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Nuove scoperte a Pompei: ma perché dopo tanti anni avvengono proprio ora?

Nell’ultimo anno l’antica città di Pompei ci ha regalato una quantità enorme di reperti e nuove scoperte: ma perché, dopo decenni di immobilità, proprio ora l’area archeologica più famosa al mondo decide di continuare a raccontarci di sé? Merito del Grande progetto che ha riguardato gli scavi e che ha letteralmente modificato il volto del sito archeologico.
A cura di Federica D'Alfonso
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Da un po’ di tempo a questa parte l’area archeologica di Pompei sembra essere tornata a nuova vita: da mesi ormai, i ritrovamenti si susseguono in maniera continua e ininterrotta, regalandoci emozionanti reperti sempre diversi. Ma a cosa è dovuto questo nuovo e importantissimo ciclo di ritrovamenti? In gran parte al Grande progetto che ha riguardato Pompei a partire dal 2012: investimenti, nuove forze e volontà di far tornare una delle meraviglie archeologiche del nostro Paese al suo antico splendore.

Un curioso caso ha voluto che la prima di questa lunga serie di rinvenimenti fosse proprio nella Casa dei Gladiatori: nello stesso luogo che nel 2010 aveva subito crolli rovinosi, nel novembre 2017 sono emerse anfore antichissime con ancora addosso le tracce degli alimenti che conservavano. Fu proprio a causa, o grazie, al crollo della Schola Armaturarum che il Grande progetto Pompei prese il via: 105 milioni di euro fra fondi nazionali ed europei, che hanno consentito non solo il restauro e la bonifica di numerose aree, ma anche l’avvio di nuove campagne di scavo in aree fino a quel momento inesplorate.

La domus delle Botteghe, la Casa del Triclinio e quella del Larario Fiorito sono state finalmente riaperte dopo anni, e la lunga serie di interventi di manutenzione e messa in sicurezza hanno portato, nel solo 2017, circa 3 milioni e mezzo di visitatori. Una vera e propria nuova vita per Pompei.

La regio V: la zona dei tesori inesplorati

L’area che sta regalando i maggiori tesori è quella indicata dagli archeologi come regio V: una vasta superficie di 1400 metri quadrati che ad oggi risulta ancora parzialmente inesplorata e che comprende numerose botteghe, 14 thermopolia e la Casa dell’Ara Massima e quella del Triclinio.

È in questa zona che nell'agosto 2018 gli archeologi si sono imbattuti nella bellissima Casa di Giove: un’abitazione già in parte scavata nel XIX secolo, quando venne alla luce un quadretto raffigurante Giove appunto, che dà il nome alla domus. Dai recenti lavori di scavo sono emersi nuovi stucchi e affreschi, insieme a marmi riccamente decorati, che raccontano qualcosa in più sull'eccentrico padrone di casa: si tratterebbe del senatore Nonius Balbus, potente uomo politico dell’epoca, che scelse di decorare la sua abitazione con dipinti all'ultima moda.

Nello stesso mese di agosto è emerso, per la prima volta dopo secoli, il secondo affresco conosciuto nell'antica città raffigurante il dio Priapo: situato in una domus sulla via del Vesuvio, il dipinto è simile a quello rinvenuto nella Casa dei Vettii, con la divinità impegnata a pesare il proprio membro su una bilancia, atto simbolo di buona sorte e fertilità.

Ma la scoperta che più ha stupito i ricercatori è stata quella del vivace ed ancora perfettamente conservato rosso pompeiano dipinto nel cosiddetto “Vicolo dei Balconi”: un colore così intenso da sembrare dipinto di fresco, perfettamente conservato da strati secolari di terra e cenere. Questa straordinaria scoperta, avvenuta lo scorso maggio, verrà inserita in un percorso di visita del tutto nuovo, che collegherà la via di Nola con il vicolo delle Nozze d’Argento.

Pompei fra vita e morte: gli scheletri

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Oltre a queste, quasi ogni giorno gli archeologi disseppelliscono anfore e oggetti di vita quotidiana che ci raccontano in modo ancor più dettagliato come doveva essere la vita nell'antica Pompei: lo scorso luglio sono emerse svariate urne cinerarie e un magnifico anello con un serpente, insieme ad anfore e suppellettili.

Ma Pompei non è solo architettura e strade: è, ed è stata, soprattutto vita. Come ci testimoniano i numerosissimi scheletri che ancora emergono dalle stratificazioni del tempo. Il più fortunato ritrovamento in questo senso è stato nel maggio 2018, quando sempre nella regio V è venuto alla luce uno scheletro molto particolare: un uomo di circa trentacinque anni, morto né per asfissia né bruciato, ma letteralmente schiacciato da un masso di 200 chili. La vittima stava probabilmente tentando di fuggire quando il gigantesco blocco di pietra gli è piombato addosso sbalzandolo all'indietro. Una scena drammatica che però ci ricorda quanto abbiamo ancora da scoprire sugli ultimi terribili istanti degli abitanti di questa città.

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