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Opinioni
Le notizie sugli stupri al parco verde di Caivano

Quello che Meloni fa finta di non capire sul Parco Verde di Caivano

È la fame che rende tutto sporco, infame, pericoloso. Meloni non può non capire che senza lavoro il Parco Verde è destinato a restare enclave dei clan e ostaggio del male per sempre.
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Nel 1992, pochi mesi prima che Tangentopoli cambiasse la storia di questo Paese, Edoardo Bennato vide il futuro dell'Italia e lo restituì in versi e musica. Decise di farlo in chiave blues, creando un alter ego, Joe Sarnataro. In una delle canzoni più taglienti, "Nisciuno", cantava: «Cca nun se salva nisciuno, manco io, nisciuno!». Qui non si salva nessuno, nemmeno io.

È una frase che viene in mente come risposta a Giorgia Meloni che parla in diretta dal Parco Verde di Caivano, la provincia che torna in mente solo quando diventa cronaca nera.

Parla ed è un monologo poiché ai giornalisti non è stato permesso di porre domande.

Non si salva nessuno e non è nichilismo, non è una scrollata di spalle: piuttosto necessità di una vera assunzione di responsabilità, non solo arte retorica.  «Se siamo qui oggi a condannare un episodio barbaro significa che qui si è consumato un fallimento. E si è consumato un fallimento da parte dello Stato e delle istituzioni nonostante degli sforzi siano stati fatti», dice la premier.

Ma allora gli sforzi perché sono falliti? E di chi è il fallimento? Oppure l'importante era partecipare e non lo avevamo capito? E se c'è stato un disastro pluridecennale perché sono ancora tutti lì?

Le frasi sul fallimento – non a caso le pronuncia anche Vincenzo De Luca,  il migliore dei tiktoker italiani –  non aiutano i pezzi dello Stato che a Caivano hanno operato in questi anni: gli assistenti sociali, le forze dell'ordine, i magistrati, ma pure gli attivisti che per anni si sono spesi nel denunciare i roghi di monnezza e i veleni seppelliti nella Terra dei Fuochi (ormai è tutto dimenticato).

Giorgia Meloni è arrivata nella provincia di Napoli col campionario tipico della politica: «Non possono esserci zone franche»; «riportare la presenza costante dello Stato»; «Non sarete soli»; «il territorio sarà bonificato».
Ma se lo Stato ha fallito per un decennio e piu, chi è come ci assicura che non riaccadrà?

Scuole di pomeriggio, biblioteche, centro sportivo sono elementi sacrosanti di rinascita. Ma in un territorio dove c'è stato un tasso d'accoglimento del 72% delle domande di reddito di cittadinanza qual è la priorità è chiaro. È il lavoro, sono i soldi che mancano.

Spiegava qualche anno fa la preside Eugenia Carfora che certi genitori a Caivano mandavano i figli a scuola solo per un motivo: assicurargli almeno un pasto, quello della mensa.

È la fame che rende tutto sporco, speculativo, infame e pericoloso. È grazie alla fame che i clan del Parco Verde si sono assicurati per anni  una cieca obbedienza degli affiliati, roba da invidiare il Gruppo Wagner.

La bonifica dalla malavita è possibile col lavoro a tempo pieno e con il livello minimo di cultura per i ragazzi, ma passeranno generazioni prima che al Parco Verde si potrà camminare senza guardarsi le spalle.

«Non si salva nessuno»: per ora è proprio così. Meloni non può non capire che senza lavoro il Parco Verde è destinato a restare enclave dei clan e ostaggio del male per sempre. Le storie di Fortuna Loffredo e Antonio Giglio e due bambine senza nome, vìolate per sempre, lo confermano.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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