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Suicidio di Arianna Flagiello, condannato il fidanzato: “Esasperata dai maltrattamenti”

Il suicidio di Arianna Flagiello avvenne come “gesto prevedibile”, in conseguenza dei ripetuti maltrattamenti a cui la sottoponeva il fidanzato. Mario Perrotta è stato così condannato per istigazione al suicidio, maltrattamenti con l’aggravante della morte della compagna, e per tentata estorsione nei suoi confronti. In primo grado era stato condannato a 22 anni di carcere.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Arianna Flagiello.

Il suicidio di Arianna Flagiello fu "un gesto prevedibile", perché veniva "continuamente maltrattata". Queste le motivazioni alla sentenza d'Appello per la morte di Arianna Flagiello, che il 19 agosto 2015 si lanciò dal quarto piano della propria abitazione nel quartiere Arenella di Napoli, togliendosi la vita. Per quella morte, i giudici della V Sezione penale della Corte d'Appello del tribunale di Napoli hanno condannato a 19 anni di carcere l'allora fidanzato della donna, Mario Perrotta.

Perrotta, che in primo grado era stato condannato a 22 anni ed era stato assolto dall'accusa di tentata estorsione: reato che invece i giudici della Corte d'Appello hanno riconosciuto come tale, seppur solo ai danni della stessa Arianna Flagiello, e non della madre di lei. La sentenza di secondo grado era giunta lo scorso 29 marzo, ma si attendevano le motivazioni dei giudici, pubblicate nel tardo pomeriggio di oggi. Secondo la corte d'Appello, il suicidio della 33enne Arianna Flagiello non fu il frutto di una "causa autonoma", ma una conseguenza "prevedibile" per i continui maltrattamenti ai quali la donna veniva sottoposta da anni, tanto da causarle quella che i giudici hanno definitivo una "intollerabile disperazione".

Nelle oltre cinquanta pagine delle motivazioni depositate, i giudici hanno spiegato che Mario Perrotta fosse ben consapevole della "condizione di estrema fragilità e di vero terrore" in cui lui stesso aveva ridotto Arianna, tanto da averle perpetuate anche di fronte ai messaggi di lei in cui gli diceva di smetterla altrimenti si sarebbe tolta la vita. Una circostanza emersa anche da alcuni messaggi al cellulare tra i due, acquisiti come prove durante il processo. Mario Perrotta è stato dunque condannato a 19 anni di carcere e riconosciuto colpevole di istigazione al suicidio, maltrattamenti con l'aggravante della morte della compagna, nonché di tentata estorsione nei suoi confronti.

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