Testimone di Geova ricoverata denuncia i medici per una trasfusione, il Tribunale di Napoli li assolve

Una donna testimone di Geova aveva denunciato due medici dell'Ospedale "Antonio Cardarelli" di Napoli per averle praticato una trasfusione di sangue – proibita dal suo credo – che ritenevano fosse l'unico modo per salvarle la vita. Dopo 7 anni, il Tribunale li ha assolti con formula piena. Il fatto risale al 2018. La paziente, di origine filippina, si era recata in ospedale in gravi condizioni. Al momento del ricovero aveva anche consegnato un documento scritto – le Dat (direttive anticipatorie di trattamento) – col quale, secondo la legge sul biotestamento del 2017, rifiutava di sottoporsi ad eventuali trasfusioni.
La donna ricoverata per una grave patologia
Il personale sanitario ne prese atto, ma le condizioni di salute della donna, affetta da una grave patologia ginecologica, si aggravarono. I medici informarono la paziente della necessità del trattamento, a loro giudizio necessario per salvarle la vita. Ma anche di fronte al peggioramento del quadro clinico, la donna confermò verbalmente il diniego alla trasfusione. I sanitari, allora, le chiesero di sottoscrivere una documento che confermasse il diniego, ma la donna, in quel momento ricoverata e in gravi condizioni, non acconsentì, in quanto, anche se residente da tempo in Italia, non era sicura di poterne comprendere pienamente il testo.
Il Tribunale di Napoli ha assolto i due medici
Una comunicazione, insomma, ostacolata da "una barriera linguistica", come riporta il capo di imputazione. I medici, a quel punto, le fecero la trasfusione di sangue. La donna guarì, ma quando uscì dal nosocomio, querelò i due medici per lesioni private, ritenendo che la trasfusione forzata fosse stata un abuso e non una necessità salvavita. Sono trascorsi da allora 7 anni e ci sono state 12 udienze. Alla fine, il gup, il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli, Armonia De Rosa, ha accolto la richiesta della difesa, assolvendo i due sanitari perché il fatto non sussiste. Anche il pm Ciro Capasso aveva presentato richiesta di assoluzione. Adesso, gli avvocati della paziente attendono le motivazioni della sentenza – che saranno depositate entro 90 giorni – per valutare la richiesta di appello.