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Elezioni Regionali 2025

Perché Giorgia Meloni non riesce a capire (né a interpretare) la Napoli di oggi

Giorgia Meloni arringa i suoi elettori napoletani ma è incapace di parlare ad una città in profondo cambiamento. Una città che, evidentemente, non conosce.
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Giorgia Meloni al comizio per Edmondo Cirielli (a destra)
Giorgia Meloni al comizio per Edmondo Cirielli (a destra)
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Correva il 1997. Da appena due anni c'era stata la "svolta di Fiuggi", il Movimento Sociale Italiano si era scisso ed era nata Alleanza Nazionale sotto la guida di Gianfranco Fini. Giorgia Meloni era in Azione Giovani, la giovanile della destra e si preparava alla prima poltrona della sua vita: l'anno successivo venne eletta consigliera della Provincia di Roma per AN.

Nel 1997, negli studi Rai di Napoli, la banda eccezionale di Serena Dandini e Corrado Guzzanti dava vita ad uno degli show di satira politica meglio riusciti: "Pippo Chennedy Show". Guzzanti interpretava proprio Pippo Chennedy, stereotipo del presentatore romano che viene a Napoli e spara via etere una accozzaglia di luoghi comuni sulla città che non conosce («'o famoso fiume de Napule...»).

Diciamolo pure chiaramente: la romana Giorgia Meloni non si è mai appassionata granché a Napoli. A differenza del milanese Silvio Berlusconi, sopra le righe in tutto ma capace di solleticarne, tutto sommato, l'ego e alimentare dei, Meloni nel suo comizio elettorale fatto di promesse (come tutti i comizi) per le Regionali in Campania non è stata in grado di leggere la Napoli di oggi. E nemmeno di studiarla un po'.

«Uno vorrebbe dire ‘la commedia napoletana', ma la commedia napoletana è una cosa molto più nobile di quello che stiamo vedendo qui…» dice Meloni parlando di Roberto Fico e Vincenzo De Luca. Forse voleva dire «la sceneggiata napoletana»; la commedia è quella «all'italiana» ed è un'altra cosa, un altro genere.

E ancora, la tirata con una specie di Pantheon che sembra preso pari pari da una risposta di ChatGPT alla domanda «mi dici le cose e le persone belle di Napoli e della Campania?». E quindi la premier cita nell'ordine: Benedetto Croce, Giordano Bruno, Totò, Caruso, Sofia Loren e Pino Daniele.

E perché non Giovan Battista Vico? Paura del concetto dei corsi e ricorsi storici? Perché non  Eleonora Pimentel Fonseca? Problemi col concetto di repubblica? E ancora: Gaetano Filangieri, giurista illuminista, letto in America prima che a casa sua; Matilde Serao, fondatrice del Mattino, penna enorme e coraggio ancora più grande. Eduardo De Filippo poi, forse troppo di sinistra?

Meloni dice: «Questa terra non è un problema da risolvere, semmai una civiltà millenaria da celebrare» non rendendosi conto che proprio in questa fase storica, diciamo negli ultimi 6-7 anni. Napoli col suo incremento turistico, col mondo che affolla strade e piazze di una città riscoperta nel suo splendore (che tra alti e bassi e contraddizioni dura da 2500 anni circa) è assolutamente convinta che i problemi non siano i napoletani ma tutti gli altri. Un po' peccando d'ego, un po' con un giusto orgoglio che da decenni non si vedeva all'ombra del Vesuvio. Ma tutto questo Giorgia – evidentemente – non lo sa.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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