Omicidio fidanzati di Pordenone, la ragazza di Ruotolo: “Mi sento in colpa”

Anche se sono stati gli stessi inquirenti a ridimensionare il suo ruolo all'interno della vicenda dell'omicidio della coppia di Pordenone, Rosaria Patrone, la fidanzata di Giosuè Ruotolo, l'uomo finito in carcere con l'accusa del duplice omicidio premeditato di Trifone Ragone e Teresa Costanza, ha comunque avuto una parte della tragica vicenda. Lo ha spiegato il Procuratore della repubblica di Pordenone, Marco Martani, ricostruendo la posizione della ragazza, finita ieri gli arresti domiciliari nella propria abitazione di Somma Vesuviana, nel Napoletano, con la sola accusa di favoreggiamento è non più con quella più grave di istigazione al delitto.
Per i pm friulani Rosaria Patrone infatti avrebbe aiutato il fidanzato ad eludere le investigazioni mettendo atto diversi tentativi di inquinare le prove a carico di Giosuè Ruotolo. In particolare la 24enne avrebbe chiesto alle amiche di tacere sull'esistenza del falso profilo Facebook da cui sarebbero partite delle molestie nei confronti di Teresa Costanza. "Rosaria aveva confidato ad alcune amiche di sentirsi in colpa temendo di essere stata lei la causa del duplice omicidio", ha riferito infatti il Procuratore in conferenza stampa, aggiungendo: "Rosaria temeva di essere stata ricollegata al delitto per essere entrata nel profilo Facebook anonimo. Un dettaglio quest'ultimo che le amiche ci hanno riferito e che non potevano aver appreso dalla stampa, e che quindi può essere frutto solo del fatto di averla ascoltata dall'interessata".
"Circa i messaggi inviati dal profilo, una ventina in tutto, sono stati inviati tutte le volte che Ruotolo era in servizio e aveva accesso ai pc della caserma da cui sono partite le missive vessatorie" ha sottolineato il Procuratore, rivelando inoltre che "tre amiche hanno anche riferito che la Patrone, in un'occasione accompagnata dalla mamma, consegnando dei "pizzini" in cui sollecitava le amiche a restare in silenzio, le invitava a non far trapelare nulla del profilo Facebook". Per ribadire il profilo di pericolosità in merito all'inquinamento delle prove da parte della 24enne, il magistrato ha ricordato infine che Rosaria "parlava con le amiche soltanto all'aperto e coi telefonini spenti per paura di essere controllata dai Carabinieri".