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Scarcerato mandante omicidio di don Peppe Diana. L’ira della sorella: “Doveva morire in carcere”

Nunzio De Falco, 71 anni, mandante dell’omicidio di don Peppe Diana, condannato a due ergastoli e detenuto nel carcere di massima sicurezza di Sassari, è stato scarcerato perché in gravi condizioni di salute. La sorella del prete ucciso nel 1994: “Per quello che ha fatto, quell’uomo avrebbe dovuto morire in carcere”.
A cura di Valerio Papadia
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È stato scarcerato Nunzio De Falco, boss del noto clan dei Casalesi – nella fazione avversa a quella di Sandokan – e mandante dell'omicidio di don Peppe Diana, il prete anti-camorra ucciso a Casal di Principe il 19 marzo del 1994, mentre si preparava per la messa. De Falco, 71 anni, condannato a due ergastoli e detenuto nel carcere di massima sicurezza di Sassari, è stato scarcerato dal Tribunale di Sorveglianza perché versa in gravi condizioni di salute: autorizzato il rientro nella sua casa di Villa Literno, nella provincia di Caserta.

La notizia della scarcerazione di Nunzio De Falco ha scatenato la dura reazione di Marisa Diana, sorella di don Peppe, che come riporta Repubblica ha dichiarato: "Per quello che ha fatto, quell'uomo avrebbe dovuto morire in carcere. Io non ho potuto abbracciare mio fratello negli ultimi istanti, don Peppe non e' morto circondato dall'affetto dei propri cari. Dunque nemmeno chi e' stato condannato come mandante del suo omicidio dovrebbe avere questa possibilità".

L'omicidio di don Peppe Diana

Nato proprio a Casal di Principe il 4 luglio del 1958, Giuseppe Diana, don Peppe come sarà conosciuto in seguito, dopo la laurea in Filosofia e gli studi teologici a Napoli aveva deciso di tornare nella sua città natale, dove era stato assegnato alla parrocchia di San Nicola di Bari. In prima linea alla lotta all'illegalità sul territorio, sul quale per anni è stato egemone il potente clan dei Casalesi, don Peppe Diana fu ammazzato il 19 marzo del 1994, nel giorno in cui si celebrava il suo onomastico, proprio in chiesa, mentre si preparava a dire messa: intorno alle 7.20 di quella mattina, fu colpito da cinque proiettili, che non gli lasciarono scampo.

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