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La newsletter di Fanpage.it contro il silenzio

Ciao,
permettimi di rubare due righe per esprimere, anche qui – a nome di tutta la redazione di Fanpage, di tutte le lettrici e i lettori, e di te che leggi Rumore – la solidarietà a Sigfrido Ranucci per l’attentato che ha subito.
L’abbiamo già scritto, ci ripetiamo: che la politica si sia accorta, almeno a parole, che il giornalismo libero e indipendente sia qualcosa di sacro, da tutelare, è una cosa molto bella. Riuscissimo anche ad approfittare di questo bruttissimo episodio per passare dalle parole ai fatti, magari con una legge contro le querele temerarie, fatte cioè al solo scopo di intimidire. O sganciando finalmente la Rai dal controllo dei partiti, come ci chiede il Media Freedom Act europeo, che l’Italia non ha ancora ratificato. O ancora, provando davvero a capire chi ha spiato i giornalisti con Paragon, anziché rubricare la questione come una cosa “poco importante”, ecco, sarebbe davvero importante.
Perché quando il giornalismo rompe le scatole al potere e al malaffare più di quanto il potere e il malaffare le rompono al giornalismo, allora vuol dire che la democrazia è in salute. Se accade il contrario, invece, bisogna preoccuparsi.
Ma ora, come ogni lunedì, passiamo alle vostre domande: oggi parleremo di partecipazione politica, di prospettive di pace in Medio Oriente e di giustizia.
Dopo le regionali in Toscana come al solito hanno vinto tutti tranne Lega e Movimento 5 stelle. Non ho sentito nessuno interrogarsi a proposito dell’affluenza sotto al 50% in una regione dove l’affluenza è sempre stata alta. C’è un limite oltre al quale un’elezione può essere invalidata o arriveremo che si andrà a votare in 3 e chi prenderà 2 voti avrà vinto? O peggio non ci faranno più votare? Grazie, un saluto.
Claudio
Ciao Claudio, grazie per la tua riflessione, il problema che sollevi è sotto gli occhi di tutti, anche dei partiti, i quali però sembrano non avere ricette a portata di mano per invertire una tendenza che accompagna ormai da anni le elezioni, europee, politiche e amministrative. Nel caso della Toscana, lo abbiamo messo in evidenza, il calo di affluenza tocca sia destra che sinistra, indistintamente. Rispetto al 2020, l’affluenza è scesa dal 62,6% al 47,73%. Praticamente ha votato meno di un elettore su due, un dato preoccupante anche in vista delle prossime elezioni in Puglia, Campania e Veneto a novembre. La democrazia è a rischio, come giustamente osservi tu, e nessuno si salva. Anche perché, come saprai – a meno che non si parli di referendum abrogativi, per i quali è un richiesto un quorum del 50% + 1 degli aventi diritto al voto – le elezioni sono valide anche se c'è un'affluenza molto bassa.
Il sondaggista Livio Gigliuto (Piepoli), intervistato da Fanpage.it, ha sottolineato come il tema della scarsa partecipazione in Toscana riguardi tutte le forze politiche: “C’è stato un calo di 15 punti dell'affluenza, e il risultato finale è identico a cinque anni. Significa che il calo di affluenza è trasversale". Sempre più elettori, a prescindere dall’appartenenza politica, scelgono di rimanere a casa quando è il momento di andare ai seggi. Ma chi sono questi cittadini delusi dalla politica? Secondo un recente sondaggio pubblicato da Izi, la quota dell'astensionismo è ormai assestata sul 50% degli aventi diritto. Di questi, il 20% è un assenteismo strutturale ineliminabile. Il restante 30% è, per ammissione, un "assenteismo per scelta". Il 21,4% di chi oggi non vota dice che continuerà a non votare comunque. Il 17% chiede invece un ricambio della classe politica, stessa percentuale di chi vorrebbe leader più credibili. E l'11,8% degli intervistati chiede la nascita di un nuovo partito in grado di rappresentarli. A prescindere da questa fosca panoramica, un piccolo segnale di ottimismo viene dalle piazze per Gaza e per la Flotilla che abbiamo visto nelle ultime settimane. Un’indagine di Piepoli, realizzata tra il 29 settembre e il 1 ottobre, mostrava come la metà (il 45%) del partito dell’astensione in Italia fosse a favore della missione della Fotilla. Significa che c’è ancora una voglia di partecipazione, di sovvertire lo stato attuale delle cose, e significa che ci sono temi su cui gli italiani che non hanno più fiducia nella politica sono ancora pronti a mobilitarsi. Magari questi temi di respiro più internazionale c’entrano poco con il contesto delle elezioni locali, ma potrebbero giocare un ruolo per le Politiche del 2027.
Annalisa Cangemi, vicecapo area Politica Fanpage.it
In cosa differisce questo piano di pace da quello proposto da Biden mesi fa e non accettato da Israele?
