, marittimi e pescatori. Un totale di 15-20 mila persone, il 10% dei pensionamenti stimati per il 2019. Cgil Cisl e Uil insistono che sul tavolo non ci sono gli altri temi della previdenza che riguardano in particolare i giovani e le donne e ribadiscono la richiesta di prorogare l'Ape social, che scadrà dopo il 2018.

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