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Covid 19

“Impossibile vaccinare oggi come facemmo col colera. E coi ritmi odierni ci vorranno anni”

Per vaccinare il maggior numero di persone in tempi brevi è necessario estendere gli orari delle somministrazioni e utilizzare al meglio gli spazi. Lo spiega a Fanpage.it l’infettivologo Franco Faella, che torna sul paragone con il colera: all’epoca in pochi giorni si vaccinarono centinaia di migliaia di persone, ma usare quei sistemi col vaccino anti Covid non è possibile.
Intervista a Dott. Francesco Saverio Faella
Infettivologo, consulente Asl Napoli 1
A cura di Nico Falco
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Un momento della vaccinazione contro il colera a Napoli nel 1973.
Un momento della vaccinazione contro il colera a Napoli nel 1973
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Procedendo con i ritmi di oggi ci vorranno mesi, se non anni, per vaccinare tutti, ma ogni ritardo può trasformarsi in nuovi contagi e in nuovi decessi. Per velocizzare i tempi è necessario che tutto il comparto sanitario venga organizzato nel modo più funzionale: dagli spazi, che dovranno essere sfruttati al meglio, al personale, coinvolgendo anche i medici di base, agli orari, vaccinando anche di pomeriggio.

Lo spiega a Fanpage.it il professor Franco Faella, tra gli infettivologi più importanti d'Italia, ritornato dalla pensione per coordinare la conversione degli ospedali dell'Asl Napoli 1 in presidi Covid. Per anni alla guida del Dipartimento Malattie Infettive ed Emergenze Infettivologiche dell'ospedale Cotugno, Faella è stato in prima linea dagli anni '70, quando Napoli piombò nell'incubo del colera. E anche allora la salvezza arrivò con la vaccinazione.

Professor Faella, ma è possibile pensare a una campagna di vaccinazione come quella per il colera?

Sicuramente non è possibile vaccinare con gli stessi ritmi di allora: all'epoca gli americani portarono le siringhe a pistola, e con quelle se ne facevano a centinaia, ma questo sistema non si può utilizzare per i vaccini di oggi. Però è possibile mettere a punto una organizzazione più solida: si potrebbero coinvolgere i medici di base e quelli da poco in pensione. Ma la cosa più importante è estendere gli orari in cui vengono somministrate le dosi ed utilizzare al massimo gli spazi che abbiamo a disposizione, in modo da rispettare anche le norme anti contagio. Non si può pensare di farlo soltanto tre o quattro ore al mattino, si dovrebbe andare avanti almeno fino alle 18. Se in Campania in dieci giorni facciamo 10mila vaccinazioni, significa che finiremo tra tre anni.

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Ma questo presuppone un aumento di spesa delle Asl per pagare il personale.

Dobbiamo pensare anche che, per ogni ritardo che ci sarà, una certa percentuale di pazienti potrebbe morire per questa malattia. Certe responsabilità devono essere prese in considerazione. Ogni giorno che si perde si aumenta il rischio, diciamoci le cose come stanno. I medici di base potrebbero fare un elenco dei loro assistiti dei pazienti al di sopra dei 70 anni, quelli nella fascia di età considerata a rischio, e si potrebbe somministrare il vaccino ad una ventina di questi al giorno di pomeriggio. Sempre in ospedale, in modo da essere preparati ad eventuali reazioni avverse o per qualsiasi evenienza. Ogni struttura deve essere utilizzata al massimo.

In questi giorni si è sentito più volte di persone positive dopo il vaccino. Come si può spiegare?

In questo tipo di vaccino non viene utilizzato un virus attenuato. Soltanto quello cinese contiene il virus "spezzettato", come il vaccino per l'influenza, ma si tratta di frammenti, c'è solamente la proteina S. Gli altri vaccini, sia quello che utilizza il Rna messaggero inglobato nella vescicola lipidica, sia quello che utilizza l'Rna messaggero inglobato nell'adenovirus del raffreddore dello scimpanzè, non contengono il virus Sars-Cov-2 e se uno diventa positivo dopo la vaccinazione significa soltanto che è stato contagiato in altro modo.

Non è possibile che la vaccinazione possa portare a un contagio e a una positività, assolutamente. Poteva succedere quando inizialmente si faceva il vaccino Sabin, che conteneva il virus della polio attenuato, e se l'attenuazione non era fatta in maniera adeguata c'era la possibilità di contrarre la poliomielite iatrogena. Adesso con questo tipo di vaccino non esiste più questa possibilità.

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Quando comincia l'immunizzazione dopo il vaccino?

Un paio di giorni dopo la somministrazione del vaccino con Rna le cellule umane producono la proteina S, la proteina dello Spike. Dopo un altro paio di giorni questa proteina comincia a svolgere la sua funzione antigenica e comincia la formazione degli anticorpi. È ancora un basso livello, ma le cellule immunitarie ricevono l'informazione di formare questa proteina. Questo processo di acquisizione dell'informazione impiega 20 giorni.

Con l'iniezione di richiamo e si ha quello che si chiama "effetto booster": si forma un'ondata di anticorpi perché l'organismo ormai conosce questo antigene e crea una quantità di anticorpi necessaria e sufficiente a proteggersi dalla malattia. Questo succede nel 90% dei pazienti che vengono vaccinati. I vaccini che stiamo usando hanno una risposta ottimale: per fare un esempio torniamo a quello del colera, che aveva una protezione che non superava il 50/55%. In medicina il 90% è un successo eccezionale.

Lei il vaccino lo ha fatto?

Certo, a breve farò anche la seconda dose. E non ho avuto nessun effetto collaterale.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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