Sabrina
Ciao Sabrina, il piano per Gaza in 20 punti di Donald Trump è stato alla base dell’accordo che ha portato al cessate il fuoco tra Hamas e Israele e che ha visto il presidente USA diventare il protagonista indiscusso della politica mondiale negli ultimi giorni. La rivista Time lo ha chiamato "His Triumph” dedicandogli la sua ultima copertina e i deputati israeliani gli hanno tributato omaggi e applausi durante la sua visita alla Knesset.
Eppure, il suo piano è molto simile a quello presentato dal suo predecessore alla Casa Bianca, Joe Biden, che pure propose un piano di pace, in tre fasi, per mettere fine alla guerra, il 31 maggio 2024. Nel piano Biden la prima fase era costituita da un cessate il fuoco provvisorio di 3 settimane con scambio di ostaggi e prigionieri e l’arrivo di aiuti umanitari a Gaza. La seconda fase prevedeva una “interruzione permanente delle ostilità” con il ritiro delle IDF dalla Striscia (cosa che Israele non volle) e infine nella terza fase si sarebbe dovuto lavorare alla creazione delle condizioni per un percorso politico. Suona familiare?
In effetti sì, al punto che nei giorni scorsi l’ex segretario di Stato Anthony Blinken ha affermato che il Tycoon ha “adottato e sviluppato il piano elaborato dall’amministrazione Biden”. Ma ci sono delle differenze sostanziali. Prima di tutto, ricordiamo che il piano Biden fu criticato dal governo israeliano che lo definì “parziale” per cui non potevano accettarlo prima di avere certe garanzie. A spiegare perché questa volta il piano della Casa Bianca è stato accettato da Tel Aviv è stato il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar: “Questo piano non ha paralleli con il passato: finora Hamas non aveva mai accettato la smilitarizzazione e aveva sempre chiesto il pieno ritiro israeliano come premessa per rilasciare gli ostaggi. Le condizioni oggi sono molto diverse, siamo ancora presenti in una parte della Striscia per motivi di sicurezza e c’è un forte impegno americano ad andare avanti”. Che abbia contribuito anche la capacità di diplomatica del tycoon? Sicuramente. Ma ora la parola passa alla Storia: solo nelle prossime settimane si potrà davvero capire se il piano Trump sta funzionando o meno.
Ida Artiaco, vice capa area Cronaca Fanpage.it
Si sta creando un clima di timore che Netanyahu, non venga poi giudicato per i suoi crimini di Guerra, poiché Trump per evitare questo, ha già messo le mani avanti. Quale azione si dovrebbe muovere per far sì che questo non avvenga?
Loretta
Ciao Loretta, è vero, alcuni giorni fa – intervenendo alla Knesset – Donald Trump ha chiesto al presidente israeliano Isaac Herzog di graziare il premier Benjamin Netanyahu, incriminato nel suo Paese per corruzione, frode e abuso di ufficio.
Ora, cara Loretta, se è vero che Herzog potrebbe potenzialmente graziare Netanyahu per i reati di cui è imputato a livello nazionale, tale grazia non può riguardare crimini che non sono suscettibili di perdono, ossia i crimini di guerra e contro l’umanità per i quali Netanyahu è ricercato dalla Corte Penale Internazionale da ormai quasi un anno.
A tal proposito abbiamo interpellato Luigi Daniele, docente di diritto internazionale all'Università degli Studi del Molise. Il professore ha riconosciuto che "Trump continua a utilizzare il proprio potere in maniera intimidatoria, imponendo sanzioni di natura ‘mafiosa' nei confronti di giudici e procuratori della Corte Penale Internazionale". Per consentire che i procedimenti della Corte possano svolgersi regolarmente – prosegue Daniele – "è fondamentale porre al centro dell’attenzione pubblica e delle mobilitazioni, sia nazionali che internazionali, il diritto alla giustizia per il popolo palestinese e la necessità che i nostri governi sostengano la Corte Penale Internazionale, invece di ostacolarne l’operato".
Esiste, inoltre, uno strumento concreto e già a disposizione dei governi europei – incluso quello italiano – per difendere la Corte Penale Internazionale. Lo spiega sempre Luigi Daniele: "Si tratta del ‘regolamento di blocco', un meccanismo giuridico dell’UE che consente di neutralizzare, all’interno del territorio degli Stati membri, gli effetti di sanzioni illegali imposte da Paesi terzi. È dunque particolarmente grave e vergognoso che il governo italiano non abbia ancora sostenuto questa iniziativa, già avanzata da altri Stati europei, per attivare tale regolamento in difesa della Corte Penale Internazionale". Insomma, Loretta, esistono già strumenti giuridici per limitare il bullismo di Donald Trump: basterebbe solo applicarli, cosa che il governo Meloni non sta facendo.
Davide Falcioni, area Cronaca Fanpage.it
Direi che è tutto, anche per oggi.
Grazie per averci accompagnato fino a qua.
Francesco